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Nella New York degli anni ‘80, ad esempio, con lo scoppio dell’emergenza legata all’AIDS, i proprietari spesso rifiutavano di affittare appartamenti ai gay. Che si trattasse di ignorante bigottismo o di persone poco informate, i proprietari di immobili temevano apertamente e senza vergogna gli uomini gay, ritenuti responsabili dell’epidemia. Ovviamente non era affatto così, ma le masse disinformate fecero in modo che gli omosessuali di New York si spostassero verso nord, in un quartiere fatiscente del West Side che era all’altezza del suo nome: Hell’s Kitchen, la cucina dell’inferno.

All’epoca, il tratto di città compreso tra l’Ottava Avenue e il fiume Hudson, dalla 34esima alla 59esima strada, era un tetro susseguirsi di palazzoni fatiscenti e sovraffollati da residenti spesso in condizioni di povertà, e la zona veniva considerata invivibile. Ironia della sorte, dopo che i gay di New York, il gruppo più ostracizzato della città, furono costretti a trasferirsi a Hell’s Kitchen, il quartiere cambiò completamente volto. Oggi è costellato di popolari teatri off-Broadway, ristoranti rinomati (tra cui lo Yakitori Torishin, una stella Michelin) con liste di attesa lunghissime e torri residenziali di lusso in cui giovani genitori crescono i loro figli.

Una festa per Vanity Fair al San Vicente Bungalows.

Kevin Mazur

Hell’s Kitchen non è l’unico quartiere americano gay-friendly che ha subìto un restyling radicale: anche West Hollywood sta raccogliendo i frutti del suo status di hot spot storico per la community LBGTQ+. Un luogo specifico di WeHo che si è completamente trasformato è il San Vicente Inn, che oggi è diventato un club deluxe per soli soci sviluppato da Jeff Klein, il San Vicente Bungalows. Prima di diventare un posto accogliente in cui sentirsi a casa per l’élite di Hollywood e i suoi amici, questo luogo iconico su San Vicente Boulevard era un motel scadente e uno squallido bagno pubblico in le metanfetamine e il cruising erano le due attrazioni principali.

Dal 2013, però, quello che accade oggi fra le pareti bianche su cui crescono lussureggianti mandarini cinesi è molto diverso dalle attività illegali che fervevano un tempo. Ora è il luogo in cui i registi sprofondano nelle poltrone di velluto verde mare della sala proiezioni, i musicisti pranzano nel ristorante all’aperto e i dirigenti degli studios si stendono sulle chaise longue a bordo piscina per perfezionare l’abbronzatura. Il progetto di recupero di Klein ha trasformato completamente questa ex casa fatiscente in uno dei locali più esclusivi di Los Angeles.

Boystown, a Chicago.

Timothy Hiatt

Sempre a Tinseltown, a soli due minuti da Santa Monica Boulevard, uno dei più noti ritrovi LGBTQ+, l’edificio The Factory, si sta dando da fare, anche se un po’ di più rispetto al suo vicino di casa, oggi super chic. Come la maggior parte degli edifici industriali costruiti all’inizio del XX secolo, il palazzo a tre piani con struttura in acciaio al 652 di North La Peer Drive era la versione West Coast dello Studio 54 prima ancora che Ian Schrager e Steve Rubell si laureassero. Senza contare che ha ospitato molti locali gay iconici, tra cui The Factory, Studio One e Girl Bar.