Sfincione, arancine, pane con la milza, crocche, panelle e tanto altro ancora: a Palermo lo street food è di casa, e non è un caso che la città siciliana sia stata messa al quinto posto assoluto tra le capitali mondiali del cibo da strada secondo Forbes (unica italiana e prima europea). Facciamo quindi un salto in questo tesoro di specialità, gusto e profumi, che conquistano i nostri sensi in ogni angolo della città e che rappresentano al meglio la varia ed eterogenea cultura culinaria siciliana, fatta di incontri, dominazioni e influenze di diverso tipo.
Cibo di strada Palermo, simbolo della storia
La gastronomia italiana è spesso slow-food, composta di piatti tipici da mangiare seduti al ristorante e di ispirazione gourmet: in realtà, soprattutto al Sud c’è una fortissima tradizione legata a preparazioni più “povere”, fatte con ingredienti semplici, ma straordinariamente ricche di sapore. E a Palermo questi spuntini tradizionali e popolari sono davvero da leccarsi i baffi e conquistano i turisti da sempre, meritandosi come detto anche una menzione nella prestigiosa classifica della rivista Forbes, che (ormai 10 anni fa) posizionava appunto lo street food palermitano tra i migliori del mondo, dietro solo a Bangkok, Singapore, Menang e Marrakesh.
È facile capire perché il cibo di strada del capoluogo siciliano sia così apprezzato: innanzitutto, lo possiamo trovare praticamente in tutte le zone cittadine, ma soprattutto nei caratteristici mercati, e ci stuzzica con i suoi profumi invitanti e il suo costo estremamente vantaggioso (a Palermo si può mangiare spendendo meno di 5 euro, e sentirsi pienamente soddisfatti!).
Ma, soprattutto, il cibo di strada a Palermo è un “simbolo” di cultura e storia, affonda le radici nel passato (la città ha oltre 3500 anni!) e mostra tutte le influenze delle tante culture che hanno occupato la Sicilia, caratterizzandosi come essenza del luogo e della sua gente, espressione di quel fortissimo senso della vita che, come diceva Wim Wenders (che qui ha girato “Palermo shooting”), non si percepisce allo stesso modo in nessun’altra città del mondo.
Che cosa si mangia a Palermo?
La tradizione gastronomica palermitana, e in particolare lo street food locale, sono quindi il modo per tener viva la storia, fatta dominazioni e di influenze straniere: in pentola sono arrivate – e si sono fuse – ricette arabe, romane, normanne, greche, spagnole, ebree, ognuna con i suoi ingredienti e le sue tecniche. La stessa sintesi, poi, è avvenuta tra “alto e basso”, tra la cucina della nobiltà (come quella dei monsù, sicilianizzazione del termine monsieur, che erano i cuochi francesi o comunque di ispirazione francese che erano al servizio degli aristocratici Siciliani del Settecento) e quella del popolo, tra ingredienti di mare e quelli di terra: il risultato è un incontro straordinario, che rende goloso e invitante una base di partenza fatta di frattaglie, frittura di scarti e impasti semplici, trasformati in piatti gioiosi, saporiti, pesanti e molto sfacciati, quasi rispecchiando l’anima della città.
Eppure, nonostante questi alimenti apparentemente poveri, lo street food palermitano si fa apprezzare in tutto il mondo ed è diventato il simbolo distintivo dell’accoglienza e della cucina siciliana, disponibile in larga parte della città, dalle piccole botteghe ai negozi più innovativi fino ai venditori ambulanti e ai mercati storici, come il mercato del Capo, Ballarò o la Vucciria.
Ci sono poi altre caratteristiche in comune del cibo da strada palermitano: innanzitutto, tipicamente si deve mangiare subito dopo la preparazione, appena dopo la frittura o con carne calda. Inoltre, si devono usare le mani perché le posate sono “vietate”. Infine, e non meno importante, in genere lo street food è molto economico e realizzato con pochi ingredienti, senza salse complicate o preparazioni eccessivamente arzigogolate.
Nascono così specialità come sua maestà l’Arancina, il pane ripieno di interiora di carne e formaggio, l’infinita disponibilità di stuzzichini di rosticceria (fatti solitamente con pasta brioche cotta o fritta e farcita con vari ripieni, come nel calzone al forno), il polpo tagliato a pezzetti e servito su un piatto con uno spruzzo di succo di limone appena spremuto e prezzemolo e le grandi prelibatezze dolci, come i cannoli e la brioche col tuppo (magari ripiena di gelato), che pure rientrano nel novero dello street food.
Street food palermitano, i prodotti tipici
Ma cerchiamo di scoprire più precisamente cosa mangiare a Palermo e, nella fattispecie, quali sono i protagonisti dello street food palermitano.
Iniziamo ovviamente dalle arancine – qui a Palermo il femminile è d’obbligo – una “perla” di tutta Sicilia che in città prendono forma rotonda, proprio come le arance a cui devono il nome: si tratta come noto di polpette di riso tipicamente ripiene di ragù di carne di vitello e poi fritte in olio, anche se non mancano condimenti (alternativi o aggiuntivi) con carne di manzo, piselli, formaggio, prosciutto e altro ancora.
Un altro gioiello dello street food palermitano sono le panelle o frittelle di ceci, tradizionalmente gustate anche come farcitura di morbidi panini ai semi di sesamo. Le panelle sono frittelle di ceci croccanti, che derivano da una antica ricetta che risale alla dominazione araba della Sicilia tra il IX e l’XI secolo: i ceci vengono macinati fino a ottenere una consistenza simile alla farina, impastata poi con acqua e spezie prima dell’immersione in olio d’oliva per la frittura.
A far compagnia alle panelle sono spesso i crocchè, crocchette di patate dalla forma cilindrica allungata, condite con prezzemolo e cotte in olio bollente, da assaporare con una spruzzata di limone; nella versione più piccola, i crocchè si chiamano cazilli e si mangiano appunto insieme alle panelle nel pane.
A proposito di pane, poi, non si può fare a meno di gustare almeno una volta il Pani Ca Meuza, pane con la milza, classico street food palermitano che affonda le radici nelle tradizioni della popolazione ebraica locale nel XV secolo, che per primi trovarono modi creativi per utilizzare le frattaglie animali, combinandole con ingredienti come il formaggio. Questa specialità si prepara con vari tagli di carne – praticamente tutto il quinto quarto! – e in particolare con la milza del vitello e altri pezzi come il polmone o la trachea, che vengono prima bolliti e poi rosolati nello strutto all’interno di un calderone, con un intingolo a base di aglio, peperoncino e vino bianco: grazie ad apposite pinze, questi pezzi vengono prelevati e adagiati su un soffice pane ai semi di sesamo detto vastedda, che può essere gustato in versione “schetta” (single, con solo una spruzzata di limone fresco) o “maritata“, ovvero sposata, accompagnata da caciocavallo grattugiato o, più raramente, ricotta di pecora fresca.
Sempre in tema di frattaglie, il cibo di strada palermitano offre anche la stigghiola, composto da intestini di agnello, capretto o vitello avvolti intorno al cipollotto verde e grigliati su fiamma viva, solitamente conditi con prezzemolo, cipolle e altre erbe aromatiche e con tanto limone fresco spremuto sopra. Cucinare la stigghiola è arte e gli stigghiularu si impegnano con precisione affinché non risultino gommose o dure. Da citare anche la Frittola, altro street food della tradizione siciliana che rielabora elementi di scarto dei tagli nobili di carne: si tratta di vari pezzi e cartilagini bolliti e rosolati nello strutto, che vengono conservati nel “Panaru” (un cesto di vimini coperto da un tovagliolo di stoffa, che mantiene alta la temperatura) e serviti con zafferano e pepe su carta oleata, per un consumo “pedonale”.
Last but non least, abbiamo lo sfincione, una soffice pizza tradizionalmente fatta con un impasto denso che viene lasciato lievitare per diverse ore o anche tutta la notte, di crosta spessa simile a quella di una focaccia e condimento a base di salsa di pomodoro, cipolle, acciughe, origano e caciocavallo. Il suo nome deriva dal greco e dal latino per “spugna” e ne descrive la consistenza morbida, con bordi leggermente croccanti, e un tempo era un piatto “povero” della cucina tradizionale palermitana, che però ora ha meritato l’inserimento nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali, espressione del patrimonio culturale italiano.
Dove mangiare cibo di strada a Palermo
Palermo è un vero e proprio scrigno di odori e sapori: secoli di dominazioni hanno segnato le abitudini gastronomiche del territorio, e la classica tendenza mediterranea alla convivialità e al passeggiare mangiando rendono il capoluogo siciliano una delle capitali mondiali dello street food.
Impossibile non trovare un venditore di queste prelibatezze, perché in pratica in ogni punto della città si notano chioschi gastronomici, ambulanti o meno, con gestori che urlano letteralmente per invitare i clienti ad avvicinarsi, a volte anche a bordo dei mitici Ape Piaggio di colore rosso (lape, che solitamente vendono gli sfincioni).
I posti più pratici per gustare le specialità tipiche del cibo da strada palermitano sono i mercati cittadini: ad esempio, il mercato del Capo è tutto dedicato al food ed è qui che troveremo specialità più rare come la frittola e il quarume (una sorta di bollito misto). Nel celeberrimo mercato di Ballarò, il più grande di Palermo, non sarà difficile sentirsi richiamare dall’aroma di panelle, arancine di riso e sfincione, così come la Vucciria ci accoglie a ogni ora, notte inclusa, con la proposta gastronomica dei tanti venditori.
Tra le istituzioni dello street food palermitano citiamo poi Franco U’ Vastiddaru, dal nome della tipica pagnotta siciliana; l’Antica Focacceria San Francesco nel cuore della Kalza, il quartiere di origine araba; l’amata trattoria Porta Carbone, lungo il porto peschereccio di La Cala, che considerata una delle case del panino ca meusa; Nino u Ballerino, grande chiosco vicino Porta Nuova famoso per il suo panino con panelle.