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Il presidente dello Sri Lanka, Gotabaya Rajapaksa, ha dichiarato lo stato di emergenza nel paese a causa di proteste, rivolte e scioperi che sono in corso dallo scorso marzo e che hanno portato alla chiusura di molte attività, comprese scuole e negozi.

La misura – che era già stata introdotta una prima volta per cinque giorni, un mese fa – permetterà alle forze di polizia di arrestare i manifestanti, contro i quali in queste settimane la violenza è stata spesso usata per reprimere le proteste. Lo scorso 19 aprile a Rambukkana, a circa 80 chilometri dalla capitale Colombo, la polizia aveva sparato vari colpi di arma da fuoco contro i manifestanti uccidendo una persona e ferendone altre 14.

In Sri Lanka, che si trova a sud dell’India e ha 22 milioni di abitanti, è in corso una gravissima crisi economica che ha portato a gravi carenze di cibo, carburante e medicine in tutto il paese. La situazione si è aggravata anche per via della pandemia e dell’aumento dei prezzi di materie prime ed energia, al punto da innescare grandi proteste contro il governo e richieste di dimissioni del presidente. Già a metà aprile lo Sri Lanka aveva dichiarato default, e questa settimana il ministro delle Finanze del paese ha ammesso che le casse dello stato sono quasi vuote, motivo per cui sono in corso complicate trattative con il Fondo Monetario Internazionale per ricevere un aiuto finanziario di emergenza.