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Kremenchuk, un missile antinave sul centro commerciale

L’attacco di lunedì ha provocato finora almeno 20 morti e 56 feriti. Facciamo il punto.

KREMENCHUK – Venti morti e cinquantasei feriti. Almeno. È il bilancio, provvisorio, dell’attacco che ha colpito lunedì scorso un centro commerciale a Kremenchuk, città che sorge sulle sponde del fiume Dnepr.

Provvisorio, perché al momento dell’esplosione – provocata da un KH-22, un missile aria-superficie russo – all’interno del centro, una filiale della catena ucraina Amstor, ci sarebbero state oltre un migliaio di persone.

Nelle ore successive all’attacco ha iniziato a circolare un filmato in cui si può vedere il momento esatto in cui il missile, lungo più di 11 metri, impatta ed esplode. Mosca, per voce del suo ministero della Difesa, ha negato (come in ogni altra occasione sin dall’inizio dell’invasione, lo scorso 24 febbraio) di aver preso di mira obiettivi civili e che l’attacco è stato condotto contro un deposito di armi situato nella città. E la cui esplosione, sempre secondo la versione di Mosca, avrebbe in un secondo momento innescato l’incendio.

Dalla Germania, dove lunedì si trovavano i leader del G7, si sono sollevate parole di condanna, che hanno definito l’accaduto un «crimine di guerra».

Al netto delle intenzioni di Mosca, resta il fatto che ci sono dei morti. E, come viene sottolineato da un’analisi pubblicata sul portale Defence24 – che si occupa di questioni legate a sicurezza e geopolitica, con un focus particolare per l’Europa centrale – viene quasi spontaneo chiedersi perché le forze russe abbiano deciso di fare ricorso a un’arma come il KH-22 – che monta una testata esplosiva del peso di quasi una tonnellata ed è sviluppata in primis come arma antinave – in un’area abitata. Una scelta che, qualunque fosse l’effettivo bersaglio designato, potrebbe in ogni caso configurare l’attacco come un possibile crimine di guerra.

E interessante è pure l’analisi proposta dalla rivista italiana Limes, che pone sulla bilancia anche gli effetti che un attacco come quello diretto su Kremenchuk può innescare sul piano della motivazione. Un attacco che rende «manifesto» l’intento di «fiaccare il morale della popolazione ucraina e degli sponsor occidentali». Il «messaggio: nessuno in Ucraina può sentirsi al sicuro, nemmeno quando va a fare la spesa».