È una pianta antica, con una lunga tradizione di utilizzi in campo alimentare, per insaporire tante preparazioni in maniera caratteristica e intensa: il finocchietto è una spezia dall’aroma speciale e inconfondibile, alleato di tante preparazioni e anche di un sorprendente liquore. Scopriamo tutto su questo ingrediente e sui suoi impieghi in cucina.
Che cos’è il finocchietto?
Con il nome di finocchietto facciamo riferimento al finocchio selvatico o Foeniculum vulgare, un’erba aromatica che appartiene alla famiglia delle Apiaceae o Umbelliferae, come si può notare anche dalla caratteristica forma a ombrello delle infiorescenze.
È quindi una pianta apparentata con cumino, carota e coriandolo, originaria della zona mediterranea ma ormai diffusa in molte parti del mondo, come ad esempio negli Stati Uniti.
Il finocchietto ha un aroma caratteristico e intenso e un sapore gradevole che ricorda quello dell’aneto (per la comune presenza dell’olio essenziale detto anetolo, appunto): usato nelle ricette dona un sapore inconfondibile agli alimenti ed è per questo che è molto apprezzato e impiegato fin dall’antichità nella gastronomia italiana, soprattutto nel Centro e Sud d’Italia. In particolare, si dimostra un’erba aromatica versatile, adatta a insaporire pietanze a base di carne e pesce, ma anche a caratterizzare primi piatti, salse, prodotti da forno e di pasticceria e a preparare infusi, tisane e uno speciale liquore digestivo, anche in virtù delle sue proprietà digestive, che contrastano gonfiori addominali, colite, le coliche neonatali, nausea e vomito.
Nel Medioevo, anche per questi motivi, il finocchietto selvatico era considerato praticamente come un’erba magica, utile anche a scacciare gli spiriti avversi. Inoltre, dalle proprietà aromatiche di questa pianta deriva il verbo “infinocchiare” nel senso di ingannare una persona: secondo i linguisti, infatti, ristoratori e cantinieri di scarsa onestà servivano pietanze arricchite con finocchietto e finocchio agli ospiti prima di presentare piatti e, soprattutto, vino di bassa qualità. Le sostanze profumate del finocchio e il suo gusto fresco coprono infatti i sapori successivi, mascherando quindi anche pietanze scadenti o vini prossimi all’acetificazione.
Coltivazione finocchietto: com’è la pianta
Sebbene sia possibile coltivare in orto il Foeniculum vulgare, è molto più frequente trovare il finocchietto come pianta perenne spontanea che cresce bordi dei campi e dei sentieri in campagna, soprattutto nelle zone della cosiddetta macchia mediterranea.
Individuare il finocchietto non è difficile, perché la pianta si nota subito per l’alto e sottile fusto ramificato (che può raggiungere due metri di altezza) di colore verde brillante, con estremità vagamente “piumate” e infiorescenze a forma di ombrello, che in estate si vivacizzano do fiorellini gialli e profumatissimi. A livello gastronomico, del finocchietto selvatico possiamo usare i germogli, i fiori e i frutti, chiamati “semi” ma più precisamente acheni, di colore verde-grigiastro, che si raccolgono all’inizio dell’autunno, dopo la trasformazione del fiore.
Più precisamente, le foglie verdi e aromatiche del finocchietto vanno raccolte alla fine dell’estate, momento migliore per usarle in cucina e approfittare del loro sapore aromatico (ma attenzione, perché perdono velocemente l’aroma e sono difficili da essiccare); gli acheni possono essere usati freschi per la preparazione di tisane e ricette dolci e salate, ma è possibile anche essiccarli e conservarli a lungo (e così pure i fiori).
Differenza tra finocchietto e finocchio
Il nome simile lascia spazio a confusione, ma in realtà il finocchio e il finocchio selvatico sono piante “parenti”, ma molto differenti tra loro.
Il finocchio comune, coltivato o dolce si caratterizza per il classico bulbo – che più precisamente è un grumolo bianco composto da vari strati di foglie esterne – ed è molto più versatile in cucina, perché ne possiamo usare tutte le parti e, soprattutto, possiamo mangiare le foglie del grumolo sia crude che lessate o gratinate.
Il finocchio selvatico non produce invece un bulbo commestibile, e le sue fronde possono essere utilizzate nei piatti come ingrediente aromatico o come guarnizione.
Dal punto di vista botanico, entrambe le piante hanno le foglie verdi che si aprono a ombrello, ma l’aroma e il sapore del finocchio selvatico ha note aromatiche più consistenti e più vicine a quelle della liquirizia rispetto al finocchio coltivato; inoltre, la varietà selvatica ha rami che si sviluppano maggiormente in altezza, a discapito della base (la parte bianca), che risulta meno carnosa.
Gli usi in cucina del finocchio selvatico o finocchietto
Come detto, in cucina possiamo usare varie parti di questa pianta, che trovano spazio in preparazioni diverse: in particolare, i semi (che in realtà sono i frutti) servono per aromatizzare carni grasse (porchetta o salsicce), insaccati (ad esempio, la finocchiona) o formaggi, ma anche nella preparazione di ragù minestre, primi e secondi piatti di carne e pesce, nonché prodotti da forno e dolci casalinghi dal sapore inconfondibile, come tarallini, ciambelle e biscotti; le foglioline fresche servono ad aromatizzare pesce, salse e insalate, mentre i fiori ci aiutano a insaporire le olive in salamoia, funghi al forno e carne di maiale; foglie e rametti arricchiscono la gamma di sapori per arricchire pietanze a base di carne, pesce e verdure, e trovano applicazione sia in piatti della tradizione siciliana (la pasta con le sarde, per citare un esempio emblematico) o di quella marchigiana (la ricetta dei bombetti, ovvero le lumachine di mare).
Liquore al finocchietto
Sin dall’antichità, poi, con le foglie e semi del finocchietto si preparano tisane depurative e digestive. Chi preferisce un preparato alcolico può però lasciarle macerare nell’alcool puro e ricavare un liquore aromatico e delizioso, dalle ottime proprietà digestive che può diventare un perfetto bicchiere da fine pasto.
La ricetta del liquore al finocchietto selvatico è davvero semplice da fare in casa: per produrre 1 litro di liquore servono circa 50 grammi di fiori e semi, da immergere in mezzo litro di alcol alimentare per circa 30 giorni. Trascorso questo periodo, rimuoveremo le parti della pianta e prepareremo la classica soluzione di acqua e zucchero (rispettivamente 500 ml e 300 ml) in cui far sciogliere l’alcol filtrato: a questo punto, lasceremo raffreddare e conserveremo in un barattolo chiuso ermeticamente per almeno altri 30 giorni prima di poter assaggiare il nostro liquore al finocchietto.
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