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«Viviamo un profondo mutamento culturale: l’aspetto delle donne mature oggi non solo è accettato, ma stimola il mondo della creatività» dice la star inglese, ora di casa in Salento. L’attrice, impegnatissima tra i supereroi di “Shazam!”, Barbie e Golda Meir, ha in mente ancora una sfida. C’è di mezzo Checco Zalone…

di Alessandra Venezia

Dame a tutti gli effetti anagrafici, e poi imperatrice, regina, principessa, spia internazionale, “Vacinada o scapigliata ribelle sullo schermo. Dopo 55 anni di carriera e più di 140 film, a Helen Mirren cosa resta ancora da sperimentare? Ha fatto teatro, cinema, televisione e, negli ultimi tempi, si è trasformata in un’icona (termine ora abusato, ma perfetto per lei) dell’alta moda internazionale e della bellezza over 50. L’Oréal l’ha scelta come ambasciatrice per la sua campagna You’re worth it (Te lo meriti) a 69 anni, e Checco Zalone, per farci sorridere in pandemia, le ha cucito addosso il personaggio della Vacinada… Tanto, lei in qualsiasi ruolo, è memorabile.

Mesi fa il settimanale americano People l’ha immortalata nella copertina annuale dedicata alla bellezza: e lì, nel servizio fotografico, lei ti abbaglia coi capelli candidi, le unghie indaco e fluttuanti abiti da sera in chiffon rosa: “Hot Dame, Helen Mirren!” strilla il titolo. Dame Helen: la guardi, le parli, e in effetti le si attaglia il ruolo della gran signora. Allo stesso tempo però, quando meno te l’aspetti, è lì che sbotta con le interiezioni dissacranti dell’adolescente senza freni.

I tanti volti di Helen Mirren

Le sue scelte dei ruoli più recenti confermano un talento eclettico; nei prossimi mesi la vedremo sul grande schermo nel sequel di Shazam! Furia degli dei, un film di supereroi della DC Comics dove si trasforma in una figura mitologica (Hespera, «una delizia di ribelle perfida»), in Fast X, Barbie e in Golda, dove impersona il carismatico primo ministro israeliano Golda Meir durante la guerra dello Yom Kippur. E infine… Ma scusate, chi mai vuole perdersi una puntata di 1923, prequel di Yellowstone con Kevin Costner, dove – nel Far West della depressione a fianco di Harrison Ford, suo marito- imbraccia fucili e stende secco il malcapitato che l’assalta?

Shazam!, c’è Helen Mirren

La intervistiamo a Los Angeles dove sta promuovendo Shazam!: la conversazione salta rapidamente dal presente al passato, dalla condizione delle donne ieri e oggi al suo amore per il Salento e i salentini. Quando le menzioni certi personaggi politici, senza cerimonie ti mette davanti il dito medio,e allora volano vari fuck them o fuck him, altre “caratteristiche” del suo entusiastico approccio alla vita.

Helen Mirren testimonial di Torre Palane: “Salviamola. Votatela per il FAI”

Helen Mirren testimonial di Torre Palane: “Salviamola. Votatela per il FAI”

In top verde acido, una sciarpetta maculata intorno ai capelli e un velo di trucco, Mirren è affettuosa, amichevole e sorridente. Saggia – penso alla fine – perché sa affrontare la vita con gioia, energia e coraggio. Il regalo più bello a chi la intervista? Le sue risposte si alternano a una serie di belle risate.

Dame Helen, l’abbiamo vista in film drammatici e d’azione, in commedie, mystery, cartoni animati e ora fra i supereroi: ci dica un genere che non abbia ancora sfidato. Lo sa?
Penso che per me la prova più impervia – e ancora da sperimentare – sarebbe una commedia con Checco Zalone.È di sicuro la più grande sfida che mi venga in mente. Tutta in italiano, naturalmente.

Non me l’aspettavo. Ha due nuovi film in uscita, la serie televisiva 1923, tre in post-produzione, un documentario sui disordini neurologici e le lesioni del midollo spinale… Dove trova l’entusiasmo, l’energia e la curiosità per continuare a lavorare a ritmo frenetico? La sua forza fa invidia.
No, Alessandra, non sono così sicura di riuscire sempre a farcela. Nel profondo del cuore, poi, vorrei solamente starmene nella mia casa in Salento, coi miei amici, e occuparmi degli alberi di ulivo (è coinvolta in prima persona nella battaglia contro la Xylella con la onlus Save the Olives, ndr ). Solo quello vorrei fare. Quando mi offrono un ruolo, la prima reazione è di resistenza. Poi, però, comincio a pensare che potrebbe divertirmi o magari portarmi in una parte interessante del mondo…Quindi dico di sì e in quello stesso momento la mente cambia direzione ancora una volta. Lascio l’Italia e quando arrivo sul set sono contenta, mi do al 100 per cento perché amo veramente il mio lavoro. È così che funziona per me, sul serio.

Helen Mirren alla prima di “1923” a Las Vegas il 3 dicembre 2022. (Photo by Shy McGrath/WireImage)

Helen Mirren, 70 anni e allora?

Lei ci testimonia che i 70 possono segnare la fase trionfale della vita di una donna. Possiamo lavorare, esporci e impegnarci nelle nostre battaglie, e credere.
È un momento bello e interessante. Mi piacerebbe però tornare ad avere 30 anni, e non per essere giovane: sa, oggi le opportunità per le giovani attrici, i ruoli che vengono offerti loro, non esistevano certo quando io ne avevo 30. Forse, mi dico, ho perduto tante occasioni. D’altronde, questi cambiamenti di attitudine e cultura hanno portato a risultati positivi per ognuna di noi: guardi, il look di donne più vissute e mature è oggi non solo accettato ma parte integrante del mondo della creatività. Insomma, il nostro aspetto non è più relegato in un angolo, quasi punito, dimenticato per via degli anni. Le donne di 50, 60, 70 anni non pensano che la loro vita sia finita: finché sono in discreta salute, vanno avanti. Oggi non si tratta di essere fortunate o meno, tutte abbiamo semplicemente adottato il giusto modo di essere.

Come ricorda i suoi 30 anni?
Non è stata semplice per noi quella fase, non c’era il #MeToo, le battaglie ce le facevamo da sole. Era così difficile combattere contro la cultura dominante, quando gli uomini ci continuavano a ripetere che la questione fondamentale era la “natura delle cose” ovvero avere bambini e fare le mamme. Ma quale natura? Bullshit, str…! È sempre e solo una questione di cultura.E quella storia che non si poteva cambiare la “natura delle cose”? Sono tutte fesserie! Ma è difficile comunicarlo alle giovani di oggi. Lei è d’accordo, o no?

D’accordissimo.
Perché poi ti chiedono: “Ma non hai fatto nulla, non hai reagito?”. E tu rispondi: “Be’, certo, ma la cultura dominante del tempo mi ha azzittito, cancellato, eliminato”. Il sistema patriarcale governava il modello del lavoro e quello economico. “Ma cara, scusami sai, tu hai un dono preziosissimo, puoi avere figli, dare la vita è molto più importante di ogni altra cosa”. Sa cosa rispondevo io? Così! (e ti risbatte in faccia, prepotente, il dito medio. Ridiamo)

È cambiato – come si diceva prima – anche il concetto di bellezza.
Assolutamente, eravamo abituati da sempre a vedere sullo schermo uomini di una certa età con rughe e capelli brizzolati, quando per una donna questo era invece inimmaginabile: ora è accettabile, è un notevole mutamento culturale. Speriamo solo non si ritorni indietro, anche regredire è cosa comune di questi tempi.

E dopo Shazam!, dopo Golda, dopo il documentario, qual è il prossimo progetto?
Imparare l’italiano, ora sto prendendo lezioni ogni giorno, voglio essere in grado di parlarlo con la gente be-nis-si-mo! Poi voglio imparare a cucinare e impastare pane, dolci e torte.

In questi giorni è a Los Angeles, ma vive parte dell’anno in Puglia e immagino ritorni spesso in Inghilterra, il suo Paese. Casa per lei dove è?
Per motivi professionali mio marito (il regista Taylor Hackford, sposato nel 1997, ndr) e io abbiamo una casa in America – qui abbiamo anche la nostra famiglia, e questo è molto importante – ma sempre di più nel cuore e nei pensieri per me il concetto di “home” mi porta in Italia.

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Helen Mirren e Taylor Hackford  alla 78esima mostra del Cinema di Venezia il 1 settembre 2021. (Photo by Stephane Cardinale – Corbis/Corbis via Getty Images)

Perché in Italia si sente a casa?
Bene, cominciamo con la casa che abbiamo costruito in Salento ma, ancora più di quello, direi la gente e la cultura del Paese. Sarò sempre una straniera, lo capisco, e non sarò mai in grado di comprendere fino in fondo il vostro meridione, ma lì in Salento mi hanno subito accolta con trasporto. Non come una star del cinema, anche se mi chiamano tutti “l’attrice”: mi hanno letteralmente abbracciata, mi hanno buttato le braccia al collo. Ho detto a Taylor proprio l’altro giorno: “Siamo qui a Los Angeles da una quindicina di anni, abbiamo visto il figlio dei vicini crescere, diventare un teeenager e andare al college, ma non abbiamo alcun rapporto. In Italia dopo solo un pugno di mesi – sembra incredibilec’erano almeno cinque persone che potevo chiamare all’istante e sarebbero corse ad aiutarmi se avessi avuto un problema. Qui non credo proprio che qualcuno dopo sei mesi ti spalanchi le braccia e corra a darti una mano. È una questione di bontà di cuore, di generosità dei salentini. E per una persona “di passaggio” è meraviglioso essere accolti così.

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