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Partiamo dall’inizio: come hai iniziato, e in che modo le tue radici hanno influenzato il tuo percorso professionale?

«Sono nata e cresciuta in Libano, un paese dove anni di avversità sono stati seguiti da decenni di fiduciosa ricostruzione. Lì ho imparato a trovare la bellezza nelle rovine e nell’intenso contrasto tra il prezioso e il grezzo, ad amare l’imperfezione. Ho scelto di diventare architetto fin dall’infanzia, come una sorta di vocazione spirituale, motivata dalla certezza che il design possa davvero aiutare a rendere il mondo un posto migliore. Ho fondato il mio studio, Culture in Architecture, a Beirut e Parigi, con una profonda convinzione nel potere della bellezza di elevare l’anima. Ora più che mai, in questo momento molto particolare del mondo, credo che la creatività possa salvarci dalla realtà, trascendendo la mera materialità e aumentando la nostra consapevolezza sull’importanza del conservare e del tramandare. Ho il privilegio di rimanere in contatto con le mie radici mediterranee grazie al legame speciale che ho con l’Italia, una seconda casa che mi fa sentire vicina alle mie origini. Condividiamo la stessa percezione essenziale della bellezza e del valore della manualità, con un tocco di drammaticità! Parliamo con le nostre mani e con i nostri corpi tanto quanto amiamo le parole e l’estetica lirica delle cose. Inoltre, non sarei l’architetto che sono oggi senza i miei viaggi a Carrara, in Versilia, a Vincenza, a Venezia, dove girovago per botteghe, incontro artigiani eccezionali e mi rigenero nelle meraviglie naturali e paesaggistiche. Quando ho collaborato con Karl Lagerfeld per l’Hotel de Crillon e, successivamente, per l’edizione limitata di sculture che abbiamo sviluppato per la Carpenters Workshop Gallery, ho fatto viaggi mistici a Roma, a Pompei e in Vaticano, alla ricerca delle fontane più incantevoli, delle colonne e degli elementi architettonici più nobili, per materializzare un’idea moderna di mitologia, qualcosa che ho imparato ad apprezzare nell’influenza greco-romana dei templi di Baalback in patria. L’Italia è come una seconda casa, un terreno fertile per l’immaginazione e il luogo ideale per la creazione!».

Quali sono le figure, del passato e del presente, a cui ti ispiri? C’è un designer, architetto o artista che ti ha influenzato particolarmente nello sviluppo del tuo vocabolario stilistico?