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Dopo settimane di speculazioni arriva la data ufficiale. Il presidente cinese Xi Jinping sarà la prossima settimana (dal 20 al 22 marzo) a Mosca in quella che è una visita di Stato voluta dal presidente russo Vladimir Putin. In agenda le date da segnare sono due: lunedì 20 marzo Xi e Putin avranno una cena informale, per poi avviare i colloqui ufficiali il giorno seguente con la presenza anche del ministro della Difesa russo Sergei Shoigu. Priorità verrà data agli accordi militari e commerciali bilaterali, dal momento che nelle comunicazioni ufficiali non c’è infatti traccia della guerra in Ucraina. Ma soprattutto verranno siglati due importanti dichiarazioni congiunte per intraprendere una nuova cooperazione economica, che durerà fino al 2030. I rapporti bilaterali e la cooperazione strategica, ha precisato il consigliere del Cremlino, Yuri Ushakov,  entreranno “in una nuova era”. Sono previsti circa “dieci accordi” per garantire l’aumento delle esportazioni cinesi di semiconduttori in Russia e del petrolio e gas russo in Cina. 

Cosa resta del dinamismo diplomatico cinese

Dalla “crisi ucraina” (come amano definire Mosca e Pechino quella che è a tutti gli effetti una guerra) allo scambio di idee su “questioni di attualità dell’ulteriore sviluppo di un partenariato globale e della cooperazione strategica tra Russia e Cina”. Ma l’attesa è tutta sulla firma di “importanti documenti bilaterali”, forse inerenti allo sviluppo di nuove sinergie tra il progetto cinese Belt and Road e l’Unione Economica Eurasiatica, l’iniziativa lanciata da Mosca nel 2015 con il coinvolgimento di Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia e Kirghizistan. 

Ma da Pechino, il viaggio di Xi nella capitale russa viene presentato come “una visita per la pace”, che punta a “praticare un vero multilateralismo, a migliorare la governance globale e a contribuire allo sviluppo e al progresso del mondo”. Chiaro riferimento alle varie iniziative di respiro globale che la Cina propone come alternativa al modello di governance guidato dagli Stati Uniti. 

Dai comunicati ufficiali non c’è traccia di un possibile “piano di pace”, dopo il flop del documento in 12 punti recentemente pubblicato dalla Cina in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina, nel tentativo – non riuscito – di tracciare una road map precisa per la fine del conflitto. Il documento è stato respinto dalla maggior parte dei governi occidentali, mentre Kiev lo ha accolto con cautela, probabilmente per evitare di alienarsi Pechino. 

Il doppio gioco della Cina nella guerra in Ucraina

In preparazione della visita di Xi nella capitale russa, il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha avuto nella giornata di ieri 16 marzo un colloquio telefonico con l’omologo ucraino Dmytro Kuleba, con quest’ultimo grato alla Cina per gli appelli al dialogo. Non sono mancati, da parte del funzionario ucraino, gli appelli a trovare una soluzione alla crisi che preveda un ripristino dell’integrità territoriale dell’Ucraina. Quindi un ritiro delle truppe russe dai territori occupati in Ucraina. Pechino, come riferito da una nota della diplomazia cinese, “spera che tutte le parti mantengano la calma, esercitino moderazione, riprendano i colloqui di pace il prima possibile e tornino sul binario della soluzione politica”.

Se la Gran Bretagna spera che Xi riesca a convincere Putin a ritirare le truppe dall’Ucraina, gli Stati Uniti osservano con sospetto la visita del leader cinese alla corte del presidente russo. La Casa Bianca punta il dito contro il dinamismo diplomatico cinese perché non terrebbe conto della parte ucraina ma andrebbe in un’unica direzione: Mosca. Il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, ha detto che il cessate il fuoco previsto dal “piano di pace” cinese non porterebbe ad “una pace giusta e durevole” ma sarebbe “la ratificazione della conquista russa”. Tradotto: un cessate il fuoco in questo momento favorirebbe Mosca. Kirby ha anche messo in guardia dal ritrarre Xi Jinping come un pacificatore: si tratta piuttosto, ha detto, dei “tentativi di aumentare l’influenza” cinese.

La contraddizione della ‘pace cinese’ in Ucraina

Pechino, sul conflitto ucraino, ha sempre tenuto una posizione di neutralità ambigua. La Cina non ha mai condannato la Russia per l’invasione dell’Ucraina e si è sempre detta favorevole ai colloqui di pace. Ma il gigante asiatico si è guardato bene dal cadere nella trappola delle sanzioni occidentali, le stesse che sono state imposte a Mosca, e assieme all’India ha aumentato le importazioni di greggio russo.

La posizione ondivaga di Pechino ha alimentato le speculazioni di un suo sostegno militare a Mosca. Gli Stati Uniti, senza mai fornire prove evidenti, sostengono da settimane che la Cina stia fornendo materiale militare e dual use (sia a scopo civile che militare) alla Russia da impegnare nella guerra in Ucraina. Pechino ha sempre negato: “La Cina ha sempre avuto un atteggiamento prudente e responsabile sull’export di armi e ha sempre controllato l’export di beni dual use nel rispetto di leggi e regolamenti”, è la replica cinese.

Ma una nuova rivelazione giornalistica solleva ulteriori dubbi sulle affermazioni di Pechino. Secondo quanto riportato dalla testata Politico, sulla base di dati forniti dall’aggregatore di dati doganali ImportGenius, nella seconda metà del 2022 la Cina avrebbe fornito alla Russia circa mille fucili d’assalto CQ-A, sul modello degli M-16, e attrezzature che possono essere usate a scopo militare, tra cui parti di droni e giubbotti anti-proiettili. 

E il dialogo con Zelensky?

A oggi non è stato ancora confermato il colloquio telefonico tra Xi e il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky, di cui ha dato conto lo scorso 13 marzo il quotidiano statunitense Wall Street Journal. Dopo aver salutato Putin, il presidente cinese, fresco di terzo mandato ottenuto durante l’Assemblea nazionale del popolo, dovrebbe avere un colloquio con Zelensky, in quello che sarà il primo dialogo diretto tra Kiev e Pechino dall’inizio della guerra. Il leader ucraino potrebbe finalmente vedere realizzato il desiderio di parlare con l’omologo cinese, dopo le richieste di questi ultimi mesi.

Le visite storiche di Xi in Russia

Quello tra i due leader sarà il quarantesimo incontro da quando Xi è diventato presidente della Cina nel 2013. Il leader cinese atterrerà nella capitale russa per la prima volta in quasi quattro anni e per la prima volta dall’inizio della guerra in Ucraina, impegnato nel suo primo viaggio all’estero da quando la scorsa settimana il Congresso nazionale del popolo – ramo legislativo del parlamento – gli ha affidato il suo terzo mandato consecutivo alla guida della Repubblica popolare cinese.

Xi apre quindi il secondo decennio presidenziale ancora da Mosca. Anche nel 2013, ottenuto il suo primo mandato quinquennale (che fa parte del ciclo decennale alla presidenza), il leader cinese inaugurò le sue missioni all’estero partendo proprio da Mosca. Qui Xi fu accolto con tutti gli onori riservati a un grande amico di Putin: picchetto d’onore a cavallo – mai usato prima per un ospite straniero – e un lungo tappeto rosso nella sala di San Giorgio al Cremlino.

L’ultima visita di Xi in Russia è del 2019, mentre quella di Putin a Pechino è del 4 febbraio 2022 per la cerimonia di apertura dei Giochi olimpici invernali, poche settimane prima dell’invasione russa ai danni dell’Ucraina. In quell’occasione, i due leader siglarono la dichiarazione congiunta sulla “amicizia senza limiti” tra i due paesi, che ha dato il via a una maggiore cooperazione in ambito economico ed energetico. Poi, l’ultimo faccia a faccia tra i due leader c’è stato lo scorso settembre a Samarcanda, in Uzbekistan, per il vertice di due giorni della Shanghai Cooperation Organization (Sco), che oggi è la più grande organizzazione regionale per copertura geografica e popolazione coinvolta. In questa occasione, Putin ha ammesso di comprendere le “domande e le preoccupazioni” di Pechino sulla guerra in Ucraina, in quella che è stata una rara ammissione di tensioni tra gli partner diplomatici. 

Xi e Putin e la partnership “senza limiti”: nuovo vertice su Ucraina e Taiwan?

Tra photo-opportunity e telefonate di augurio di compleanno, i due leader hanno mantenuto un rapporto bilaterale che si è rafforzato negli anni con un solo obiettivo: proporre un nuovo ordine multipolare, nel quale si privilegiano certi interessi e tutelano pochi diritti.