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Proprio quando sembrava raggiunto l’accordo politico sul sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia da parte dell’Ue, l’Ungheria ha dato un nuovo stop, dichiarandosi contraria alle sanzioni contro il patriarca della chiesa ortodossa russa, Kirill, definito dallo stesso Papa Francesco “chierichetto di stato”, che ha in comune con Putin l’amore per i patrimoni nascosti all’estero, e lo sfoggio di beni di lusso, salvo poi farli sparire con ritocchi nelle foto ufficiali. E alla fine è riuscita a spuntarla: niente sanzioni per Kirill che è stato risparmiato.

Va detto che se da una parte le motivazioni dell’Ungheria per contrastare l’embargo europeo nei confronti del petrolio russo avevano qualche fondamento tecnico, certamente è meno comprensibile il rifiuto di sanzionare un personaggio oggettivamente discutibile, che invece di richiedere la pace, come fanno i massimi esponenti di tutte le religioni, approva la guerra, e la definisce addirittura giusta, manco fosse un islamista estremista invocante la jihad.

Certo è che se nei giorni precedenti i partner europei dell’Ungheria non avevano avuto troppe difficoltà ad accettare le ragioni addotte da Orban per porre il veto sull’embargo, basate sul fatto che l’Ungheria non ha sbocchi sul mare, e quindi non può ottenere facilmente il greggio da altri fornitori, e sulla circostanza che le raffinerie ungheresi sono tarate sull’Urals, ossia il petrolio proveniente dai giacimenti russi, per cui l’utilizzo di altri greggi avrebbe posto non pochi problemi di raffinazione, prevedendo di conseguenza una deroga all’embargo del petrolio russo, quando proveniente con oleodotti, come è il caso dell’Ungheria, questa volta la mancata adesione alle sanzioni contro Kirill, previste dal 6° pacchetto, sarà più difficile da gestire, non essendoci motivazioni tecniche.

Di conseguenza, il sospetto che Orban stia diventando l’uomo all’Havana (ossia nell’Ue) della Russia, così come pare esserlo Erdogan nella Nato, diventa sempre più legittimo.Un mese di ritardo nell’approvazione delle sanzioni contro la Russia, che era stato proposto dalla Commissione europea il 4 maggio, è stato già un regalo di non poco conto alla Federazione Russa, la quale, nel frattempo, non esita ad applicare le sue sanzioni, che consistono nel blocco della fornitura di gas, già applicato contro Polonia, Bulgaria, Finlandia, e con Olanda e Danimarca ora nel mirino. Per sapere quali saranno effettivamente le nuove sanzioni del 6° pacchetto occorrerà attendere alcuni giorni, necessari per la modifica del Regolamento Ue 833/2014, che con le sue oltre 170 pagine, contiene tutte le sanzioni comunitarie contro la Russia, le prime delle quali furono emanate nel 2014, dopo l’annessione della Crimea da parte della Federazione Russa.

Va detto che i precedenti pacchetti avevano sanzionato quasi tutto il sanzionabile, colpendo 1.091 individui, tra cui gli stessi Putin e Lavrov, 80 società e banche russe, i cui capitali e beni in Europa erano stati congelati. Inoltre, è stato impedito l’accesso alle risorse finanziarie provenienti dall’Ue, sequestrati i fondi della Banca centrale Russa (che ha perso buona parte delle sue riserve valutarie), vietato l’accesso all’Ue ad aerei, navi e camion russi, bloccati l’import e l’export tra Ue e Russia di molte merceologie (tra cui i beni di lusso, pane quotidiano per i ricchi amici di Putin), che poi è stato esteso al carbone russo, e con il sesto pacchetto, anche al petrolio, con alcune eccezioni però, come è stato sopra ricordato.

Nonostante gli eventi di queste ore, si può però affermare che raramente in passato i paesi membri dell’Ue si sono trovati così uniti. L’unico precedente è stata la Brexit, che ha visto una compattezza straordinaria, tutta tesa a sostenere l’Irlanda, che era quella che veniva maggiormente colpita dall’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, per via delle conseguenze sul confine con l’Irlanda del Nord. Per rendersi conto di quanto l’Ue stia funzionando bene, basta immaginare che cosa accade in Italia quando vi è una riunione di condominio con circa 25 inquilini: non solo è inimmaginabile l’unanimità, ma spesso anche la semplice maggioranza è molto difficile da raggiungere.

La compattezza politica va considerata, in momenti di crescente difficoltà, un asset da valorizzare al massimo. Infatti, visto lo sganciamento totale dalla realtà della maggioranza del popolo russo, visibile anche nei nostri canali, in cui sempre più di frequente propongono interviste a cittadini russi, che ribadiscono che l’esercito di Putin è in Ucraina per dare la caccia ai nazisti di quel paese (e meno male che non si sono accorti che in tanti paesi europei, inclusa l’Italia, ce ne sono probabilmente di più che in Ucraina), è ragionevole attendersi una continuazione del conflitto, e quindi un ulteriore deterioramento dei rapporti con la Russia, tanto che non si può escludere che Putin, con un vero harikiri economico, decida di bloccare le forniture di gas a tutta l’Ue, mettendo in crisi energetica quest’ultima, ma privando al tempo stesso l’economia russa dell’unica fonte di reddito esterno rimasta.