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«Il Ponte si farà» ha scandito Salvini nei giorni scorsi. Il Ponte è quello sullo Stretto per unire Silia e Calabria. Sicilia e resto del mondo. Salvini, quando avvia la campagna, è ministro delle Infrastrutture da pochi minuti. Non dà una notizia: avvia un progetto politico. «Il Ponte si farà» è un grido di guerra. Il leader della Lega vuol dire non soltanto che il Ponte, con lui al ministero, si farà. Ma, soprattutto, vuol dire che quelli prima di lui che si sono cimentati col problema, il Ponte l’hanno promesso ma non l’hanno fatto.

Si tenga poi conto che, a partire dai presidenti del Consiglio dell’ultimo mezzo secolo, il Ponte lo avevano promesso tutti. Unica eccezione Romano Prodi, che però il Ponte, interrogato da un giornalista, l’aveva previsto «al più presto» già da presidente dell’Iri. Insomma, la promessa del Ponte è forse l’unico elemento che ha accomunato l’intero ceto politico italiano nell’ultimo lungo periodo storico. Berlusconi, si dice, posò la prima pietra della costruzione e per non scontentare nessuno la gettò esattamente nel mezzo dello Stretto per prendere insieme consensi in Sicilia e in Calabria. Certo, se il Capitano leghista riuscisse a unire veramente le due sponde oscurerebbe perfino l’exploit della Meloni prima donna a capo del governo italiano diventando lui una star mondiale della politica e del fare.

Ovviamente, in Calabria e Sicilia, con la sola eccezione dei vecchi che il Ponte hanno iniziato a sognarlo da bambini, e quanti sul Ponte, che si dovrebbe fare ma non si fa, ci campano da decenni, e talvolta bene, non ci crede nessuno.

L’unico che provò a riunire veramente le due sponde, oltre duemila anni fa, fu Cecilio Metello. Il console romano, dopo aver battuto i Cartaginesi, si ritrovò in Sicilia con diverse parate di elefanti ma non sapeva come portarsele a Roma. Secondo una leggenda, alla fine, fece legare una botte via l’altra fino a unire le due sponde e le fece poi ricoprire con grandi zattere quadrate. Un lavoro faticoso fin quando una tempesta improvvisa mandò tutto, parate di elefanti comprese, al fondo.

Di questa impossibilità Salvini è stato informato da Sgarbi che, con la sottile e fredda cattiveria degli intellettuali, essendo ora sottosegretario alla Cultura, s’è ritenuto in dovere di assicurare dallo schermo di Timeline di Sky che «il ponte sullo Stretto di Messina non si farà». «È una specie di miraggio e di visione – ha argomentato – che sembra essere positiva e poi non lo è rispetto all’ambiente, rispetto all’isola, rispetto al fatto che è un’area di terremoto terribile quale fu quello del 1908 di Messina e che è difficile immaginare che possa non tornare (scongiuri e altro diffusi, ndr). Quindi quella direi che è una visione di Salvini», ha concluso da mattatore par suo.

Come non bastasse Sgarbi a bastonare Salvini ci ha ( involontariamente?) pensato anche la Protezione Civile, che dipende dal ministero dell’Interno, in passato gestito dal Capitano leghista.

Nelle stesse ore degli annunci salviniani, infatti, è stata promossa un’esercitazione nazionale sui territori di Reggio e Messina, definita «Sisma dello Stretto 2022». È stato simulato un terremoto di sesto grado «verosimilmente capace di innescare effetti ambientali a terra, come frane, liquefazioni, e fenomeni di maremoto», oltre che crolli di abitazioni. L’esercitazione, che ha interessato numerose località costiere ed ha raggiunto i telefonini di oltre mezzo milione degli abitanti delle due coste, è stata molto partecipata. Impressionante uno dei grafici che hanno accompagnato l’operazione che mostra la frattura del terremoto, nel punto più stretto dello Stretto: coincide con la linea su cui dovrebbe sorgere e passare il Ponte.

È questo il retroscena che ha preceduto la riunione, convocata per ieri mattina da Salvini nella sede di Porta Pia per un confronto coi presidenti delle Regioni Calabria e Sicilia sul Ponte. I due, Occhiuto e Schifani, entrambi con lunghe esperienze politiche alle spalle di quelle che insegnano come trattare in questi casi, in precedenza avevano già detto a Salvini Ponte ok, ma si erano subito preoccupati di aggiungere l’elenco e mettere in evidenza, Ponte a parte, le emergenze che debbono essere affrontate nei territori che governano. Sono soprattutto le strade a mancare o a essere sgangherate nelle due regioni.

Dalla 106 calabrese, meglio nota come la “strada della morte”, trapuntata negli ultimi venti anni da parecchie centinaia di morti, alle grandi strade siciliane non percorribili. Occhiuto e Schifani si sono naturalmente detti d’accordo sulla costruzione del Ponte. E son d’accordo a riprender il progetto che c’è senza star lì a perdere altro tempo. È del 2003, quasi venti anni fa. Ma non ci fa niente. Però in cambio hanno chiesto che si sblocchino le decine di strade in costruzione o rifacimento commissariate in giro per Calabria e Sicilia. Il Sole24ore, in un tempestivo servizio online di ieri, ha riassunto: «Si è affrontata la questione delle infrastrutture nel Mezzogiorno». Il servizio spiega che la riunione ha scelto per il Ponte il vecchio progetto messo da parte. E aggiunge: «Ora andrà resuscitato ma non è chiaro come». Appunto.