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Enoteche, wine club, cocktail bar: la scena del bere di qualità a Milano è sempre in fermento. Ecco alcune novità di stagione

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C’era un tempo la Milano da bere, qualcuno la ricorderà. Erano gli anni ’80 della transizione tra prima e seconda repubblica, quelli dell’individualismo spinto e della superficialità come state of mind. Tempi veloci, rapidi come il lampo che consegnavano ai posteri una società dedita al culto del drink serale. E se qualcosa di quella stagione lo abbiamo trattenuto, va di certo cercato nelle abitudini della gente, in quel ritrovarsi dei milanesi nei locali, che col trascorrere del tempo hanno assunto nuove forme e identità.

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Millesime 1990

Bere a Milano: passione francese

Non passa stagione senza che fiorisca sotto la Madonnina un indirizzario da tenere a mente, a punteggiare la città di nuove insegne. Molte di queste sono germinazioni di altre ormai consolidate. Ne sia un esempio Champagne Socialist progetto firmato da Davide Martelli che dopo aver portato a Porta Venezia 309462 la loro idea di enoteca natural oriented, da qualche mese è approdato – stessa formula, stessa selezione di prodotti di tutta Europa, stessa cucina fredda di accompagno – a pochi passi dal Naviglio Pavese. Sempre a proposito di vini d’Oltralpe, MillÉsimE 1990 è un bar à vin ed enoteca dedicato ai vini francesi. A firmarla Massimiliano Balestreri, patron del wine bar specializzato in champagne e spumanti El Buscia (di cui MillÉsimE 1990 sostituisce la seconda sede in zona Buonarroti, mentre rimane la prima, in via Beatrice d’Este) e Silvia Vecchione. Non un raddoppio, dunque, ma un’evoluzione che si inserisce sulla precedente insegna. Il nuovo concept si pone come obiettivo dichiarato di avvicinare ai vini francesi, eliminando quell’aurea di esclusività che da sempre accompagna questi prodotti, per far scoprire aree note e meno note, produttori-artigiani, vigneron e piccolissime cantine ad alto tasso di accessibilità. Circa 400 le etichette in cantina, disponibili per l’acquisto o il consumo in loco (allo stesso prezzo dello scaffale) con una piccola selezione di proposte al calice da accompagnare a specialità, anch’esse francesi: un’antologia di pâté en croute, formaggi, ostriche, terrine, foie gras e via così fino ad arrivare ai canelès de Bordeaux in chiusura. 40 posti a sedere, con una saletta privata e un dehors per la bella stagione, un grande bancone che si inserisce in uno spazio dominato dalla scaffalatura con le bottiglie.

Osteria Cantina urbana

Bere a Milano: colonizzare strade e isolati

Parte dal vino per estendersi alla cucina il nuovo Osteria by Cantina Urbana Milano® – prima winery sotto la Madonnina – che completa così la proposta del marchio creato da Michele Rimpici che conta anche due rivendite, in Porta Romana e in De Angeli. Aperto da pochissimi giorni, a una manciata di metri dalla prima sede, Osteria (circa 40 coperti interni e altrettanti nel dehors di prossima apertura) ne rappresenta la naturale continuazione, ampliando la proposta della cantina – che conta su degustazioni, eventi di vario genere, oltre che sulla produzione e affinamento in loco di vino dalle uve di vignerons di tutta Italia grazie a un network di artigiani e viticoltori di fiducia – con una proposta gastronomica semplice e diretta. Piatti, anche in condivisione, che puntano tutto sulla selezione della materia prima: taglieri, crostoni, ma anche risotto al Blu di capra e pere o guancia di maiale al Tranatt con radici e tuberi al forno con miele e senape. I dolci sono quelli della Cantina, a suggellare una continuità tra i due locali, che vivranno anche di eventi sviluppati in sinergia tra i due spazi.

BroadWine

Non è un caso isolato di colonizzazione degli spazi, quello di Rimpici: anche Luca Marcellin sta conquistando – civico dopo civico – un intero isolato in zona Porta Venezia: prima con il cocktail bar Drinc Cocktails & Conversation, poi con il fratellino più piccolo Drinc. Different, pochi mesi fa è stato invece il turno di BroadWine, che si trova a metà strada dai primi due. Stavolta Marcellin e Desiree Brunet si dedicano al mondo del vino e dei distillati con una piccola incursione nel food, semplice ma di qualità. Una triangolazione che consente di spostarsi da un locale all’altro in pochissimi minuti. “Abbiamo cercato di rivedere il classico concetto di vineria” fa Marcellin, che spiega: “niente bancone, o mensole in legno con salumi e formaggi: ma un tavolo rialzato, che chiamiamo il palco, da 18 posti”. È questo tavolo percorso da una lunga glacette – usata per il vino come per il ghiaccio su cui poggiare i crudi – a dominare la scena, ci sono poi 7 tavoli e una sorta di mensola con sgabelli altri, in totale quasi 38 posti in uno spazio curatissimo, che strizza l’occhio alla Milano degli anni ’60 con marmo lucido, boiserie pregiate e legni curvati, e altrettanti sono nello spazio esterno. “L’idea è quella di un wine club, dove trovare non solo buoni vini, ma anche buona musica e buona convivialità”. Tolto il bancone, il servizio gira attorno e in mezzo agli ospiti. In carta un centinaio di etichette italiane (unica eccezione, RSVP di Mum), così da poter variare spesso la selezione, anche grazie a presentazioni e appuntamenti: ogni mese c’è la proposta di vini (sia a bottiglia che al bicchiere) di una regione italiana collegata – per motivi storici, artistici, culturali o culinari – a un posto nel mondo a cui si lega un menu degustazione che cambia ogni tre mesi. Non è l’unica proposta food, ci sono anche 7/8 piatti – in porzioni piccole ma non mini – che si muovo con disinvoltura tra proposte moderne e spunti della tradizione, mentre per l’aperitivo (volendo anche con il Giusto, Spritz Veneziano con Select, Gin Tonic, mini cocktail serviti da una bottiglia di vino anni ’40) ci sono 4 o 5 proposte veloci – un esempio è l’hamburger di branzino – con degli special, la domenica c’è il brunch mentre solo su prenotazione ci sono bourguignonne, chinoise e plateau di crudi. Ereditando dal fine dining e dal mondo dell’hospitality più lussuosa la cultura dell’accoglienza ma non certa rigidità. L’idea è di una cucina veloce, divertente, piacevole per accompagnare un bicchiere ma non solo. Ha qualche mese anche Tripstillery, cocktail bar con distilleria firmato da Flavio Angiolillo – anima del gruppo Farmily, quello di Mag per intenderci – con Nicola Corna e Luca Vezzali, dove provare l’esperienza di spirtits completamente tailor made, prodotti per il cliente secondo sue precise indicazioni, a partire dagli ingredienti prodotti dai terreni di proprietà di Tripstillery, e confezionati con tanto di etichetta personalizzata. Il gin fa la parte del leone, anche nella miscelazione che si muove ta grand classici e signature. Ampi spazi luminosi, arredi minimal con immagini della Milano più futuristica, apertura all day long.

DIRTY

Bere a Milano: prossima apertura

Conto alla rovescia, invece, per Dirty, che il 20 marzo alzerà la serranda, “Finalmente” fa Mario Farulla che con Carola Abrate, Gigi Tuzzi e Paolo Coppola, ha pensato questo locale dallo spirito hardcore. Aperto dalle 19 alle 4 di notte, promette di diventare il rifugio dei nottambuli. “Un bar fuori dagli schemi” racconta Farulla “che rispecchia la nostra anima un po’ graffiata, un po’ ribelle”. Niente attrezzatura, un solo shaker senza jigger “si lavora a mano libera” con l’idea di una proposta che si smarca da ogni elemento superfluo, per tornare all’essenziale, al piacere puro per la bevuta senza sovrastrutture “in pieno spirito brutalista”. La drink klist è corta ed efficace: 4 signature, 4 classici e poco altro, semplice e di pieno godimento. Così come di pieno godimento è la proposta food, anzi junk food: Simmenthal, Saichebon, coppa Malù “le cose che le persone mangiano, magari direttamente dalla scatoletta, quando tornano a casa a fine serata, magari un po’ brilli”, cose da frigo vuoto, evocative di quando sei in viaggio o devi stringere la cinghia, “un po’ come noi che per quest’anno abbiamo lavorato solo su questo progetto”, scherza. Ci sono poi tipici cibi da bar: hot dog, bruschette con salsiccia cruda di Pistoia, giardiniera, e alcuni pairing. Champagne e mortadella, per esempio, mangia e bevi, un Super Dirty, con la coppa piena di di olive diverse con diverse farciture. Le salamoie come esaltatori di sapore, “in un mondo che va tutto verso la fermentazione andiamo a cercare altro”. 70 mq divisi in due aree da una tenda rossa, circa 40 posti tra sedute alte, una sala a breve un dehors con una 60ina di posti. Gli interni rispecchiano il mood: graffiti all over, musica hip hop che dopo le 23 diventa ancora più movimentata e una fascia di prezzo super accessibile, con gin tonic della casa 8 euro, per il food tra gli 8 e i 12 euro. “Ebbasta”.

Champagne Socialist – Milano – Via O. Tabacchi, 3 – 02 2047295 – Pagina Instagram

Millésime 1990 – Milano – via Raffaello Sanzio, 4 – www.millesime1990.com

Osteria by Cantina Urbana® – Via Spaventa, 1

BroadWine – Milano – via Bartolomeo Eustachi, 28 – +39 351 7083875 – www.broadwine.it

Tripstillery – Milano – piazza Alvar Aalto – +39 02 62061443

Dirty – Milano – via Regina Giovanna, 14 – www.dirtymilano.com

a cura di Antonella De Santis