Fabrizio Gatti Direttore editoriale per gli approfondimenti 23 dicembre 2022 22:00
Cherif Traorè, 28 anni, rugbista della Nazionale italiana che gioca nella Benetton Treviso, ha perdonato il compagno di squadra che per Natale gli ha regalato una banana marcia, confezionata in un sacchetto dell’umido. Perfino Nelson Mandela ha saputo perdonare i suoi aguzzini. Ma lungo il cammino del Sudafrica verso la democrazia, nel 1994, c’era anche una guerra civile da evitare. Se la vediamo da questo punto di vista, che cos’è poi una banana marcia, in confronto a ventisette anni di carcerazione e torture, vissuti dal grande leader antirazzista e premio Nobel per la pace? Eppure nel video apparecchiato dalla squadra, Cherif appare solo. E dice quello che i mister del rugby italiano volevano sentirsi dire, mentre gli altri compagni – lo si stente dalle voci in sottofondo – continuano ad allenarsi. Ecco, questo video ha il retrogusto stucchevole, tanto quanto il marciume del frutto dato in regalo.
Cominciamo col chiederci: cosa succederebbe se in Italia o in Europa i neri, o qualsiasi altra minoranza, smettessero di perdonare la stupidità razzista di non pochi bianchi? L’offesa a Cherif Traorè è ancora più grave, perché non viene dagli spalti come accadeva per Mario Balotelli. Ma nasce tra i compagni di squadra, dentro la loro cultura, in uno sport da bestie, come dice il proverbio, che però dovrebbe essere giocato da gentiluomini. La Benetton, anche se ha temporaneamente sospeso il responsabile, ha invece perso l’occasione per dimostrare che Cherif, e tutti noi Cherif d’Italia, non dobbiamo temere il razzismo: perché ogni volta che emerge, come la testa di un drago, viene reciso. Invece no, hanno mandato avanti il loro giocatore nato in Guinea a dirci, dopo il perdono prevedibile, che “adesso dobbiamo essere uniti, andare in campo, vincere, essere una vera famiglia”.
Il video, pubblicato sul profilo Twitter ufficiale della Benetton Rugby, sta facendo il giro del mondo. E, comprensibilmente, sta rovesciando altro fango sullo sport italiano e sull’Italia: andate qui e leggete i commenti. Uno fra tutti, quello di @flaudio71: “Io per errore – tantomeno volutamente – non ho mai dato della scimmia a qualcuno. Il video avrebbe dovuto farlo la vostra dirigenza per scusarsi e per dire quali misure adottate per combattere il razzismo, invece avete preferito umiliare ulteriormente la vittima”.
So che molti di voi commenteranno che quanto ho scritto è un’esagerazione. Perché uno scherzo è solo uno scherzo: ma dare della scimmia a una persona per il colore della sua pelle non può essere un gioco, soprattutto se si appartiene a quel mondo di uguaglianza e lealtà, come dovrebbe essere lo sport dilettantistico e professionistico. Altrimenti dobbiamo prendere atto che ha vinto l’ideologia flessibile della lobby di Antonio Panzeri, l’ex segretario della Cgil di Milano ed ex eurodeputato, arrestato in Belgio per una storia di corruzione a favore del Qatar e dell’immagine dei Mondiali di calcio appena conclusi.
Se Panzeri ha commesso reati lo valuteranno i magistrati: ma lavorare per l’indifendibile Qatar significa anche difendere il razzismo di quel regime e tutti i suoi abusi. Il rugby però non è il calcio. E se avete tempo a Natale, cercate “Invictus”. È il titolo di una poesia di William Henley, ma anche di un bel film di Clint Eastwood, con Morgan Freeman e Matt Damon. Leggetela e guardatelo. Poi magari, alla fine, capirete perché Cherif Traorè non andava lasciato solo.