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Il Tribunale di Milano ieri ha assolto con formula piena Silvio Berlusconi nel processo Ruby ter, ultimo troncone di una vicenda giudiziaria che durava ormai da 11 anni e dalla quale il Cavaliere esce completamente pulito. Già le inchieste di Siena e Roma avevano demolito in parte l’impianto accusatorio mandando assolti gli imputati e con questa assoluzione si può dunque dire che Berlusconi è risultato innocente al di là di ogni ragionevole dubbio.

Ruby ter: la vicenda processuale

In particolare, il Ruby ter vedeva imputato Silvio Berlusconi e altre 28 persone per corruzione in atti giudiziari, poiché la Procura milanese ipotizzava l’esistenza di un patto corruttivo che legava il Cavaliere e le giovani olgettine indotte a testimonianze favorevoli mediante promessa e dazione di denaro e beni.

Imputata eccellente anche Karima El Marough (Ruby) la quale “falsamente negava di aver avuto rapporti sessuali con Berlusconi e che avrebbe accettato la promessa di ingenti somme di danaro per passare per mazza e mentire nel Ruby Uno e nel Ruby Bis”.

Tuttavia, l’ “errore” della Procura è stato quello di aver sentito le presunte destinatarie del pactum sceleris come indagate ma senza le garanzie previste per legge e non come testimoni. Una forzatura che ha reso inutilizzabili gran parte delle dichiarazioni rese.

Per i malevoli si tratta di un cavillo da Azzeccagarbugli e questo la dice lunga su come l’opinione pubblica sia del tutto incline a un emozionalismo giudiziario che non lascia spazio a un ragionamento razionale. Infatti, le garanzie previste per gli indagati – essere auditi con l’assistenza del difensore, potersi avvalere della facoltà di non rispondere, non essere vincolati all’obbligo di verità – sono conquiste giuridiche che hanno reso il nostro sistema conforme a uno stato liberale di diritto e non uno stato di polizia. Ma evidentemente parte dell’opinione pubblica, sedotta dal giustizialismo, non si trova molto a suo agio con tali capisaldi giuridici e li relega appunto a meri cavilli.

Errore della Procura o strumentalizzazione dell’inchiesta?

Iscrivere nel registro degli indagati dunque, le 28 ragazze implicava delle precise condizioni la cui violazione ha determinato l’inutilizzabilità, come detto, delle dichiarazioni rese. Venuta meno dunque l’ipotesi di falsa testimonianza, non poteva non venir meno anche l’ipotesi di reato di corruzione in atti giudiziari ad essa finalizzata.

Si tratta di un errore della procura ? Non è dato sapere; certo è che l’impressione per la quale l’inchiesta fosse il tentativo di utilizzare le vicende note come “bunga bunga” come una clava per liberarsi di un personaggio politico scomodo esiste ed è forte.

D’altra parte, indipendentemente dalla visione che ciascuno di noi può avere sulla persona di Berlusconi, non va dimenticato che la differenza tra peccato e reato è un baluardo del diritto moderno da secoli ormai. E qualsiasi sia il giudizio politico o morale sull’ex premier, non è certo con lo strumento penale che si conduce una lotta politica.

Le prime dichiarazioni dell’interessato sono ovviamente di gioia. «Sono stato finalmente assolto dopo più di undici anni di sofferenze, di fango e di danni politici incalcolabili, perché ho avuto la fortuna di essere giudicato da magistrati che hanno saputo mantenersi indipendenti, imparziali e corretti di fronte alle accuse infondate che mi erano state rivolte», Queste le prime dichiarazioni dell’ex premier mediante i social, visibilmente sollevato dalla sentenza.

Due punti di riflessione:

Due i punti di riflessione che, tuttavia, l’intera vicende solleva. Il primo punto è l’eccessiva durata del processo – non imputabile in toto all’imputato – e che costituisce un vuluns per il nostro sistema democratico anche e soprattutto quando l’imputato non è eccellente. Come è possibile tenere un cittadino sotto la spada di Damocle della giustizia penale per ben 11 anni?

Occorrerà dunque una riflessione che conduca a delle riforme incisive a tutela del cittadino che si trovi suo malgrado coinvolto nella macchina-giustizia (sia da imputato che da vittima. Le riforme che sono nel pogramma di governo dovrebbero mitigare questi esiti grotteschi, ma legittimo chiedersi se saranno sufficienti.

Il secondo punto è politico e consiste nella mai sopita tensione tra politica e magistratura, di cui Berlusconi è simbolo vivente da più di un ventennio. Non è un caso che Forza Italia abbia rilanciato immediatamente la costituzione di una Commissione di inchiesta sull’uso politicizzato della giustizia.

Non sappiamo che fine farà questa proposta, ma certamente il dato politico esiste. Berlusconi, tenuto sotto scacco per ben 11 anni, è risultato innocente con ampia formula assolutoria. Chi lo ripagherà per i danni? Chi pagherà per aver trascinato una vicenda grottesca per così tanto tempo? Perché in Italia il potere politico è sistematicamente sotto processo da uno strapotere del PM?

Insomma, vera la riflessione sul malaffare diffuso, ma vera anche una certa disinvoltura della magistratura che nel corso degli ultimi 30 anni ha inteso sostituirsi alla politica nel ruolo di educatore morale a suon di inchieste spesso rivelatesi bolle di sapone per le quali nessuno paga mai.

Un sistema completamente squilibrato che da Mani Pulite in poi ha offerto una immagine distorta della giustizia in Italia al punto da manipolare ormai in modo irreversibile l’opinione pubblica condotta per le strade di un giustizialismo a tratti imbarazzante.

Il virus giustizialista e come uscirne

Invero, le reazioni della sinistra – più dell’elettorato che della classe dirigente – dimostrano ampiamente i danni fatti da questo virus giustizialista.

Infatti, ogni volta che interviene una sentenza di assoluzione taluni gridano allo scandalo mentre quando vi sono condanne, gli gioiscono nel tripudio di sangue e vendetta con il quale ormai identificano la giustizia e il sistema penale.

Purtroppo è un segno dei tempi e, nel caso di specie, la notorietà di Silvio Berlusconi e il fatto che sia stato obiettivamente divisivo spaccando, suo malgrado, il Paese in sostenitori e in avversari irriducibili ha contribuito a farne un’icona.

Per certi aspetti quindi una polarizzazione anche in questo caso prevedibile che tuttavia non può nascondere l’uso disinvolto delle inchieste giudiziarie a fini politici.

Tema che dovrà essere affrontato una volta per tutte da questo Governo non con intenzioni vendicative ma senza dubbio con il fermo proposito di por fine a uno squilibrio che genera abusi e che non rende un buon servizio alla giustizia.

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