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Nell’antico Monferrato Aleramico pare che le idee, da progettuali, si siano finalizzate con una consapevolezza di chi sa come conquistarsi la fiducia e la scena da parte di addetti al settore di ogni tipo, ristoratori, enotecari, sommelier e critica. È quello che si desume da Monferace en Primeur, la giornata di lavori organizzata il 10 ottobre scorso dai dodici produttori dell’Associazione Monferace (fondata nel 2015). Che per raccontarsi hanno scelto la propria sede, lo storico Castello di Ponzano (AL) presentando le proprie etichette di Monferace (Grignolino invecchiato) che, nonostante tutte seguano delle regole imposte, in termini di vinificazione e affinamento si presentano nel bicchiere con una certa libertà espressiva. Il progetto è sentito, dalla vigna alla cantina l’impegno si è acuito.

LE ATTIVITÀ DI STUDIO DEL MONFERACE

Tenuta Santa Caterina (Photo credits Enzo Isaia)

Per operare nelle migliori condizioni possibili e alimentare la curiosità intorno a un vino rinascimentale, sostanziale e dalle grandi prospettive di invecchiamento, c’è l’importante traguardo raggiunto con la richiesta, e l’ottenimento, dell’inserimento della tipologia Riserva nel disciplinare di produzione del Grignolino Monferrato Casalese. Poi fondamentale è stato lo studio dei cloni di Grignolino presenti nei vigneti: si passa da quello del 1936 (Cascina Faletta) a quello del 1961 (Accornero) e, più recentemente, al campo sperimentale di 45 cloni piantato presso i terreni dell’Azienda Sulin, che derivano da una selezione di piante degli anni novanta. Infine, al geologo-sedimentologo Alfredo Frixa è stato affidato lo studio dei vigneti utilizzando i dati e i campioni di terreno forniti dai 12 produttori coinvolti nel Progetto Monferace. Uno studio che è parte integrante di un progetto denominato “Geologia e vini; Il Mare nei Vigneti”, finanziato dal Consorzio colline del Monferrato Casalese, che ha lo scopo di fornire ai produttori una corretta definizione geologica del substrato dei loro vigneti. I numerosi dati delle sabbie, integrati con le analisi fornite dalle aziende, saranno poi suddivisi nelle varie età geologiche. “In particolare, i vigneti Monferace (dati preliminari) mostrano una grande variabilità di situazioni geologiche legate anche alla composizione delle colline monferrine, fatte da sedimenti marini di età comprese tra i 30 e i 3 milioni di anni fa. Un quadro regionale più completo sarà chiaro il prossimo anno, alla fine del progetto del Consorzio che sta coinvolgendo numerosi produttori e aziende del Monferrato Casalese”.

I terreni del Monferrato Casalese appartengono, infatti, ad almeno dieci diverse età geologiche (Formazioni ) marine caratterizzate da storie e sviluppi diversi; la maggior parte emersero 7,5 milioni di anni fa (Miocene-Messiniano) ed è grazie al sollevamento delle colline monferrine, e la loro erosione, che oggi è possibile lo studio degli strati marini più antichi. Nel Miocene rientrano la Vena del Gesso (7-5 milioni di anni fa), le Marne di Sant’Agata Fossilli (12-7 milioni di anni fa), le Areniti di Tonengo (15-14 milioni di anni fa) e la Pietra da Cantoni (20-15 milioni di anni fa). Argille azzurre e sabbie risalgono invece al Pliocene (dai 3 ai 5 milioni di anni fa).

GLI STILI MONFERACE

Tenuta Santa Caterina (Photo credits Enzo Isaia)

Nella variopinta palette stratificata e complessa in cui nascono in vini presentati dalla Master of Wine di fama internazionale Robin Kick, emergono almeno due direzioni: c’è chi opta per brevi periodi di macerazione sulle bucce (15-20 giorni) come Cascina Faletta, Cinque Quinti, Fratelli Natta, Hic et Nunc, Sulin, Tenuta Tenaglia, e chi sceglie una sosta più lunga, a cavallo tra i 2 e i 3 mesi, come Liedholm, Tenuta Alemat, Tenuta Santa Caterina, Vicara. Il risultato? Materia, viscosità e una piacevolezza immediata per il primo gruppo, mentre struttura e una lunghezza più enfatizzata, che si accompagna a una polpa che resta leggermente nascosta rispetto a uno strato tannico solido, potente e lamellare, per il secondo gruppo. A lato ci sono due vie intermedie, casi eccezionali. Il Golden Arbian Monferace dell’Azienda Angelini, che coni suoi 28 gironi di macerazione si pone giusto a metà strada, con un equilibrio tra tannini, potenza e struttura e buon finale salace, e il Bricco del Bosco Vigne Vecchie dell’Azienda Accornero, che con i suoi 60 gironi di macerazione e 30 mesi di affinamento in rovere francese (allier) e tonneau da 500 litri (100% nuovi) ci restituisce un sorso elegantissimo, il gusto si prolunga con sensazioni balsamiche e un alone fungino nel finale.

Da quasi due ettari di vigneto l’azienda sforna 3861 bottiglie, Accornero traccia il suo confine in termine di tempo sulle bucce ponendosi oggi, per noi, come migliore modello di stile del Monferace, subito seguito dalla versione di Tenuta Santa Caterina, ancora bisognoso di affinamento prima di lasciare al frutto un racconto di se stesso più profondo, già carnoso e ricco resta leggermente in sospensione su una parte boisé. Questi ultimi vini, sono tutti figli dell’annata 2018, iniziata con una primavera piovosa e umida a cui è seguita un’estate mite con frequenti piogge (qualche episodio di grandine), un agosto secco e caldo con giornate soleggiate e limpide. Annata nel complesso con rese mediamente più abbondanti rispetto alla precedente, segnata da una raccolta tardiva, con una maturazione fenolica, acidità e struttura.

monferace.it

Cover: Tenuta Santa Caterina (Photo credits Enzo Isaia)

Erika Mantovan

Si impressiona e condivide, felicemente, il trasporto di un racconto e l’emozione che rimane vivida nel palato. Per la sua mente, non c’è nulla di più bello di una rappresentazione scritta dei pensieri in forma libera. Dopo la Laurea in Economia, gestione e sviluppo del Turismo, ha dedicato le sue energie a formarsi per scandire ogni momento della sua vita fatta di sorsi, viaggi, incontri, e ogni loro forma di cambiamento.

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