L’origine della vite e del vino? Risale a 11mila anni fa
9 Mar 2023, 18:58 | a cura di Gianluca Atzeni
Un team internazionale di ricercatori, grazie all’analisi genetica su oltre 3mila campioni di varietà di vite, ha dimostrato che la coltivazione della vitis vinifera è nata non da uno bensì da due eventi di domesticazione contemporanei, avvenuti in Asia occidentale e Caucaso meridionale.
Le origini del vino: la ricerca
Origine e domesticazione della vite, da tavola e da vino, risalgono a 11mila anni fa. Merito di due eventi geograficamente separati, da circa mille km dopo l’ultimo periodo di glaciazione, avvenuti uno in Asia occidentale e l’altro nel Caucaso meridionale. Lo ha rivelato uno studio pubblicato nel mese di marzo sulla prestigiosa rivista scientifica Science. Il lungo lavoro di ricerca si è avvalso anche di un importante contributo dall’Italia. È stato, infatti, condotto da un gruppo internazionale guidato dall’Università agraria cinese dello Yunnan e dal Laboratorio statale di genomica agraria di Shenzhen e Accademia delle scienze di Pechino, in collaborazione con le Università di Milano, MilanoBicocca e Mediterranea di Reggio Calabria, e con l’Istituto di bioscienze e biorisorse (Cnr-Ibbr) di Palermo. Si tratta della più vasta analisi genetica mai realizzata in questo settore, con oltre 3mila campioni di varietà di vite esaminati, anche da collezioni private e materiale mai documentato.
I risultati della ricerca
Secondo lo studio, la coltivazione della vite da vino (vitis vinifera) non è nata da un’unica fase di domesticazione della varietà selvatica (vitis sylvestris) avvenuta nel solo Caucaso, ma gli eventi di domesticazione sono due e sono contemporanei, 11 mila anni fa, in concomitanza con l’avvento dell’agricoltura. Inoltre, sono datati 4mila anni più tardi rispetto a quanto finora ritenuto. Come spiegano i ricercatori del Cnr-Ibbr di Palermo, sebbene la domesticazione nel Caucaso meridionale sia associata alle prime vinificazioni (fonti storiografiche), l’origine del vino in Europa nasce dall’incrocio tra le viti selvatiche di questa regione e le uve domesticate del vicino Oriente, inizialmente usate solo per consumo fresco (uva da tavola), stabilendo quattro grandi gruppi di viti coltivate in Europa, lungo le rotte migratorie dell’uomo.
I vantaggi della ricerca
Tecnicamente, il Dna del progenitore selvatico è stato comparato con quello di circa 3mila campioni raccolti in tutto il mondo. E, durante il lavoro, il gruppo di ricerca ha identificato alcuni geni, correlati a sapore, colore e consistenza dell’uva, che potrebbero aiutare i viticoltori a migliorare le produzioni e rendere le attuali varietà più resistenti ai cambiamenti climatici. Altro risultato dello studio è legato al futuro studio della biodiversità vitivinicola italiana. È stato dimostrato che l’incremento degli scambi commerciali, come si sottolinea dal Cnr-Ibbr, ha favorito il commercio di cultivar superiori tra le regioni euroasiatiche. Un elemento, questo, particolarmente evidente per quelle italiane, che condividono tre o più parentele genetiche con altre cultivar. In tal modo, si sono poste le basi per uno studio definitivo sulla storia genealogica di numerose varietà coltivate nel nostro Paese.
a cura di Gianluca Atzeni
L’articolo è stato pubblicato sul Settimanale Tre Bicchieri del 9 marzo 2023
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