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Pagliaccio di Roma e San Domenico di Imola aprono le loro private room con stile, ambientazione e menu diversificato. Non sono le sole. Indagine sui secret restaurant

Si chiama Parallels Experience, il nuovo progetto di Anthony Genovese che, senza cambiare indirizzo, raddoppia l’offerta di suo Pagliaccio. E lo fa creando un inner restaurant, vera secret room sulla falsariga di certi cocktail bar che nascondono un bar nel bar, con un’ambientazione e una proposta completamente differenti. Un esempio è il Paradiso di Barcellona, che si appresta a festeggiare i suoi 7 anni e lo fa da Best Bar in the World (secondo la classifica 50 Best Bar) annunciando per il 2023 il nuovo menu sensoriale nella Sala Macallan. Così è stato anche per la sala Maria Sabina, under bar (nel senso che si trova al piano interrato) de La Punta Expendio de Agave di Roma, o – mutatis mutandis – il 1930, secret bar del Mag Cafè di Milano. L’idea di fondo è entrare nel mercato con un locale di taglio diverso, intercettando esigenze e gusti differenti, e al contempo dando libero sfogo a ispirazioni trascurate nel main restaurant.

01 Combal Zero di Rivoli - foto Altissimoceto

La sala del Combal.Zero

Secret restaurant, gli esempi storici

L’idea non è del tutto nuova, seppur poco praticata. Già nel lontano 1977 un gigante come Gianfranco Vissani si inserì nel ristorante paterno – Il Padrino – ponendo il seme di quello che sarebbe diventato qualche lustro più in là Casa Vissani. Una sala separata nel ristorante di famiglia in cui fare la sua cucina. Quella dei piatti dai nomi lunghissimi e raffinatezze di alta scuola: tovagliati, cristalli, porcellane e poi vini e materie prime da capogiro, quelle che ancor oggi segnano la differenza, figuriamoci allora. Dopo qualche anno Vissani ha conquistato Il Padrino, il resto è storia. Saltando di qualche decade anche Davide Scabinrecentemente approdato al Carignano – si divertì a inventare un locale segreto, confermando il suo spirito ribelle nascondendo una piola alle spalle del suo Combal.Zero, per nottate ad alto tasso di goduria dove il carosello dei piatti della tradizione come trippa con fagioli, lingua, insalata russa (insomma: niente ostrica virtuale o cyber egg qui) faceva il paio con un buon corredo alcolico. Accadeva diversi anni fa, più di dieci, quando ancora Scabin animava le serate al Castello di Rivoli anche fuori orario.

Pochi anni dopo, e qualche chilometro in là, la Gastronavicella di Cristian Milone creava un ristorante gourmet all’interno del locale di famiglia, la Trattoria Zappatori di Pinerolo. Esperienze passate, visto che ora la gastronavicella si è impossessata di tutta la trattoria, rinnovata nel 2021 con un restyling che gioca con luci e ombre, legno e mattoni a vista, e Milone – tornato in forze nel suo ristorante (evviva!) – è il deus ex machina di tutta la struttura. Oltre che l’artefice di Madama Piola, a Torino e Cherasco, dove dà spazio alla cucina di tradizione, quella che dominava, fino a qualche stagione fa, a Pinerolo.

unforgettable paradigma torino

La Sala di Unforgettable

Secret restaurant: la scena di Torino

Il Piemonte sembra aver catalizzato alcuni dei format più interessanti, anche in tempi recenti. Sono passati appena pochi mesi da quando un altro ChristianMandura, stavolta – ha aperto un secondo ristorante formato mignon al piano superiore del suo già piccolo, e originale, Unforgettable. Si chiama Paradigma, il Paradiso degli animali, e offre a soli quattro ospiti a sera un menu fisso (nessuna possibilità di adeguamenti per preferenze o intolleranze) di una dozzina di portate in cui lavora, per intero, un solo animale a stagione. Partito con l’agnello in primavera, ora – dopo un passaggio ittico – è il momento del maiale. Contropartita del menu “con il vegetale al centro” proposto al piano terra, nella sala che vede riuniti intorno al bancone una dozzina di commensali, serviti dai cuochi che preparano live ogni piatto.

La Sala di Del Cambio

La Sala di Del Cambio

Allo stesso modo in cui Matteo Baronetto appronta un degustazione speciale per i clienti seduti alla barra di marmo nero da cui sbirciare la cucina di Del Cambio in piena attività. Quattro commensali appena – le dimensioni non consentono di più, e tutto considerato è bella questa misura così ristretta – in comunicazione diretta con lo chef che crea il menu su misura per loro, incarnazione gastronomica di una conversazione che si muove di qua e di là dal bancone. Tra le 8 e le 12 portate che arrivano direttamente dalle mani di Baronetto e che nascono proprio dall’incontro con il cliente. Un’esperienza ricamata su misura per gli avventori, ad alto tasso di sperimentazione che insegue il gioco delle similitudini che lo chef ha messo a punto nelle ultime stagioni (quello raccontato nel bel volume di Maretti editore), alla scoperta di sorprendenti collegamenti estetici e gustativi, ma non mancano concessioni verso la tradizione che questo luogo sembra interpretare per investitura divina; fare una passeggiata nelle sale, come pure nella Farmacia al piano terra, per credere.

Val Sarentino La Fuga - Bad Schoergau

La cena spettacolo come parte della ricerca

È invece una forma ibrida quella che vive a La FuGa a Bad Schoergau di Sarentino, chef’s table in the kitchen per 8 commensali. Dove chef Mattia Baroni mette in scena (dal mercoledì al sabato alle 19.15) uno spettacolo con un menu fisso in più atti, dal titolo A dinner with La-FuGa al Bad Schörgaue, in cui la cucina è solo uno degli attori. Il cibo è una parte (neanche conclusiva) di un lavoro di ricerca – La FuGa è l’acronimo di LAboratory for Future Gastronomy – che riunisce alcune delle menti più visionarie della ricerca gastronomica europea e opera in aperto dialogo con la comunità accademica. Qui le fermentazioni sono uno dei punti centrali, tecnica ancestrale ma dagli sviluppi modernissimi che si applica pressoché a tutti gli ingredienti (un esempio sono i garum di una ventina di tipi diversi), l’approccio alla materia prima, dal reperimento alla trasformazione in piatto finito, è di quelli che non prevede tentennamenti. L’obiettivo è indagare con sguardo interdisciplinare la gastronomia del futuro per andare verso un sistema alimentare più sostenibile, ma ugualmente soddisfacente dal punto di vista gustativo, un modello in cui l’intersezione uomo/cibo/natura sia più produttiva e armonica possibile, a partire da un uso creativo degli scarti che fanno letteralmente rinascere le materie prime con una visione circolare ma anche molto molto gastronomica, rompendo il paradigma gustoso-non salutare. Qui si esprime la filosofia condivisa dallo chef e dal patron Gregor Wenter:pensiero forte, idee ferme in forma di piatti. Perché la cucina può essere un mezzo, a servizio di un pensiero più alto.

san domenico saletta22

La Saletta22 del San Domenico

Le grandi novità dei ristoranti d’autore

A Imola, Massimiliano Mascia ha inaugurato da poco la Saletta22 affiancando alla gloriosa sala del San Domenico, uno spazio privato da cui guardare alla cucina come a un quadro in movimento – con tanto di cornice dorata – ma senza essere visti. Una rivoluzione per il locale che è stato di Nino Bergese e Valentino Marcattilii che ha colto l’occasione del recente rinnovamento delle cucine per creare nuovi spazi per i clienti. Il primo, la Saletta22, declina tonalità di grigio e di nero, oro e ottone, con luci soffuse e opere d’arte, un solo tavolo con un menu alla cieca, creato su misura serata dopo serata in base alla stagione e al mercato, ma anche all’ispirazione del momento (300 euro con un pairing di grandi vini).

Bancone del San Domenico

Il Bancone del San Domenico

A coronare le novità, anche un nuovo bancone al lato della cucina, spazio per un bicchiere o un piatto da gustare in modo informale, vista cucina, per 4 soli ospiti; sempre disponibile ma non prenotabile.

Parallels Experience

Il tavolo di Parallels Experience

Una rivoluzione, dicevamo, simile a quella che annunciavamo nelle prime righe, che vede – a quasi 400 chilometri di distanza – un altro locale di grande prestigio, seppur con una storia più breve, inaugurare un inner restaurant con una proposta diversa e – in un certo senso – complementare a quella principale, anzi parallela, come suggerisce il nome. Parallels Experience indica la prima saletta del Pagliaccio, oggi ampliata dopo una ristrutturazione estiva che ha rimpicciolito la libreria e il desk, così da accogliere un tavolo in marmo per 6 persone in un ambiente diverso – per arredi e atmosfera – dalla sala principale in cui i 10 tavoli hanno a disposizione 4 menu degustazione al buio (Circus, Orme, Terrae e Intermezzo, quest’ultimo solo a pranzo). Nel nuovo spazio, invece, cambia tutto e non solo nella mise en place (con tanto di logo diverso e bicchieri realizzati ad hoc da un piccolo produttore di Murano): il menu, innanzitutto, non è a sorpresa, ma si può leggere sul sito: 14 passaggi (proposti in abbinamento con 8 calici) che reinterpretano la cucina mediterranea, pur sempre con una suggestione asiatica, mentre il servizio si rifà a quello alla russa. “Lo chef, qui, voleva affacciarsi a un tipo di cucina più vicina a quella italiana” spiega il restaurant manager Matteo Zappile, “con l’idea di accogliere i clienti come a casa”.

Parallels Experience. Pagliaccio foto AROmi 08190

Il logo di Parallels Experience

A corredo di questo, un servizio con un’impostazione completamente diversa, con una risorsa – Ilaria Schiavi – vera personal butler, che segue esclusivamente questa sala insieme a Zappile e allo stesso chef che – cosa rara – arriverà per spiegare i piatti e magare sporzionarli live, sorta di tavolo in cucina fuori dalla cucina. Insieme a una matrice più mediterranea dei piatti, rispetto al corso abituale del ristorante, si recupera dunque anche un certo savoir fare del servizio, quello dei grandi alberghi 40 anni fa, con il carrello per l’astice o la faraona, e la finitura al tavolo ad aggiungere fascino all’esperienza. “Magari le porzioni fatte al tavolo non saranno perfettamente identiche, qui c’è anche l’imperfezione di un servizio d’antan” commenta Zappile “che però sottolinea l’idea di accoglienza e di casa”.

Sala Taki Off

Sala Taki Off

Non è l’unica realtà capitolina: cambia ambientazione, menu, e addirittura chef, Taki, ristorante giapponese di Onorio e Yukari Vitti che nella sua versione Off ospita da questa stagione Andrea Fusco, con una proposta giocosa che si muove su tre menu degustazione più un menu Lab a celebrare l’incontro tra Giappone e Italia, con la materia prima come epicentro della proposta. Mentre già dal suo trasferimento nella nuova sede Marzapane ha costruito una doppia offerta: quella ai tavoli al primo piano e quella al bancone intorno alla cucina con la grande griglia. Qui Tommaso Tonioni mette in fila una cucina dai richiami arcaici: braci, affumicature, flambadou, cotture sotto cenere, in terracotta e perfino con ferro da stiro a carboni. Lo spettacolo della cucina si costruisce sotto gli occhi dei commensali, la convivialità è il tema, l’imprevedibilità il valore aggiunto. Che vale la pena vivere anche nelle serate a più mani.

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La sala Authentica

Un po’ come accade a Caiazzo, nella sala Authentica al piano superiore di Pepe in Grani, dove quest’anno Franco Pepe celebra il decennale con una serie di cene speciali. Una sala con forno, un banco di lavoro, un tavolo per 8 persone in cui vivere una relazione intima tra pizzaiolo e ospiti e un menu personalizzato (e incredibile).

Unforgettable – Torino – via Lorenzo Valerio 5b – 011 1892 3994/ 327 739 5709 – www.unforgettablexperience.it

Del Cambio – Torino – piazza Carignano, 2 – 011 546690 – https://delcambio.it

Alpes e La FuGa dell’Hotel Bad Schörgau – Sarentino/ Sarntal (BZ) – s.s. 508, km 18 – 0471 623048 – bad-schoergau.com

San Domenico –  Imola (BO) – via Sacchi, 1 – 0542 29000 – https://www.sandomenico.it

Il Pagliaccio – Roma – via dei Banchi Vecchi, 129a – 06 6880 9595 – https://www.ristoranteilpagliaccio.com

Taki Off – Roma – via Marianna Dionigi, 62 -06 320 1750 – http://www.taki.it/takioff/

Marzapane – Roma – via Flaminia, 64 – 06 64781692 – https://www.marzapaneroma.com

Pepe in Grani – Caiazzo (CE) – vico San Giovanni Battista, 3 – 0823 862718 – www.pepeingrani.it

a cura di Antonella De Santis