«Non avevamo mai visto niente del genere, chi va in cerca di questo tipo di dimore rischia di girare a vuoto per anni senza trovare altro che non sia distrutto o pesantemente danneggiato. Invece questo palazzo disabitato da decenni era perfetto, come se il tempo si fosse fermato, una rarità assoluta in Provenza», racconta Watson, che ha ereditato il cognome dal ramo britannico della famiglia. Anthony e Benoît pensavano che a quel punto la ricerca fosse finita, invece era soltanto l’inizio. «Non sapevamo niente della sua storia, ma ci siamo innamorati subito dei colori, dei muri in pietra, del giardino di buganvillee e ulivi, dello stile provenzale, e della sua eleganza umile».
La storia si è svelata poco a poco, per una progressione di indizi scovati durante la ristrutturazione. Vallabrègues era un tempo il centro della fiorente industria del vimini sulle sponde del Rodano. Quella raccontata dalla celebre fotografia dell’intrecciatore di Robert Doisneau era l’attività vitale dei villaggi, alimentata dall’acqua del Rodano e dai salici della Camargue. L’hôtel Drujon era stato costruito nel 1730 per una famiglia di avvocati ma per quasi un secolo, dal 1878 al 1972, era stato un laboratorio nel quale decine di artigiani creavano cesti, canestri, mobili, decorazioni in vimini.