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C’è un momento nella vita in cui una donna dice a se stessa: e adesso BASTA. Basta vivere per lavorare, basta sorridere a persone che non ami e non amano, basta coltivare i rapporti che tolgono e non aggiungono, basta mangiare sushi, basta bere male (a posto), basta assecondare scelte di viaggi in luoghi privi di anima e bellezza, e, soprattutto, basta frequentare uomini senza “volto”. Non tutto può accadere in una volta sola, ma almeno iniziare è già gran cosa.

Così da maggio sono in giro a vagabondare, alla ricerca della strategia migliore per dire “basta” al mio elenco di possibili rimpianti. Per ora sono solo tre i “basta” portati a termine con successo. E a ciascuno di essi ho un vino da suggerire, perché legato a un luogo, una persona, un momento.

Basta 1

luoghi senz’anima addio

Sicilia. Abbarbicata su uno sperone roccioso fiorito, a strapiombo sul Mar Mediterraneo, Taormina è stata scelta nei secoli come meta di vacanze e residenza provvisoria da filosofi, teste coronate, artisti, a banchieri, industriali. Come Casa Cuseni, oggi riconosciuta Monumento Nazionale Italiano, ma già residenza di celebrità della letteratura e della pittura mondiale, da Ernest Hemingway, che qui scrisse il suo primo racconto giovanile, a Tennessee Williams, Pablo Picasso, Salvador Dalì, Henry Faulkner e moltissimi altri, anche in tempi recenti. Appena arrivata non potevo non visitarla, anche perché fa parte di una delle esperienze offerte dal gruppo di hotel di lusso VRetreats, tra questi l’Atlantis Bay, dove ho alloggiato per un paio di notti. Tra le altre esperienze proposte ce n’è stata anche un’altra da me scelta, un po’ più fuori da coro: visita di Savoca, uno dei luoghi diventati celebri grazie al Padrino, capolavoro di Francis Ford Coppola. Una visita non a piedi né in calesse ma sull’asino. Io che vado a cavallo fin da bambina un po’ inorridivo all’idea. “Come sei caduta in basso”, mi sono detta, ricordando la madre di un mio amico quando lui le presentava la futura sposa… E invece il matrimonio con Tino, l’asino, è stato perfetto: docile, perché ammaestrato, fedele, perché sa che sennò non se magna, paziente molto più degli umani, forse un po’ lento, ma si sa, a galoppare sono bravi in pochi. Con Tino siamo passati per il celebre bar Vitelli dove ancora c’è il tavolo da cui Michael Corleone (Al Pacino) chiedeva al padre di Apollonia di sposarla; poi per la Chiesa di San Nicolò, dove si celebrarono le nozze, e finalmente la metà agognata: il bar. Invero un’enoteca gestita da un cordiale, quanto affascinante, omaccione dall’aria un po’ trasandata e piuttosto sicula.

Dopo qualche giro di bicchieri, arriva il pezzo forte: Fosnuri, solo 3.000 bottiglie da uve Syrah allevate nei bianchi terreni calcarei della Tenuta San Giacomo di Cusumano a Butera, a 450 metri slm. Il brindisi triplo e d’obbligo: il titolare si avvicina, ammicca, mi chiede il numero e svanisce tra gli altri ospiti. Chiedo “aiuto a casa”: guardo Tino, legato al palo della luce: scuote la criniera, comincia a ragliare, credo voglia dirmi: “Picciotta, amuninni”.

Basta 2

uomini senza volto, addio

Perché si chiamano ancora “isole” ad agosto? Provate ad andare a Ponza in estate, quella colonizzata dai Greci e dai Romani, poi rimodellata dai Borboni. Quella dove tuffarsi nelle acque cristalline e nell’antica storia, tra ville imperiali, piscine naturali, antiche peschiere e grotte sommerse. Quella che ha origine vulcanica, uno scrigno di meraviglie storiche e naturalistiche. Tutto vero, ma a giugno, magari. Provate ad andare a Ponza ad agosto. Ho ceduto all’idea di un’amica di Roma che ha la barca a Civitavecchia: non solo mi ha costretto a raggiungerla in quel posto ameno del Lazio abbandonato da Dio e dagli uomini, eccetto che dai narcotrafficanti: solo a maggio di quest’anno sono stati sequestrati 54Kg di droga, armi ed oltre 200mila euro in contanti. Ma mollata dal marito per un altro uomo (succede spesso, ormai…), ho accettato.

Per convincermi di aver fatto la scelta giusta, ha stappato subito un rosso, Amor, Cesanese del Piglio Superiore DOCG annata 2020 di L’Avventura. Dopo sei mesi di barrique, al palato si rivela morbido e avvolgente, pieno, elegante e persistente. Vanta una struttura importante, che assicura profondità anche per gli anni a venire. Ok, grazie, ma quando si parte per le mie Ferie di agosto? (ricordate il film di Paolo Virzì? Ecco, è finita uguale).

All’indomani mattina presto, ci imbarchiamo, Ponza da mare è splendida, ammetto. Di fronte si staglia Ventotene che mi accende subito un ricordo: Riccardo, quel napoletano con il gozzo con cui trascorsi una sola e indimenticabile traversata. Stavamo per affondare perché aveva mollato il timone per curarsi di me… Gli diedi dell’imbecille. Impermalosito, non lo vidi più.

Giunti a Ponza il delirio: puzza di pesce marcio, gente con pizzette, panini, gommoni a remi, retini, pinne, fucile e occhiali alla Edoardo Vianello. Poi i radical chic di Roma e di Napoli, i superstiti. Ma ormai mi infastidiscono anche loro. Scendo, devastata dallo scenario, e mi guardo intorno a cercare il primo bar. Torno al Tripoli, dove avevo incontrato anni fa… “Ciao Riccardo”. Mi riconosce in tre lunghissimi secondi. Troppi. Stronzo, se l’è segnata. Guardo il mare, guardo la mia amica e dico: “Andiamo via, andiamo a Ventontene”.

Basta 3

sushi, addio

La terza e ultima tappa del viaggio “adesso basta” è in Sardegna. Non amo andarci durante l’estate ma, visto che sto ancora lavorando per vivere, allora mi tocca. Parto con un volo diretto a Olbia: a bordo bambini ululanti, mamme starnazzanti, padri tatuati da capo a piedi, panzuti e con borsello di un parente di Gucci non pervenuto, se non alla questura. Per fortuna il viaggio è breve, dopo l’atterraggio accompagnato dal consueto scroscio di applausi (vai a capire perché) all’uscita mi aspettano in due, sono lo skipper e lo chef di bordo del catamarano su cui trascorrerò i prossimi 7 giorni. Un po’ rustici ma bellocci entrambi. Mi rincuoro. Almeno fino al giorno dopo, quando Efisio, lo chef, decide che a bordo di mangia solo pesce. Non ricciola con patate o scottata di tonno ma… sushi. Perché? Perché? Perché?

La prima sera affondo il dispiacere in un Ruinas, un Vermentino di Gallura IGT del 2017 fresco e sapido, di grande personalità, struttura ed eleganza: un vino fine, non evanescente e per questo piacevolmente morbido, dagli aromi intensi e persistenti. Chiudo gli occhi e sprofondo nel mondo dei sogni con il sorriso. Li riapro con immenso stupore quando, a colazione, pensando di ritrovare un vassoio di Uramaki, a versarmi il caffè c’è invece Manuel. «Buongiorno, da oggi mi prenderò cura di lei e della cucina». Di notte Efisio ha dovuto abbandonare l’imbarcazione per problemi di cuore con il fidanzato di Sassari. Oh, finalmente i problemi di cuore per una volta tornano utili.

La sera mangiamo carpaccio di ricciola, tonno scottato, scampi crudi. Nei calici Sicut Erat, Isola dei Nuraghi IGT 2020 de La Contralta, un Vermentino affinato in anfora, caldo, morbido, strutturato e con una lunga persistenza. La nota alcolica importante è ben bilanciata da una acidità discreta di fondo, perfetto in abbinamento al pesce, anche affumicato (che ho già chiesto a Manuel per il giorno dopo. Sono innamorata. Che duri almeno fino alla fine dell’estate…

Marylin

Scrive di vino, delle proprie emozioni e delle proprie naturali idiosincrasie, raccontando la sua sensualità e l’innata femminilità del proprio animo in vibranti narrazioni tra dolcezza, passioni e ricordi.

Category: spa