La pizza piace davvero a tutti: secondo alcune statistiche, in Italia ne mangiamo in media circa 8 chili a testa ogni anno, una quantità pari a circa 3 miliardi di pizza all’anno, ma non siamo i più golosi di questo alimento! La classifica dei mangioni di pizza è vinta infatti dagli statunitensi, che in media consumano 13 chili di pizza a testa all’anno, per una media di 350 fette al secondo, anche se in realtà parliamo di due prodotti piuttosto differenti: negli Stati Uniti, infatti, viene prediletta la pizza americana, che si distingue dalla classica italiana e napoletana per una serie di caratteristiche.
Che cos’è la pizza americana
Tutto nasce dalla pizza italiana, e per la precisione dalla pizza napoletana che tutti conosciamo e amiamo: furono infatti gli immigrati campani, e partenopei in particolare, a importare questo alimento anche negli Stati Uniti agli inizi del Novecento, diffondendolo nelle aree in cui si concentravano maggiormente, come la zona di New York (porto di approdo dei bastimenti dall’Italia) e la fascia settentrionale del Paese dove si trovavano le città a più elevato sviluppo industriale, dove gli italiani appena sbarcati potevano trovare impiego come operai.
Non è quindi un caso che la prima pizzeria negli Usa apra a New York City nel 1905: si chiama Lombardi’s e nonostante varie vicissitudini e cambi di proprietà, è ancora aperta nell’area originale, al 32 Spring Street angolo Mott Street nel quartiere Nolita a Manhattan.
Nel tempo, però, la pizza americana prende le distanze dalla “progenitrice” napoletana, soprattutto per quanto riguarda spessore e forme dell’impasto, oltre che metodo di cottura (forno a gas o elettrico contro forno a legna tradizionale); inoltre, lo stile tradizionale americano prevede l’aggiunta di vari tipi di condimenti, in modi che per noi italiani potrebbero apparire bizzarri o immangiabili.
La storia della pizza americana
Sono tre i momenti centrali dell’evoluzione della pizza americana da quella delle origini – molto più simile alla pizza napoletana, al netto delle differenze in materie prime e produzione – alla versione attuale, che poi a sua volta si distingue in tante varianti o stili “nati” in particolari città, come vedremo.
Abbiamo detto che la pizza negli Stati Uniti nasce essenzialmente a New York alla fine del XIX secolo, importata e preparata dagli immigrati italiani: fino agli anni ’30, questo alimento resta però “confinato” a comfort food per nostalgici, un ricordo di quella della madre patria preparato con il procedimento tradizionale (e quindi con impasto fine, basso, rigorosamente fatta a mano e cotta in forno a legna).
Dopo il 1933 – anno che segna la fine del proibizionismo e quindi riammette la possibilità di vendere alcolici per i locali pubblici – la pizza diventa improvvisamente un alimento cruciale per il business, perché si cuoce velocemente, è gustosa e si accompagna benissimo al rinnovato consumo di alcool: è in questa fase che negli Stati Uniti aprono tante pizzerie, solitamente chiamate Tavern perché mantengono come cuore dell’attività il servizio di alcolici.
Il trionfo definitivo di questo prodotto arriva con il rientro in patria dopo la seconda guerra mondiale dei veterani, che avevano avuto modo di conoscere e apprezzare la vera cucina italiana, e in particolare proprio la pizza come principale ed economica forma di sostentamento. Tra di loro c’è anche Ira Nevin, che modifica uno dei forni prodotti dal padre nel Bronx e dà vita alla Baker Pride, prima azienda al mondo a realizzare forni per pizza a gas.
Questa innovazione determina anche una “rivoluzione” del metodo di preparazione della pizza, che si adatta alle prestazioni di cottura del forno a gas (più lente rispetto alla combustione della legna): l’impasto diventa più alto, spesso cotto in teglia, e soprattutto più facile da gestire. Un’altra conseguenza è lo sviluppo delle attività attraverso catene commerciali, con l’industrializzazione del processo: nel giro di tre anni, nascono i primi colossi del settore, ovvero Pizza Hut (1958), Little Caesar’s (1959) e Domino’s (1960), che sono attivi ancora oggi anche nel resto del mondo.
Le principali differenze tra pizza americana e pizza napoletana
Ma, in concreto, quali sono le caratteristiche della pizza americana e quanto è diversa da quella a cui siamo abituati noi italiani?
Partiamo dall’impasto: nella pizza napoletana c’è un procedimento rigoroso per la preparazione della pasta della pizza, che richiede ingredienti di qualità e tempi lenti di lievitazione, con utilizzo prevalente di farina 00 (anche se ultimamente si stanno diffondendo anche farine di tipo e forza differenti); nella pizza americana, invece, gli impasti possono essere di vario tipo e si utilizza qualsiasi tipo di farina, rendendo la struttura dell’alimento più leggera.
Altra grande differenza riguarda la salsa di condimento: nella classica pizza italiana privilegiamo sugo di pomodori freschi passati, mentre negli USA è comune salsa di pomodoro già cotta lentamente, a cui solitamente si aggiunge anche carne di vario tipo.
Notevoli differenze anche sui topping: agli americani piace mescolare e abbinare diversi formaggi e condimenti, e le varietà disponibili sono sicuramente maggiori rispetto ai menu delle pizzerie tradizionali italiane. Solo per fare qualche esempio, tra i possibili ingredienti per le pizze americane abbiamo olive verdi o nere, acciughe, manzo, pollo, ananas, pomodorini e ovviamente salame piccante, il classico pepperoni che solitamente viene mal tradotto e mal interpretato dai nostri connazionali (che pensano all’ortaggio). A proposito di topping, poi, la classica pizza americana gronda di formaggio, solitamente grattugiato o a striscioline, che si fonde con la salsa di condimento creando un mix goloso e calorico!
Tutti gli stili della pizza americana
Fin qui abbiamo descritto però le caratteristiche della pizza in stile newyorkese, la New York-style pizza che è la variante più famosa e diffusa negli Stati Uniti, dove però ci sono tanti altri stili che prendono il nome dalla località di origine e si distinguono per preparazione o condimenti.
Nello specifico, la New York-style pizza presenta una struttura sottile tipicamente grande, fatta lavorando l’impasto con le mani e lanciandolo in aria (hand-tossed); la crosta è spessa e croccante solo lungo il bordo, ma abbastanza morbida, sottile e flessibile nella parte centrale che sta sotto i condimenti, e ciò permette di mangiare la fetta ripiegandola a metà, tenendola con una mano sola senza l’uso di posate. I condimenti tradizionali sono semplicemente salsa di pomodoro e abbondante mozzarella secca grattugiata, e ulteriori eventuali ingredienti vengono posti sopra il formaggio (mentre nella pizza italiana la mozzarella è solitamente l’ultimo ingrediente posto in cima). Queste pizze, che derivano direttamente da quelle di inizio Novecento e quindi hanno discendenza diretta con quelle napoletane, hanno in genere un diametro compreso tra 45 e 60 cm e sono comunemente tagliate in otto fette fette larghe; sono la variante più consumata negli stati dell’area metropolitana di New York di New York e New Jersey e comunque diffusa e popolare in tutti gli Stati Uniti.
Una declinazione della pizza newyorkese è la jumbo slice, che in pratica è una fetta enorme di pizza venduta al trancio da asporto (la cui paternità è dibattuta tra Washington e New York), condita generalmente con formaggio filante e pepperoni: la pizza da cui sono ricavate le slices può arrivare a 90 centimetri di diametro e la singola fetta può essere lunga anche 30 centimetri!
Ben altra cosa è la Chicago-style pizza, o pizza in stile Chicago, che diventa sempre più popolare e apprezzata negli States: nata nella città dell’Illinois a fine anni Quaranta, è in pratica una “torta di pizza” cotta in una specifica teglia profonda che determina la formazione del caratteristico bordo alto della pizza, che trattiene uno spesso strato di condimenti, come grandi quantità di formaggio e una corposa salsa di pomodoro. Per questo motivo, questo prodotto si chiama anche deep dish pizza (pizza profonda), e si costruisce al contrario: il formaggio va sotto il sugo e altri condimenti, perché la pizza impiega molto tempo a cuocere e così il formaggio non si brucia.
In teglia è preparata anche la Detroit-style pizza, la pizza in stile Detroit che è uno degli alimenti più iconici della città dei motori: anche questa nasce nel dopoguerra e deriva probabilmente dalle preparazioni siciliane, e in particolare dallo sfincione. Si tratta quindi di una pizza rettangolare molto alta, cotta in una teglia rettangolare pesante dai bordi alti – originariamente in acciaio ricavato da componenti di scarto dell’industria automobilistica locale – condita con una salsa a base di pomodoro cotto e formaggio brick del Wisconsin, che viene spalmato anche sui bordi e caramellato contro la teglia, per formare un bordo croccante e merlettato, detto frico.
Spostandoci nel Missouri troviamo la St. Louis-style pizza, la pizza in Stile St. Louis, che si caratterizza per un impasto molto sottile e simile a quello di un cracker, fatto senza lievito, condito generalmente con formaggio Provel e tagliato in pezzi quadrati o rettangolari invece che a spicchi.
Nel New England e in altre regioni del nord-est degli Stati Uniti è diffusa invece la Greek pizza, pizza in stile greco, derivata dalle preparazioni degli immigrati greci che si stabilirono nell’area: la pizza viene lievitata e cotta in una teglia di metallo poco profonda e ha una crosta tipicamente spugnosa, aerea e leggera, condita con salsa di pomodoro e ingredienti tipici greci, come olive kalamata, cuori di carciofi e formaggio feta.
Chiudiamo con uno sguardo a quelle che non sono stili, ma tipologie specifiche di pizza molto diffuse negli Stati Uniti.
La prima l’abbiamo citata varie volte: la Pepperoni Pizza è forse la pizza più famosa degli States, fatta con tanto formaggio grattugiato fuso e fettine del classico salamino piccante locale.
Celeberrima è anche la Hawaiian pizza (nata in realtà in Canada), ovvero la controversa pizza con pancetta o prosciutto e ananas, che fa il paio con le tante varianti di Californian Pizza: nella regione meridionale degli Stati Uniti, infatti, la pizza accoglie condimenti bizzarri e freschi come avocado, pollo, salsa barbecue, fichi e persino patè.
In ultimo, citiamo la Clam pie pizza nata negli anni Cinquanta nel New England, che in pratica è l’adattamento in chiave pizza di un piatto storico dello Stato, la covered pie (nata nel periodo coloniale) fatta con le vongole.