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Ma insomma, è vero o non è vero? L’unica cosa vera, o meglio “certa”, della crisi – o presunta crisi, per l’appunto – tra Chiara Ferragni e Fedez è che evidentemente alla loro narrazione (ci si perdoni l’uso di un termine così abusato di questi tempi), ci credevamo fino ad un certo punto. Ed è questa la vera notizia di tutto il teatrino che sta contornando la coppia più mediatica d’Italia: il nostro sospetto. La nostra diffidenza di fronte ad un racconto sempre in bilico tra realtà e hype, tra vita vissuta e piano editoriale; e – all’opposto – la nostra accondiscendenza tutta distopica (ci si perdoni nuovamente il termine abusato) a qualcosa che presumiamo poter essere fake, ma che in fondo ci appassiona così tanto da non staccare gli occhi dallo smartphone.

Nessuno di noi – a settembre – ha pensato che la crisi tra Ilary Blasi e Francesco Totti fosse un pretesto per (ri)attirare i riflettori su di loro dopo vent’anni d’amore e tre figli, né – lo scorso gennaio – è stato fatto un pensiero simile in merito a Michelle Hunziker e il fu Tomaso Trussardi. E si potrebbe continuare all’infinito, in quest’anno funesto degli amori altrui che vanno polverizzandosi. Ma da quando Fedez ha scoccato un bacio sulle labbra di Rosa Chemical – precipitando così verso il baratro della (ancora presunta, appunto) crisi nuziale – è tutt’un domandarsi nei bar “ma secondo voi è vero che Chiara l’ha messo alla porta, oppure i due fingono solo per fare hype?”; è tutta una sfilza di pagine di giornali in cui ci s’improvvisa saggisti di influencer marketing; è tutto un grande dibattito Twitter in cui si accusano i due di surfare la grande onda mediatica del pettegolezzo allo scopo di lanciare poi The Ferragnez 2 proprio nel momento in cui intorno ci saranno più pesci pronti ad abboccare. E questa non è una buona notizia per chi – in quanto influencer – vive della narrazione di sé: per nessun mago è una buona notizia che qualcuno gli tolga la bacchetta e sveli il suo trucco. Perché l’incantesimo svanisce. 

La coppia non si mostra insieme sui social da tempo, lasciando intendere – con tutta l’intenzione di farlo – che il rapporto è ai ferri corti. Eppure, negli stessi giorni, viene pizzicata unita al ristorante di Antonino Canavacciolo. Apriti cielo. L’accusa è servita sul piatto d’argento: ed è quella di “fingere una montatura”, come grida a gran voce chi li ha immortalati in sala di soppiatto. Secondo i più maliziosi, persino gli indizi di maretta seminati su Instagram sarebbero chirurgicamente montati ad arte: lei che si leva la fede a favore di social, lei che organizza pranzi in famiglia a favore di social e senza che il marito sia presente a tavola, lei che si “pensa mamma single” e porta i bambini al parco da sola (sempre a favore di social). “Nel frattempo però” si legge in un tweet “Federico si sta facendo tutti i piani a piedi per non finire inquadrato nel selfie di Chiara in ascensore”. Migliaia i like al cinguettio. 

Ed è un problema perché la professione di Chiara Ferragni è proprio quella di raccontare se stessa, di vendere se stessa e la propria immagine. Di vendere l’immedesimazione degli altri nella propria vita, la propria strategia digitale. Per comprendere il peso specifico della questione, vi basterà pensare che Federico e Chiara sono gli unici a non comparire, se non di sfuggita, nel DietroFestival firmato Rai. Il motivo? Avrebbero invece “firmato”, secondo ItaliaOggi, “un lucroso contratto con Amazon per fornire in esclusiva i contenuti relativi al dietro le quinte del Festival, da racchiudere nella seconda tornata della sitcom su di loro medesimi”. 

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Che l’assenza dai social sia tutta una grande strategia comunicativa – come vuole chi ci vede del marcio – oppure semplicemente una inedita voglia di privacy – come potrebbero ribattere loro – non è dato sapere, per il momento. Che sia solo business – come ama gridare il cittadino simbolo di quest’epoca, quello “non ce lo dicono”, quello a cui non gliela si fa certo sotto al naso (certo, come no) – oppure semplicemente un gioco di ripicche adolescenziali – come suggerisce questa tenera esitazione di lui, che prima si lancia nella romantica condivisione di poesie tra le Stories e poi sbianchetta tutto –  verrà chiarito poi. Che sia un 50 e 50, è forse la cosa più probabile: del resto noi con le beghe adolescenziali ci appesantiamo il fegato, loro il portafogli. Ancora più probabile è che lei abbia deciso di prendere pubblicamente le distanze da quanto fatto da lui all’Ariston sebbene magari poi in casa i due continuino a condividere il divano (perché in fondo pensateci: ha passato mesi a studiare la sua comunicazione femminista sul palco e poi tutto le è stato macchiato dal marito che si è messo a mimare un atto sessuale in platea, ndr). Ma insomma l’unica cosa certa, certissima, si diceva, è una: siamo noi, questa volta, a crepare la carta da parati di Truman. Siamo noi a cominciare a considerare i Ferragni un brand e non una coppia. 

Del resto è già da tempo che le contraddizioni del “sistema influencer” stanno venendo a galla nel percepito. Non serve scomodare quel tizio che qualche anno fa si lanciò un pacco di surgelati in faccia per simulare una aggressione omofoba (e per portare così avanti la sua strategia d’immagine in favore dei diritti LGBT), basterà tornare al recente affaire di Julia Elle, in arte Disperatamente Mamma, accusata di aver messo in piedi una storia strappalacrime circa l’ex compagno per vendere la propria narrazione di mamma single e abbandonata (e per vendere i suoi sei libri sul tema, oltre alle sponsorizzazioni varie). Stupirsi è ridondante. Che gli influencer siano fake è parte della loro stessa natura, del loro stesso obiettivo di dover raccontare se stessi nel modo più sexy e al temo stesso credibile possibile: solo qualche mese fa abbiamo scoperto che Chiara stava vivendo “il momento più deprimente” della sua vita mentre sfilava sul Met Gala 2015.

Insomma, in qualsiasi modo andrà a finire, Ferragni è stata – almeno in Italia ed ancora una volta – apripista di qualcosa: della crisi di coppia vissuta in diretta social. Non certo della coppia famosa che diventa azienda e che dunque tira avanti la carretta finché è mediaticamente necessario (quelle coppie lì esistono da poco dopo i fratelli Lumière forse), quanto della nostra ipnosi volontaria a fronte di qualcosa di cui al contempo dubitiamo. Del nostro pruriginoso colludere*, diremmo se fossimo in terapia (altro tema caro ai Ferragnez). Così è se vi pare.

* La collusione è un tipo di relazione che si può creare tra professionista e cliente, a causa della quale tra i due si crea un’alleanza inconscia in cui si accetta la simbolizzazione affettiva che il paziente propone della relazione con lo psicologo