Attacco alla centrale nucleare di Zaporizhzhia in Ucraina. Conversazione di Enrico Ferrone con Luigi De Dominicis, responsabile dell’Enea per Resist, un progetto europeo studiato per aumentare la sicurezza delle infrastrutture derivanti da eventi naturali o antropici.
«Le forze armate russe stanno colpendo Zaporizhzhia, la maggiore centrale nucleare in Europa», ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, mentre si stava consumando l’attacco.
La notizia è rimbalzata subito. Poi si è saputo che i grossi proiettili dell’artiglieria nemica hanno preso di mira la struttura muraria dell’impianto per la produzione di energia elettrica costituito da sei reattori ad acqua pressurizzata, sulle sponde del bacino idrico di Kachovka sul fiume Dnepr, ad appena 70 chilometri da Dnipro, la sesta città di una nazione ormai in fiamme.
Dopo l’assalto si è sviluppato un incendio, domato dall’immediato intervento dei Vigili del Fuoco locali.
A un disastro annunciato, il primo terrore che ha avvolto l’intero continente è stato il rischio di una fuga radioattiva, ben memore di quanto accaduto a Chernobyl nel 1986. Al momento la situazione esclude rilasci di raggi gamma. Lo ha reso noto Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea): «Siamo fortunati perché non c’è stato nessun rilascio di radiazioni nell’ambiente circostante e l’integrità di reattori è stata mantenuta». Le centraline di segnalazione disseminate in tutta Europa, Ucraina compresa, non avvisano rischi e l’aria che stiamo respirando tutti è in linea con i requisiti di sicurezza.
Ma cosa significa questo atto così grave, fuori da ogni logica militare?
Indubbiamente una centrale nucleare è un bersaglio scontato in caso di offensiva di guerra, perché interrompe la distribuzione energetica e rappresenta un ordigno all’interno stesso del territorio obiettivo dell’attacco.
Però agli osservatori appare più un’azione terroristica effettuata da soldati suicida che una vera e propria incursione militare. Infatti, in caso i colpi russi avessero centrato il nocciolo del reattore, ci sarebbe stata un’esplosione senza precedenti che avrebbe causato un danno tremendo agli abitanti dell’Ucraina ma avrebbe sicuramente decimato anche le truppe di invasione. E poi il vento atomico, pieno di particelle mortali non si pone limiti nel valicare i confini tracciati dalla politica o dalla stupidità umana. Il problema è piuttosto semplice: a scherzare con il fuoco ci si brucia tutti. Le vittime ma anche gli assalitori.
Ma al di fuori di queste considerazioni, proviamo ad approfondire qualche aspetto più vicino.
Cosa accade a una centrale atomica quando viene offesa da un attacco ostile? Lo abbiamo chiesto a Luigi De Dominicis, responsabile dell’Enea per RESIST, un progetto europeo studiato per aumentare la sicurezza delle infrastrutture derivanti da eventi naturali o antropici.
«La centrale di Zaporizhzhia, come quella di Chernobyl, si basa su una tecnologia datata, ma i protocolli di sicurezza internazionali non hanno mai denunziato situazioni di rischio. È troppo presto per sapere che danni ha riportato l’impianto ma il fatto che non siano stati registrati aumenti di radioattività in Europa e nemmeno in Ucraina, fa pensare che non siano stati colpi fatali».
Dunque, chiediamo allo scienziato se possiamo trarre tutti un respiro di sollievo.
«Non si può dirlo con certezza: indubbiamente quando una infrastruttura critica e complessa come una centrale nucleare è soggetta ad un attacco di questo tipo, occorre valutare con rigore i possibili danni anche ai sistemi di sicurezza ancillari. I colpi potrebbero aver in qualche modo danneggiato parti del sistema e l’intero apparato potrebbe esserne uscito indebolito e in caso di ulteriore stress esterno o di un probabile malfunzionamento, potrebbe scatenarsi una crisi senza le opportune protezioni di progetto».
Secondo un portavoce dell’impianto, la struttura non ha subito danni critici, sebbene la sua capacità di generazione di energia sia stata compromessa e per quanto il segretario del dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti Jennifer Granholm ha dichiarato che i reattori dell’impianto «sono protetti da robuste strutture di contenimento e i reattori vengono spenti in sicurezza», le affermazioni di De Dominicis sono state indicative che con certi dispositivi non si può avere alcuna leggerezza.
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- 4 Marzo 2022