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Ha origini “variegate”, con tante influenze che si trasmettono anche ai suoi piatti, che spesso sono un mondo di sapori e profumi deliziosi e colori esplosivi, e quindi una gioia per gli occhi e deliziosi per il palato. È la cifra stilistica di Yotam Ottolenghi, lo chef incredibilmente popolare attivo in Gran Bretagna, noto sia per la sua cucina che per le sue capacità di scrittura (una rubrica fissa su The Guardian e una decina di libri di cucina bestseller).

Nato a Gerusalemme nel dicembre del 1968, Yotam Assaf Ottolenghi è uno chef, ristoratore e scrittore food attivo in Gran Bretagna e in particolare a Londra, dove si è trasferito alla fine degli anni Novanta.

Figlio di Michael, professore di chimica all’Università Ebraica, e Ruth, preside di una scuola superiore, appartiene a una famiglia dal background cosmopolita: la madre ha origini tedesche e svedesi, mentre il padre ha origini italiane, e lo stesso chef durante l’infanzia ha trascorso spesso le vacanze estive nel nostro Paese.

Ed è facile intravedere questa varietà all’interno dei suoi piatti e delle sue ricette, che spesso uniscono e sovrappongono colori e sapori per raggiungere il massimo impatto, come riconosciuto dal successo che ha raggiunto e dai tanti riconoscimenti guadagnati nel corso di una più che ventennale carriera.

La carriera

E dire che la strada di Yotam Ottolenghi sembrava andare in tutt’altra direzione rispetto al mondo della cucina, della pasticceria e della panificazione: inizialmente, infatti, Ottolenghi aveva seguito un po’ la tradizione di famiglia, conseguendo un master in filosofia e letteratura e collaborando con un quotidiano israeliano. Nel 1997 si trasferisce ad Amsterdam, dove inizia a familiarizzare con la cucina continentale europea, e subito dopo sceglie di stanziarsi a Londra, per studiare lo stile di pasticceria francese presso Le Cordon Bleu. È il momento della svolta, perché da lì in avanti si dedicherà completamente al mondo food, lavorando in vari locali della capitale inglese (è stato pastry chef in tre ristoranti londinesi) e passando poi a gestire il pastry shop artigianale Baker and Spice, dove incontra lo chef palestinese Sami Tamimi con cui avvia una proficua collaborazione.

È proprio con Tamimi che, nel 2002, lo chef apre la gastronomia Ottolenghi Delicatessen nel quartiere londinese di Notting Hill, conquistando rapidamente una posizione di culto grazie ai suoi piatti fantasiosi, caratterizzati dalla presenza di verdure, combinazioni di sapori inusuali e abbondanza di ingredienti mediorientali come acqua di rose , za’atar e melassa di melograno. Alla prima delicatessen hanno fatto poi seguito altre tre gastronomie a marchio Ottolenghi a Londra (quartieri di Islington, Marylebone e Chelsea), e ancora un ristorante a Spitalfields, una brasserie chiamata NOPI a Soho e un ristorante vegetariano chiamato ROVI aperto a Fitzrovia nel giugno 2018

Parallelamente a questa attività di ristorazione, dal 2006 Ottolenghi è autore di una rubrica settimanale di cibi e ricette sul Guardian  intitolata “The New Vegetarian” (pur non essendo lui vegetariano), mentre risale al 2008 il suo primo libro di cucina, chiamato “Ottolenghi: The Cookbook”. Dopo questo fortunato esordio, ad oggi Ottolenghi ha pubblicato ben altri 8 volumi di cucina, tra quelli dedicati alla cucina a tema vegetale (“Plenty”, 2010; “Plenty More”, 2014; “Ottolenghi Flavour”, 2020), quelli che uniscono anche memorie personali (“Jerusalem: A Cookbook”, 2012; NOPI, 2015), quelli dedicati alla pasticceria (“Sweet: Desserts from London’s Ottolenghi”, 2017; “Ottolenghi Simple”, 2018) e, infine, i due volumi della serie Ottolenghi Test Kitchen (OTK) scritti in collaborazione con Noor Murad (“OTK: Shelf Love”, 2021 e “OTK: Extra Good Things”, 2022). Ovviamente è apparso anche in show televisivi, e in particolare ha condotto tre speciali televisivi ed è stato giudice ospite in varie edizioni di Masterchef Australia.

Il successo editoriale – anche il New York Times ha parlato dello chef e delle sue abilità comunicative, oltre che di quelle pratiche in cucina – è confermato anche dai tantissimi riconoscimenti ricevuti, come ad esempio il premio James Beard (due volte, nel 2013 e nel 2016), il “Best Cookbook Award” di Observer Food Monthly, l’International Association of Culinary Professionals Awards e lo Specsavers National Book Awards. Nel 2014, il London Evening Standard ha commentato che Ottolenghi aveva “riscritto radicalmente il modo in cui i londinesi cucinano e mangiano”, mentre per Bon Appétit lo chef “ha fatto amare le verdure al mondo”.

Lo stile di cucina

Cibo solare, di grandi sapori, di grandi colori e gesti generosi: è così che Yotam Ottolenghi definisce il suo stile, che raggiunge lo scopo se crea “drama in the mouth” (un’espressione che in italiano potremmo rendere con “fa scoppiare i fuochi di artificio al palato”). Dietro questa metafora c’è l’invito a essere sensibili e attenti a ciò che si sta mangiando e goderselo davvero, immergendosi a pieno in questa esperienza.

Come detto, le radici dello chef si fanno sentire con intensità nelle sue ricette: cresciuto a Gerusalemme, nel cuore del Medio Oriente, ha accresciuto la sua sensibilità attorno ai cibi del mercato, al cibo arabo e ad alcuni dei cibi ebraici presenti in una città che offre un grande mix culturale.

I piatti di Ottolenghi (soprattutto quelli descritti dalla rubrica sul Guardian) raramente rientrano nelle tradizionali categorie dietetiche o alla visione negativa dell’alimentazione vegetariana (intesa come privazione ed eliminazione delle proteine animali). È lui stesso a raccontare che la sua missione è “celebrare verdure o legumi senza farli assomigliare alla carne, o come complementi alla carne, ma per quello che sono”, dimostrando che le verdure sono un ottimo secondo.

Si tratta di piatti che non richiedono grandi abilità preparatorie, basati sulla capacità di mescolare gli ingredienti (lo chef utilizza tantissimi ingredienti e ha “sdoganato” l’utilizzo di materie prime che in precedenza erano a dir poco sconosciute nella ristorazione occidentale, come il sommaco, l’aglio nero o la zaatar) e sul tentativo di abbinare la bellezza alla bontà, con tanta cura anche dell’allestimento.

Cinque ricette famose di Yotam Ottolenghi

Per entrare in contatto con alcune delle preparazioni più iconiche di questo chef, capace di vendere milioni di copie dei suoi libri e di ottenere un seguito nutrito anche sui social come TikTok, abbiamo scelto una serie di ricette famose apparse nella sua rubrica.

Uno dei piatti più apprezzati di Ottolenghi è l’insalata di zucca butternut con melanzane arrostite, salsa allo yogurt, broccoli grigliati con peperoncino e aglio fritto e fagiolini freschi, mentre un esempio di “contaminazione” è l’indivia caramellata, ricoperta di pangrattato, parmigiano, timo e panna, arrostita con una guarnizione di prosciutto serrano.

Invitanti sono anche la baba ganoush di zucchine, una preparazione popolare nel Mediterraneo (una sorta di hummus con melanzane al posto dei ceci, che Ottolenghi rielabora ulteriormente usando appunto le zucchine), il croque madame in versione obscene croque (con l’aggiunta di una crema di porri fatta in casa), la torta salata di zucca e fonduta (con sette fogli di pasta filo a creare una base croccante e friabile, contrappuntata da un ripieno di raclette) e la rielaborazione della parmigiana, con tre strati di melanzane, salsa di pomodoro fatta in casa e mozzarella, definita una sorta di “elegante lasagna vegetariana”.