L’apocalisse occidentale

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L’apocalisse occidentale. Ieri è ricorso l’anniversario delle torri gemelle. Quell’undici settembre 2001, una data che nessuno può dimenticare. Poiché in quel giorno venne palesemente mostrata, la non invulnerabilità anche del paese guida di un mondo occidentale ,che sembrava avere in mano la storia.

Dove eravamo

Di un evento traumatico, che caratterizza una generazione, tutti si ricordano dove erano e cosa stessero facendo, in quel preciso istante. Chiunque abbia sentito per radio dell’attacco a Pearl Harbor si ricordava perfettamente l’istante. Chiunque quell’undici settembre fosse abbastanza grande da ricordare, non dimentica quell’attimo che sembrava infinito, eppure andava tutto così veloce.

Io avevo poco più di vent’anni.Tornavo a casa all’università. Fermandomi in un bar vidi le immagini. Ricordo ancora il silenzio spettrale. Un locale gremito di persone, eppure non si sentiva un fiato, tutti guardavano con sgomento le orribili immagini.

Poi iniziarono alcuni commenti. Cchi già parlava di complotto ed in realtà di una bomba, chi continuava a dire che era assurdo che si fosse schiantato un aereo.

Ma eravamo ancora solo alla prima torre. La seconda Torre era in piedi, non era stata colpita.

La seconda Torre

L’impatto del secondo aereo non posso dimenticarlo perché lo vedi in diretta. Appena arrivato a casa che distava pochissimo dal bar. Mi telefonò  un amico, con il quale scrivevamo articoli su alcuni giornali locali. Stavamo guardando la stessa cosa, e vedemmo l’impatto in diretta. Per un attimo ci sembrò di essere in un film.

Stavamo veramente vivendo un momento storico. Ma lo stavamo vivendo noi stessi, ne facevamo parte. Ne eravamo travolti. Non potevamo fare nulla per fermarlo.

È orribile vedere una persona che si getta nel vuoto per non morire in un incendio. Ma sei storicamente è successo, pensi, con grave arroganza, che era dovuto a errori di incapacità degli uomini del passato. Se succede davanti ai tuoi occhi, ti senti parte dell’incapacità degli uomini del tuo tempo. Nei porti il senso di responsabilità, di colpa e la ferita.

I ragazzi oggi

Oggi veramente non saprei spiegare a nessuno la differenza tra il parlare di quel momento, ed il vivere quel momento. Non perché non la percepisca, ma perché purtroppo è proprio tanto netta quanto indefinita in sé. Non la si spiega,  la si sente.

La mia generazione che era abituata, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, a vedere l’America come forte, imbattibile, ne vide la fragilità. Fragilità che non piacque a nessuno di noi. Si sentiva un Occidente ferito. Ci sentivamo fortemente insicuri.

Oggi l’insicurezza, le ferite dell’occidente, sono una costante. Ma allora cominciò tutto. O meglio allora fu innegabile che fosse iniziato tutto questo. E la cosa ancora oggi è un fantasma, che torna a far visita ogni tanto alle coscienze di chi ha vissuto quel momento.

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