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I barbari affilano le asce. E stavolta le cose per Matteo Salvini si mettono veramente male. Dopo aver perso il congresso di Bergamo, la piccola palla di neve del dissenso, rischia di rotolare e di diventare una valanga.

Il Senatùr

Umberto Bossi ha aperto il suo Comitato del Nord. Una corrente interna al partito per ridare vitalità alla Lega. Ma soprattutto per riportare al centro dell’agenda leghista la questione settentrionale. Il Nord. Detto in maniera cruda tornare alla Padania. Tornano i vecchi Toni. Gli slogan, il va pensiero, i fazzoletti verdi, sostituiti con quelli azzurri da Matteo Salvini.

La Lega che chiede il ritorno alle origini. O quantomeno di tornare a parlare a quel Nord, dove Giorgia Meloni è diventata egemone.

Le due leghe

Di leghe già ce ne sono due. Una è la tradizionale Lega Nord, rimasta in piedi sulla carta ma come un contenitore vuoto, pieno di debiti, nei fatti inoperante, che però mantiene un continuum con la storia della Lega di difesa del Nord. E la Lega Salvini Premier, che nonostante la chiara utopia del proposito del nome, continua ad andare avanti priva di identità.

La Lega  nazionale cerca di rincorrere  Fratelli d’Italia. Da una posizione di svantaggio. Ed avendo abdicato al ruolo di partito guida del Nord, prova ad arginare i danni crescendo eventualmente in un centro sud, dove si trova davanti un movimento molto più forte e radicato  nonché alleato di governo.

Così le proposte più forti di Salvini, quali il ponte sullo stretto permettono di mantenere il passo della rincorsa al Sud, ma allontanano sempre più quel Nord produttivo che vede nelle grandi opere al meridione, la probabile realizzazione di cattedrali nel deserto. Che probabilmente non vedranno mai neanche la luce.

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