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Referendum goodbye. In Italia purtroppo la storia dell’Istituto referendario è molto travagliata. Pur essendo previsto dalla costituzione è stata varata la legge applicativa solo all’inizio degli anni settanta.

Seppur con molti limiti. Tempi tecnici e numero di firme da raccogliere complessi per gruppi non strutturati. Il  tutto al fine di evitare che condizionassero troppo la vita politica.

Le segreterie di partito, ed i parlamentari sono sempre stati diffidenti in un coinvolgimento troppo diretto degli elettori nelle scelte.

Un istituto parzialmente concesso

Inoltre esiste solo la possibilità di abrogare in tutto o in parte una norma. Non di scriverla. Non di proporla. Il popolo da solo in Italia non lo si vuol far legiferare.

Le limitazioni alla sovranità popolare ed i limiti sono effettivi nel bel paese. Il rispetto delle scelte degli italiani un poco meno. Visto che ipoteticamente il parlamento può stravolgere i risultati referendari.

Il finanziamento pubblico è stato surrettiziamente reinserito. Come una quota sempre più significativa di proporzionale.

Non del tutto inutile

Eppure c’è stata comunque stata una gloriosa stagione referendaria.

Una stagione che è stata di stimolo di una politica parlamentare arenata. Abbiamo superato la prima repubblica, nelle sue degenerazioni consociative  proprio grazie ai referendum.

Oggi abbiamo un parlamento di nominati. Con liste bloccate.

La peggior classe dirigente della storia repubblicana. Con un inflazione di ignoranti ed impreparati nei posti chiave. Chi dovrebbe guidare il paese non è all’altezza di amministrare un condominio.

Il Referendum va mantenuto

Da anni non si raggiunge più il quorum per un referendum ordinario. E questo dimostra che l’allontanamento dei cittadini dalla politica, non risparmia neppure un momento in cui possono prendere una decisione diretta.

Magari causa limiti e stravolgimenti del passato, che hanno minato la fide pubblica nell’istituto.

Però l’abrogazione non è la soluzione.

Il popolo italiano non decide il Capo dello Stato.

Abbiamo avuto due presidenti del Consiglio ,in questa legislatura, che neanche si erano presentati alle elezioni.

Non si può dimenticare neanche che furono i referendum dell’inizio anni novanta a determinare la crisi di un sistema che era in grande difficoltà.

In parte il popolo poté dare una svolta alla politica . Essere soggetto attivo. Temuto dagli eletti. Rispettato ed ascoltato. Magari per paura della fase critica, ma ascoltato.

Meglio una tutela limitata che nessuna tutela.

Certo il fatto che ci sia solo esclusivamente la possibilità di fare un referendum abrogativo è molto spesso preoccupante.

Ad esempio sui limiti della custodia cautelare.  Un principio che può essere giusto diventa profondamente pericoloso. Poiché dei vuoti normativi appaiono rischiosi per la società intera.

Aggiungiamo il fatto che il Parlamento ha dimostrato di essere incapace di colmare i vuoti normativi.

Ma togliere ancora la parola agli italiani non è accettabile. Non possiamo colpire un istituto di garanzia della sovranità popolare. Soprattutto quando da anni tale sovranità è tradita e svilita.

Rafforzamenti delle complicazioni procedurali potranno essere ammesse se controbilanciate da concessioni di democrazia diretta.

Se i parlamentari fossero eletti in collegi uninominali .Se il Premier ce lo scegliessimo noi italiani. Se il governo fosse il frutto della volontà degli elettori e non delle scelte delle segreterie di partito. Allora si che potremmo limitare ulteriormente il referendum.

Ma a giugno il quorum non sarà raggiunto facilmente

Temo però che il 12 giugno questi referendum difficilmente raggiungeranno il quorum necessario.

C’è stato anche un recente sondaggio di famiglia Cristiana  a riguardo. L’ha detto chiaramente anche il Fatto Quotidiano, ammettendo che solo un terzo degli italiani sono intenzionati ad andare a votare.

Gran  parte di questi quesiti sono importanti pilastri di civiltà. Come, ad esempio, la separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudicanti.

Non c’è però grosso interessamento dell’opinione pubblica.

Questo depotenzierà la spinta a riformare la giustizia.

Il mancato raggiungimento del quorum  su questi temi, sarà devastante proprio perché una riforma è necessaria. Il Parlamento avrebbe potuto operare radicalmente e coraggiosamente solo su istanza di una netta maggioranza degli italiani.

L’indifferenza della gente delegittimerà una politica sempre meno legittima.

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