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È difficile immaginare quali saranno le conseguenze nel lungo periodo dell’attuale crisi energetica internazionale, iniziata per le conseguenze della pandemia da coronavirus e influenzata dalla guerra in Ucraina. Alcune analoghe crisi del passato ebbero grandi influenze durature, nei rapporti tra paesi ma anche in alcuni aspetti della vita quotidiana. Uno dei più notevoli è sicuramente il vecchio limite di velocità nazionale negli Stati Uniti, familiare a chiunque abbia viaggiato nel paese prima del 1995: per più di vent’anni in qualunque strada americana non si poterono superare le 55 miglia all’ora, una velocità di poco inferiore ai 90 chilometri orari.

A imporre tale limite fu il presidente Repubblicano Richard Nixon nel 1973, e lo fece a causa della crisi petrolifera mondiale iniziata con la Guerra dello Yom Kippur, che coinvolse Israele, l’Egitto e la Siria. Come per la crisi attuale tuttavia a portare alla situazione del 1973 fu una serie di fattori che si svilupparono nel decennio precedente.

Negli anni Sessanta il mercato del petrolio era controllato dalle cosiddette “sette sorelle”: le aziende occidentali Mobil, Chevron, Gulf, Texaco, Shell, Exxon e British Petroleum, che ne monopolizzavano il ciclo di estrazione e produzione grazie ai vantaggi ottenuti nel periodo coloniale. Ad esse cercarono di opporsi alcuni paesi in via di sviluppo che nel 1960 si erano riuniti nell’Organizzazione paesi esportatori di petrolio (OPEC) – inizialmente l’Iran, l’Iraq, il Kuwait, l’Arabia Saudita e il Venezuela – che volevano regolare sia la quantità di petrolio estratto ogni anno nel mondo sia i prezzi.

Inizialmente i paesi dell’OPEC si limitarono a rivendicare un aumento delle royalties che le società straniere pagavano per poter estrarre il petrolio, ma dopo averlo ottenuto chiesero una partecipazione nelle società estrattrici. Erano nella posizione di trattare perché in quegli anni la domanda di petrolio – usato per alimentare attività produttive e trasporti in tutto il mondo – era notevolmente aumentata.

L’evento decisivo che alterò gli equilibri che si erano mantenuti fino ad allora avvenne il 6 ottobre 1973, giorno della festività ebraica dello Yom Kippur, quando l’Egitto e la Siria attaccarono Israele con l’obiettivo di cacciare l’esercito israeliano dai territori conquistati durante la Guerra dei sei giorni nel 1967. I paesi dell’OPEC, in sostegno a Siria ed Egitto, decisero di aumentare notevolmente il prezzo del petrolio a livello globale e di ridurre di un quarto le esportazioni, imponendo anche un embargo ai paesi maggiormente filoisraeliani.

La guerra durò solo 19 giorni e non ebbe esiti risolutivi dal punto di vista militare, ma fece quadruplicare improvvisamente il prezzo del petrolio, creando grossi problemi ai paesi che ne erano maggiormente dipendenti, tra cui gli Stati Uniti e i paesi dell’Europa occidentale. In Italia iniziò allora il periodo chiamato austerity, ricordato soprattutto per il divieto di usare veicoli a motore la domenica. Contestualmente furono introdotti i limiti di velocità di 50 chilometri orari nei centri abitati, di 100 sulle strade extraurbane e di 120 sulle autostrade.

Misure analoghe furono prese negli Stati Uniti, uno dei paesi messi sotto embargo dall’OPEC, e dove il limite di velocità prescelto fu più rigido. Il 26 novembre 1973 il presidente Nixon – che era in carica dal 1969, meno di un anno prima aveva messo fine alla Guerra del Vietnam e tra le altre cose stava affrontando lo scandalo Watergate – propose un limite di velocità massima nazionale di 50 miglia orarie (circa 80 chilometri orari) per le automobili e le motociclette e di 55 (90) per i camion e i pullman. Tali limiti furono pensati con l’idea che a tali velocità i motori dei veicoli raggiungessero l’efficenza massima, cosa che avrebbe permesso di risparmiare benzina: si stimò che insieme ad altre misure, come il divieto di vendita di carburante la domenica, si sarebbero potuti diminuire i consumi annui di benzina del 2,2 per cento.

Alla fine però fu fissato come unico limite quello delle 55 miglia orarie: fu introdotto in tutti gli Stati Uniti, sostituendo i precedenti limiti statali superiori, nel marzo del 1974.

L’embargo dei paesi dell’OPEC terminò nella primavera del 1974 ma il limite di velocità nazionale americano rimase in vigore perché si pensava che avesse portato a una riduzione degli incidenti stradali, aumentando la sicurezza. La maggior parte degli stati americani infatti registrò un minor numero di morti dovute a incidenti stradali nel 1974 rispetto al 1973. Il governo impose addirittura alle aziende automobilistiche di indicare con maggiore evidenza il numero 55 sui tachimetri.

Il limite di velocità non era comunque apprezzato da molti cittadini americani e da alcuni stati in particolare. Anche se è indubbio che uno stesso incidente ha conseguenze peggiori se maggiori sono le velocità dei veicoli coinvolti, negli anni venne messo in discussione il fatto che il limite delle 55 miglia orarie contribuisse effettivamente a una maggiore sicurezza: nello stesso periodo stavano aumentando i dispositivi di sicurezza sulle automobili ed era difficile distinguere gli effetti dei due fattori sulla riduzione del numero di morti dovute a incidenti. Anche dopo che il limite fu rimosso la mortalità stradale continuò a diminuire, in gran parte grazie alle leggi che tra la metà degli anni Ottanta e i primi anni Novanta resero obbligatorio l’uso della cintura di sicurezza.

Il cartellone di “La corsa più pazza d’America” (1981), commedia che racconta di una gara automobilistica illegale, dove un segnale che indica il limite di velocità di 55 miglia orarie viene distrutto

Una prima parziale rimozione del limite nazionale avvenne nel 1987, quando il Congresso votò in favore dell’innalzamento del limite a 65 miglia orarie sulle autostrade interstatali. Il potere di fissare i limiti di velocità sui diversi tipi di strade fu invece restituito ai singoli stati solo alla fine del 1995.

Nel 1998 il Transportation Research Board, una divisione di un ente di ricerca nazionale americano, stimò che il limite delle 55 miglia orarie avesse ridotto il consumo di carburante di una quota compresa tra lo 0,2 e l’1 per cento.