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Sbuffa, mostra la sua impazienza come un cavallo nell’anticamera della corsa. Le prime fasi dell’eruzione sono cenni tentennanti, avvertimenti intermittenti a saluto del mondo. L’Etna si risveglia, e lo fa da prima donna, annunciandosi con grande stile e attirando a sé gli occhi di tutti. Nessuno rimane impassibile difronte al suo sbadiglio, neppure il più piccolo esserino penetrante la terra nera delle pendici. Brontola, poi alza la voce. È la volta della cenere, che mescolandosi ai gas fa sapere di quale umore sarà questa volta ‘A Muntagna. I lampi di lava arrivano dopo, alla fine del preludio, e si trasformano in cascate di magma che scivolano dai 3000 metri verso il basso, dirigendosi chissà dove e fermandosi chissà quando. Dapprima uno scroscio, poi uno scricchiolio. Il flusso di lava si raffredda lentamente, fa in tempo ad acciuffare piante, vigne, case e tutto ciò che abita le pareti del vulcano, accettando tacitamente le sue condizioni. Per vivere sull’Etna, bisogna essere pronti a rinunciare.

Una serie di ossimori agita la vita dell’Etna. Prima distrugge senza scrupoli, poi regala una vita potenziata. La terra su cui corre è bruciata dal magma, ma diventa il suolo più fertile che ci sia. Il cielo può oscurarsi di cenere, ma se limpido rivela all’occhio i colori come fosse la prima volta. La terra è nera e leggera, la neve che lo ricopre per buona parte dell’anno è bianca e tenace. La terra è nera anche nei boschi, i tronchi delle betulle sono bianchissimi; la terra è nera, ma le foglie cadute a terra si tingono di arancione mentre quelle che nascono in primavera sono così verdi da squarciare il velo azzurro del cielo come una lama. La terra è nera, il vulcano più alto d’Europa si è preso la sua Montagna: tutto qui compone la vita dell’Etna, persino le persone che abitano le sue sponde. Ma nessuno, neppure chi ha visto la propria casa seppellita dalla cenere e la propria terra divorata dalla lava, ha intenzione di andarsene. Un fenomeno inspiegabile, che si spiega solo con uno strano magnetismo. Un magnetismo che si avverte davvero, un’energia che si respira, in qualunque condizione l’Etna sia, persino sotto il diluvio torrenziale o avvolto nella nebbia, dentro un silenzio che amplifica l’attesa anziché sopirla.

Ai più potrà sembrare una follia, acquistare la terra, piantarci la vigna, trarne del vino, ristrutturare un palmento, crearci una struttura ricettiva. Perché? Perché farlo? Perché lanciare il cuore dove può prendere fuoco facilmente? Perché per qualcuno, ardere, è proprio l’unico modo di vivere. C’è ancora chi vive di intese, chi sente l’energia correre rapida come un equilibrista sul sottile strato della pelle.

Era il 2007, quando Tasca d’Almerita – non una semplice azienda vitivinicola, ma un pezzo di storia siciliana ancora vivente – decide di investire sull’Etna, su quel Vulcano che fu magnetico anche per loro. I primi vigneti vennero acquistati nelle Contrade Sciaranuova e Pianodario, a cui seguirono gli appezzamenti in Contrada Rampante.

Da sinistra: Alberto, Lucio e Giuseppe Tasca

Siamo nel versante nord dell’Etna, quello più brusco, quello più ruvido. Ostile certe volte, imbronciato nelle piogge, caparbio nel freddo, ma così spontaneo da innamorarsene perdutamente ai primi passi. Inizialmente la famiglia Tasca trovò qui un paio di ruderi e una serie di gradoni vitati, piccoli terrazzamenti sostenuti da muretti a secco in pietra lavica, tenuti insieme da una matematica non scritta, dettata dalle mani dei contadini di un tempo.

Alla Tenuta sull’Etna venne dato il nome Tascante, unione dei nomi Tasca ed Etna scritto al contrario, a sugellare un’unione più che una proprietà. Nel corso degli anni si è visto il recupero di alcuni vigneti, l’impianto di altri, la ristrutturazione di un palmento, la differenziazione produttiva tra un Nerello Mascalese da vigne giovani e uno da vigne più vecchie, per poi giungere a oggi, al 2022. Non c’è niente, in fondo, che qui sull’Etna rimanga immobile: tutto è energico, tutto corre, tutto cambia, tutto ha una certa “fame di vivere”.

La Tenuta Tascante oggi si racconta in tre contrade – Pianodario, Sciaranuova e Rampante – vinificate singolarmente, purezza del vitigno etneo per eccellenza, l’intrigante, ruvido ed elegantissimo Nerello Mascalese. La Contrada Sciaranuova presenta un’ulteriore variante al tema, ossia quella del tempo, regalando ai Tasca la possibilità di vinificare un Nerello Mascalese da vigne vecchie, piante con 61 anni d’età fieramente portati. A completare la gamma di Tascante, un blend di Nerello Mascalese proveniente da tutte e tre le contrade, un bianco di stampo e indole etnea e infine uno Chardonnay, eredità lasciata dai vignaioli precedenti e custodita ancora oggi con rispetto.

La Tenuta Tascante, tuttavia, non è solo vino. Le porte di casa Tasca si aprono non più solo a Regaleali – la principale delle cinque tenute di Tasca d’Almerita – ma anche qui, a Tascante, in Contrada Pianodario, abbracciati dal sorriso di Giulio Bruni, responsabile di tenuta, e Giulio D’Amore, hospitality manager. Il palmento recentemente ristrutturato è diventato una meravigliosa sala degustazione, dove poter accogliere gli ospiti facendo assaporare i doni dell’Etna, non solo per ciò che riguarda i vini energici delle sue pendici ma anche alcuni prodotti gastronomici d’eccezione come i salumi della zona – basti pensare ai vicini Nebrodi e a salumerie celebri come Pennisi – o le produzioni casearie.

E per chi volesse addentrarsi in un vero e proprio viaggio del gusto, sarà possibile prenotare un pranzo o una cena qui, guidati dalla cucina della Signora Nunzia, detentrice dei migliori segreti della tradizione gastronomica etnea. Un’ospitalità che si svolge in perfetto stile Tasca, insomma, dove non viene esercitato il lusso ma il calore siciliano, l’accoglienza come a casa, la possibilità di essere realmente parte di una terra, intesa come insieme alchimistico di tradizioni, usanze, tipicità e prodotti. Poche cose, come lo “stile Tasca”, sanno consegnare un frammento di vita siciliana. C’è poco da stupirsi, in fondo, perché la famiglia Tasca ha contribuito a tesserla, la Sicilia. Sembrano appartenersi vicendevolmente in un vincolo non casuale e capace di coinvolgere. Un marchio a fuoco, che per loro diventa origine e per tutti gli altri diventa ricordo, quel mal di Sicilia che mai ci si potrà strappare di dosso.

 

DEGUSTAZIONE

 

CARRICANTE BUONORA 2021

Il bianco di casa, il volto delicato ma incisivo del vulcano. Il Carricante è un vino di palato, che gioca sulle finezze sapide e fresche di un sorso lineare, teso, sottile. Mostra una certa discrezione, una sorta di irrisolvibile timidezza al naso che trova contrasto in un’incisività di durezze in bocca. Ed è proprio in queste che si mostra la potenza dell’Etna.

 

GHIAIA NERA 2019

Il Ghiaia Nera è il sunto del Nerello Mascalese firmato Tasca d’Almerita. Proviene da uve raccolte in tutte tre le Contrade e si caratterizza per una grande piacevolezza di beva, scandita dalla freschezza e dalla delicatissima impressione tannica.

 

CONTRADA PIANODARIO 2019

Anteprima nella sua annata 2019. Floreale, elegante, finemente agrumato e con accenni speziati, leggiadro al naso così come al sorso. La bocca è meravigliosamente rude, come un Nerello Mascalese schietto deve essere, denso della sua complessità, fiero della sua tempra, deciso nei suoi tratti marcati e pieno di fascino con quelle sue movenze seduttive, tracciate nel tannino presente ma omogeneo, distinto.

 

CONTRADA SCIARANUOVA V.V. 2017

Qui appare tutta la consapevolezza della vigna vecchia. In 61 anni, le viti della Contrada Sciaranuova hanno imparato a far fronte a tutto, adeguandosi all’energia etnea. La loro robustezza si traduce in una capacità produttiva costante, ormai diventata familiare alla montagna. Sono ormai un tutt’uno, sono una potenza come lei. Naso e bocca sono più spessi che nei vini precedenti. Il profumo più terroso, più scuro, più intrigante; il sorso è fresco, impreziosito dal tannino levigato. Equilibrato, elegantissimo.

 

tascadalmerita.it

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