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A vederli accanto sembrano gemelli diversi. Alti più o meno uguali, capello fluente (con ciuffo), stessa filosofia di produzione, stessa passione per il vino. Poi vabbè, uno è vestito in gessato, l’altro in jeans e camicia, ma se l’abito non fa il monaco, Massimo Gianolli e Paolo Posenato fanno parte davvero della stessa famiglia, che prende il nome di La Collina dei Ciliegi, l’azienda vitivinicola fondata nel 2010 da Gianolli, imprenditore della finanza con salde radici in Valpantena (sottozona pregiata della Doc Valpolicella), a pochi chilometri dal centro di Verona. E condotta in cantina da Paolo Posenato.

Massimo Gianolli

Negli anni negli anni ‘60/’70, in pieno spopolamento di questa zona collinare, mio padre Armando ha iniziato ad acquisire i terreni vicino Erbin, il borgo che lo aveva visto crescere, partire e ritornare. Qui metteva a dimora più di 3.000 piante di ciliegi”. E qui nasce la prima azienda agricola della famiglia Gianolli, poi trasformata da Massimo in un’impresa vitivinicola e ricettivo-alberghiera, Ca’ del Moro Wine Retreat, un resort ispirato alla natura e al vino nato dal recupero delle antiche stalle e del fienile del Borgo di Erbin. Il nome La Collina dei Ciliegi, quindi, in memoria del luogo e della scelta del papà, che ricorda, non a caso anche quella canzone cantata da Lucio Battisti e che faceva:

E se davvero tu vuoi vivere una vita luminosa e più fragrante

Cancella col coraggio quella supplica dagli occhi

Troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante

E quasi sempre dietro la collina è il Sole

Dietro questa collina, dove sono cresciuti e fioriti i ciliegi, spunta sempre il sole, oggi forte più che mai, grazie agli investimenti rivoluzionari apportati da Gianolli & Co. “Da bambino mi ammazzavo di fatica in campagna, spaccandomi la schiena sul trattore; questa fame di terra non mi è più andata via”, confessa Massimo Gianolli, che la schiena l’ha ben raddrizzata intraprendendo una brillante carriera nella finanza. “Un percorso imprenditoriale che ha reso tutto questo possibile, che è cominciato con il piede giusto grazie agli incontri giusti”, sottolinea con fermezza. E che qui la musica si senta forte e chiara è perché dietro al direttore d’orchestra ci sono musicisti capaci, “talenti della natura, come il nostro vicepresidente, Christian Roger per il quale in questo terreno risuonano le sinfonie di Mozart; allora io volevo trovare degli interpreti che fossero in grado di riprodurmi al meglio questo spartito”.

Dopo l’incontro con Christian c’è stato quello con Lydia e Claude Bourguignon, consulenti agronomi, e successivamente con l’enologo Paolo Posenato. “Ecco sono loro i miei artisti”. E che la musica aleggi da queste parti è confermato anche dalla recente inaugurazione di un teatro in vigna e da Peratara, il nuovo Valpolicella Superiore Doc 2019, poco più di 9.000 bottiglie, dal nome dell’omonimo vigneto Peratara, pietraia in dialetto veneto, situato tra i 550 e i 570 metri di altitudine.

Ma se del vino ne parliamo dopo più approfonditamente con il “gemello diverso”, l’enologo Posenato, c’è ancora da capire una cosa con Gianolli. Ovvero cosa l’abbia convinto a imbarcarsi in questa avventura, lui che un lavoro già ce l’aveva e che male proprio non gli andava. “All’inizio ho sbagliato, volevo applicare le regole della finanza ai tempi della vigna, quindi rischiare sì, ma subito: i miei collaboratori, i musicisti di cui sopra, mi hanno fatto capire che bisognava aspettare, che comporre una sinfonia memorabile ha bisogno di tempo”. E se il tempo dà ragione alle scelte giuste, Massimo Gianolli ha imparato la lezione e di scelte giuste ne ha fatte anche altre.  Se la prima è stata quella di scegliere gli elementi talentuosi della sua “orchestra”, la seconda è stata quella di rispettare la terra. “Questo era un terreno giurassico, mai lavorato, vergine e perfetto per far crescere le viti. Fu lo stesso Bourguignon che mi impose di non toccare nulla, di non terrazzare, come avrei voluto fare io e, dopo 150 pagine di analisi stratigrafica, abbiamo scoperto un terreno carico di mineralità e di tutti quegli altri elementi che non erano mai stati estratti dal suolo, indispensabili per produrre grandissimi vini”.

L’ultima scelta è legata allo sviluppo di un’altra decisione, già presa nel 2018, con l’esordio del Club en Primeur – La Collina dei Ciliegi, l’esclusivo circuito che raduna imprenditori, manager, private banker, responsabili di fondi d’investimento e di società finanziarie, partner di studi legali, giornalisti, opinionisti televisivi e winelover interessati a investire nell’Amarone Ciliegio Cru Valpantena. “Un gruppo di amici e conoscenti uniti dalla passione, e da un pizzico di follia, che ha scelto di acquistare l’equivalente di una o più barrique da 225 litri di vino atto a diventare Amarone e ancora in affinamento». L’idea ricorda il modello messo a punto dai negociants francesi, ma i membri del Club En Primeur La Collina dei Ciliegi non sono quasi mai addetti del settore. “Attualmente il club vanta 60 membri per un portafoglio complessivo di oltre 70 barrique, tra questi ci sono anche io”, ammette Gianolli.

Paolo Posenato

È il momento di sedersi a tavola e di lasciare la parola al più pacato e timido enologo, Paolo Posenato. Ciuffo indietro, camicia sbottonata (con decenza) e via con lo spiegone. Naso, colore, olfatto e… Nei calici ci si aspetta un vino della Valpolicella, di quelli classici, di quelli che fanno dire: “sì buono, ma niente di nuovo”. E, invece, è proprio in bocca che arriva la sorpresa. Prodotto da uve Corvina, Corvinone e Rondinella (13,5% vol.), il Peratara, distribuito da a Visconti43, società del gruppo Meregalli), colpisce dal punto di vista organolettico per la struttura tannica, vellutata, arricchita da sentori di ciliegie, violetta e frutti di bosco con un finale che si rivela fresco e preciso. “È un bianco camuffato da rosso”, spiazza tutti Posenato, di poche parole ma decise. “Siamo a 600 metri, siamo fortunati perché in Valpolicella vigneti a questa altitudine non ce ne sono molti, così io non ho mai problemi con l’acidità, con l’eleganza e la bontà/sanità dell’uva”. Per farsi capire meglio Posenato aggiunge qualche informazione in più sul fronte della vinificazione: “dopo l’iniziale diraspatura e pigiatura soffice delle uve è seguita una fermentazione in vasche di acciaio inox a temperatura costante e controllata tra i 22 e i 24° a cui si sono aggiunti dieci giorni di macerazione con delestage e rimontaggi giornalieri. Un primo affinamento della durata di due anni è avvenuto tra botte grande, tonneaux, barrique e anfora, seguito da un ulteriore anno di affinamento in bottiglia”.

Insomma, al primo calice se ne sono aggiunti altri due. Il vino va giù in scioltezza e appaga il palato senza appesantirlo. E visto che sono nel mood Gianolli, chiedo al suo enologo a cosa sta pensando per il prossimo futuro: “Abbiamo fatto alcune prove per un metodo classico da uve autoctone, ma dobbiamo ancora capire se vinificarlo in rosé o in bianco; sarà comunque un grande vino, perché abbiamo tutte le caratteristiche per fare un metodo classico di alta qualità”.

La canzone di sottofondo? A rispondere è Massimo Gianolli. Il direttore d’orchestra si riprende il palcoscenico e commenta: “One degli U2”. I numeri uno si riconoscono dalla prima nota.

lacollinadeiciliegi.it

Laura Pacelli

Sangue misto – papà napoletano e mamma istriana – dopo la laurea in comunicazione si trasferisce a Milano, dove tuttora vive. Prima fotografa, poi scrive. In Condé Nast dal 2001, ha lavorato per GQ, Vanity Fair, La Cucina Italiana. Sommelier dal 2015, attualmente si occupa di marketing per l’azienda agricola di famiglia (Tenute Pacelli) e continua a scrivere per diverse testate di vino, cibo e luoghi belli da vivere.

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