pinsa-romana:-che-cos’e,-da-dove-viene-e-in-cosa-si-differenzia-dalla-pizza
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Rotonda, grande, con un cornicione alto e ben alveolato, condita con pomodoro, mozzarella e basilico: quando si pensa alla pizza alla gran parte di noi viene in mente la pizza napoletana. Ma la pizza, come ben sappiamo, non è una sola e in realtà varia a seconda delle regioni: dalla focaccia genovese alla pizza al padellino torinese, dallo sfincione palermitano, a quella romana bassa, croccante e senza bordo. Parlando della Capitale, però, oltre alla tradizionale pizza, troviamo anche la pinsa, un’evoluzione della pizza alla pala che, da prodotto di nicchia, negli ultimi  20 anni ha spopolato in Italia e all’estero, dando vita a numerose pinserie. Vediamo quali sono le caratteristiche e quali sono le differenza tra la pinsa romana e la tradizionale pizza napoletana.

Curiosità storiche

Il termine deriva dal latino pinsere, cioè allungare e, infatti, la prima cosa che salta all’occhio è la forma ovoidale. Già ai tempi dell’antica Roma, esisteva una sorta di focaccia, realizzata dalla macinazione di miglio, orzo e farro, condita con sale e erbe aromatiche, cotta su pietra, che risultava però piuttosto dura per poter essere mangiato da sola. Ecco perché veniva usata come “vassoio”, su cui venivano disposte preparazioni piuttosto sugose che, spugnando la focaccia, la rendevano tenera e gustosa.

Questa tradizione si è tramandata nei secoli fino a che una famiglia di panificatori romani, i Lambertucci, ha individuato delle farine più adatte rendendo la pinsa in grado di poter essere gustata in maniera simile alla pizza. Uno dei nipoti dei Lambertucci, Corrado Di Marco, ha successivamente studiato, assieme alla moglie, dietista, un mix di farine perfette, frumento, di soia e di riso rendendola ancora più soffice e digeribile. Dopo attenti studi e sperimentazioni, nel 2001 Di Marco ha registrato il marchio “Pinsa Romana” e da quel momento chiunque voglia aprire una pinseria deve attenersi a determinate regole, prima tra tutte l’utilizzo di mix di farina per pinsa che vengono controllate dall’Associazione Originale Pinsa Romana nata proprio per la tutela e il rispetto del prodotto da forno diventato ormai popolare.

Le differenze fra pinsa romana e pizza napoletana: ingredienti e preparazione

A prima vista verrebbe da dire che una è tonda e l’altra ovale, un po’ allungata. Eppure le differenze tra pinsa e pizza sono molteplici e riguardando soprattutto l’impasto: farine, idratazione e lievito danno vita infatti a due prodotti diversi.

1. Le farine

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Come abbiamo accennato l’antica ricetta della pinsa prevedeva l’utilizzo di miglio, orzo e farro. Mentre per la pizza si usa solitamente farina di grano tenero 0 o 00, l’impasto della pinsa viene realizzato con 3 farine differenti: farina di frumento, di soia e di riso. Questa scelta, con particolare attenzione a quella di riso, usata anche per lo spolvero delle superfici durante la stesura, incide notevolmente sia sulla quantità di acqua da inserire nell’impasto, sia sulla digeribilità del prodotto.

2. L’idratazione

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Altra caratteristica importante della pinsa è la quantità di acqua: parliamo dell’80% contro il 60% della pizza “standard”. Arrivare a una simile idratazione è possibile solo grazie alla presenza della farina di riso che assorbe molta acqua e che restituisce, al termine della preparazione, un impasto molto soffice all’interno e croccante all’esterno.

3. Il lievito

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Pochissimo lievito, rigorosamente pasta madre essiccata, contraddistingue la pinsa romana. Questo ovviamente incide nelle ore di lievitazione: se in quella partenopea arrivano a 48, in quella romana può superare le 72 ore. Tutto il processo di lievitazione deve avvenire a temperatura ed umidità controllata. La lenta maturazione rende l’impasto molto digeribile e anche meno calorico rispetto alla “cugina” napoletana: per 100 grammi di pinsa romana le calorie sono solamente 180, mentre in quello della pizza oscillano tra 220 e 250.

Caratteristiche della pinsa romana

Tra gli obblighi per una corretta stesura c’è il divieto di usare il matterello, e quello di aggiungere altri tipi di farina che non siano quelli specificamente indicati. Anche per lo spolvero del piano di lavoro, come abbiamo accennato, viene usato solo farina di riso, in grado assorbire umidità.

La stesura pizzicata è un altro passaggio fondamentale che la rende particolare alveolata, molto simile a una nuvola. Una volta cotta, la pinsa si deve presentare con un impasto croccante fuori e morbido dentro e con un profumo di pane.

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Come fare la pinsa romana a casa

Trattandosi di un prodotto dal marchio registrato è particolarmente difficile riuscire a creare la giusta combinazione di farine. Ecco perché, per venire incontro alle richieste di chi voleva provare a cimentarsi con questa caratteristica preparazione, è stato studiato un mix di farine già pronte, che vengono vendute assieme alla pasta madre essiccata e alla farina di riso per lo spolvero. In questo modo è possibile fare la pinsa romana anche a casa.