il-fondamentalismo-climatico-nuoce-all’economia?
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Il Covid, la siccità e la guerra in Ucraina ci hanno messo con le spalle al muro. Se prima pensavamo di avere abbastanza tempo per ripensare il sistema economico mondiale, puntando sulla green e sulla circular economy, adesso è il Pianeta Terra a dirci che non c’è più tempo da perdere. Stiamo affrontando la siccità più severa degli ultimi 70 anni. L’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po ha lanciato un allarme, segnalando livelli ben sotto la soglia limite per il corso d’acqua più lungo d’Italia. “La neve sulle Alpi è totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia; i laghi, a partire dal Lago Maggiore, sono ai minimi storici del periodo; la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media”: siamo ormai agli sgoccioli e così sono partiti i razionamenti.

L’estate quest’anno è cominciata con un mese di anticipo e con temperature a maggio oltre i 30°C, come se fossimo a luglio. Secondo i dati registrati e analizzati dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima (ISAC) del CNR di Bologna, le temperature registrate nel mese di maggio sono risultate a livello nazionale di 1,83 gradii superiori alla media 1991/2020, ovvero rispetto al trentennio più caldo che si sia mai registrato da inizio rilevazioni. Siamo molto vicino al record di maggio 2003, quando le temperature risultarono superiori alla media stagionale di +1,87°C. Queste temperature anomale ci faranno boccheggiare anche a luglio, quando si prevede addirittura un clima “tropicale” con temperature di 2/3°C oltre la media. Meglio abituarsi dunque, anche perché il caldo non è solo un problema italiano ma di tutto il mondo: in Antartide siamo arrivati a sfiorare anche i 40°C. Questa follia climatica non può che essere frutto del riscaldamento globale, non possiamo più nasconderci dietro ad un dito.

Sono anni che gli esperti lanciano allarmi sul clima, ma non è facile cambiare in poco tempo un sistema economico fortemente dipendente dal petrolio, dal carbone e dal gas, combustibili fossili altamente inquinanti. Si deve organizzare un’adeguata transizione energetica verso fonti d’energia più pulite e rinnovabili, processo che però necessita di almeno un decennio. Lo stavamo facendo, con il Green Deal europeo, ovvero una serie di iniziative strategiche per avviare l’Ue sulla strada della transizione verde. L’obiettivo principale era quello di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. Tutto bello, ma poi è iniziata la guerra in Ucraina e ci siamo accorti di essere fortemente dipendenti a livello energetico dal gas russo. Il tempo per fare progetti si è così azzerato, costringendo i governi europei, compreso quello italiano, a cercare soluzioni d’emergenza. Per rimpiazzare il gas russo abbiamo stretto accordi con altri Paesi, abbiamo aumentato le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL), siamo tornati a parlare di nucleare. Si è pensato persino di rispolverare le vecchie centrali a carbone, alla faccia della transizione energetica. Del resto per costruire parchi eolici e solari ci voglio anni, quindi non ci sono altre vie di scampo. Abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa vuol dire essere dipendenti da un altro Paese e ci siamo ripromessi di non cadere più nel tranello.

Forse proprio in quest’ottica va letto l’attacco di Giorgia Meloni agli ambientalisti, sferrato in ocassione di un comizio dell’estrema destra spagnola di Vox a Marbella, in Andalusia. La leader di Fratelli d’Italia ha dichiarato che “l’ideologia di Greta Thunberg ci porterà a perdere migliaia di aziende e milioni di posti di lavoro in Europa. Ci hanno raccontato in questi anni che non c’è alternativa all’ideologia ecologista, che ci farà vivere in un mondo più pulito. Ma si sono sbagliati o ci hanno mentito. Perché ora ci accorgiamo che la nostra dipendenza energetica è drammatica e che la transizione all’elettrico senza controllare la materia prima ci renderà ancora più dipendenti dalla Cina di quanto lo siamo dalla Russia”. La Meloni si è detta così contraria al “fondamentalismo climatico del Green Deal“.

E’ così che si apre lo scontro tra fondamentalisti climatici e fondamentalisti economici. Chi ha ragione? “In medio stat virtus”, la virtù sta nel mezzo direbbero i latini, anche perché il “problema” energetico va comunque affrontato. Petrolio, gas e carbone sono risorse naturali esauribili e se non lo facciamo noi oggi, saranno i nostri figli o i nostri nipoti domani a dover risolvere la questione. Sfruttare l’energia pulita che la Terra ci offre, grazie al sole, al mare e al vento, non mi sembra poi una visione prospettica così sbagliata. Naturalmente il tutto va fatto con criterio, con le dovute accortezze, studiando soluzioni che possano proiettarci verso l’indipendenza energetica, anche nei materiali da costruzione. Tutto questo creerebbe nuove competenze e nuovi posti di lavoro e darebbe nuovo impulso all’economia.

Il cambiamento però va fatto ora, perché se secondo la Meloni la transizione green ci porterà alla catastrofe economica, è anche vero che continuando di questo passo l’economia italiana sarà ugualmente messa in ginocchio dalla siccità e dalle temperature africane. Allora addio all’energia idroelettrica, che da sola rappresenta circa il 40% di energia “rinnovabile” prodotta in Italia e il 10% di quella totale, ma soprattutto addio alle coltivazioni e agli allevamenti, (con il caldo di questi giorni le mucche producono il 10% in meno di latte, spiega la Coldiretti). La minaccia di una carestia è dietro l’angolo, accentuata dalla crisi del grano per la guerra in Ucraina.

Costruire un’economia a zero emissioni non è più una scelta ma una necessità. Detto questo non ci resta che fare fronte comune per muoverci verso un’unica direzione, quella del benessere umano, animale e ambientale, perché rispettare la “casa” in cui viviamo è un segno di civiltà, oltreché di amore. Se non vogliamo farlo per questo, allora facciamolo in nome dell’economia, visto che per molti rappresenta la sola e unica motivazione che possa giustificare un cambiamento.

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