Gordon Moore nel 2007 (Justin Sullivan/Getty Images)

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  • sabato 25 Marzo 2023

Una legge fondamentale per l’evoluzione dell’informatica, a cui diede un grande contributo anche come co-fondatore di Intel

Gordon Moore nel 2007 (Justin Sullivan/Getty Images)

È morto a 94 anni Gordon Moore, co-fondatore dell’azienda di microprocessori Intel, noto soprattutto per aver elaborato la “legge di Moore”, in base alla quale a parità di dimensioni, la potenza di calcolo dei processori raddoppia ogni due anni. Una regola elaborata negli anni Sessanta che restò valida per decenni: anche se da qualche anno non viene più seguita, resta comunque la più nota regola dell’informatica, spesso conosciuta anche da chi ha poca dimestichezza con i computer e i processori.

Gordon Earl Moore era nato nel 1929 a San Francisco, figlio di un poliziotto e una commerciante. Studiò chimica a Berkeley e poi al Caltech, il California Institute of Technology: due tra le migliori università statunitensi. Disse che avrebbe voluto fare l’insegnante ma non ci riuscì, e quindi divenne a suo dire un accidental entrepreneur, un “imprenditore per caso”.

Negli anni Cinquanta Moore si interessò sempre più ai semiconduttori, che ancora oggi sono componenti fondamentali per i microprocessori alla base dell’elettronica, e di circuiti integrati. Nel 1968 fondò insieme a Robert Noyce, che è ritenuto l’ideatore dei microchip, la Intel, un nome derivato da “integrated electronics”. Oltre che per le innovazioni tecnologiche, la Intel anticipò approcci lavorativi che poi sarebbero diventati comuni a molte altre società della Silicon Valley. Tim Cook, l’amministratore delegato di Apple, ha scritto su Twitter che Moore è stato «un gigante, uno dei padri fondatori della Silicon Valley e un vero visionario che aprì la strada alla rivoluzione tecnologica».

Moore fu amministratore delegato di Intel dal 1975 al 1987 e poi presidente fino al 1997. Negli anni successivi si dedicò soprattutto ad attività filantropiche attraverso la fondazione creata insieme alla moglie.

Elaborò la legge che porta il suo nome nel 1965 e nel 1975 la aggiornò (all’inizio aveva parlato di “ogni anno”, poi di “ogni due anni”), aggiungendoci due corollari relativi al costo di produzione e al prezzo di vendita dei computer. La legge, che iniziò a essere chiamata “di Moore” solo in seguito, e non per scelta del suo ideatore, dice in breve che la potenza di calcolo dei processori si raddoppia ogni due anni a parità di dimensioni.

Negli anni seguenti l’industria dei semiconduttori adottò la legge di Moore, ritenendo che due anni fossero una scadenza idonea per elaborare sistemi, tecnologie e strategie per raddoppiare la potenza dei microprocessori. Per decenni il ritmo della produzione dei processori è stato mantenuto con un’accuratezza quasi sorprendente, se si pensa alla complessità di ideare e produrre microprocessori sempre più piccoli e potenti.

Le cose cambiarono però nel 2016, anno in cui la legge di Moore iniziò a essere considerata non più valida, perché il ritmo di miniaturizzazione era rallentato.

Moore fu sempre modesto nel parlare della sua legge: «fu una previsione che si rivelò incredibilmente precisa», disse nel 2000, «molto più precisa di quanto mai avrei potuto immaginare». E già nel 2005 previde che sarebbe “finita” entro qualche anno.

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