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Preoccupano non poco le parole del Presidente dell’ANM Dott. Santalucia e del Segretario Generale del sindacato delle toghe, Dott. Casciaro pronunciate nel corso del 35 Congresso Nazionale tenutosi lo scorso fine settimana.

Ingerenze dell’ANM sul futuro Governo

Sia l’uno che l’altro, seppur con toni diversi (ma complementari) hanno espresso la ferma intenzione di opporsi a qualsiasi riforma della Giustizia sia nella direzione già tracciata dalla Riforma Cartabia sia, a maggior ragione, in quella contenuta nel programma di Governo.

Si tratta di una intollerabile ingerenza, peraltro del tutto intempestiva dal momento che ancora il Governo non è stato formato né tantomeno presentato alcun DDL in materia.

Santalucia ammonisce a mettere da parte un presunto spirito di vendetta della politica nei confronti delle toghe e Casciaro annuncia già la mobilitazione di categoria.

Insomma, l’ANM in modo esplicito condanna a priori le idee espresse in materia di giustizia dal centro destra e si scaglia – pur senza nominarlo – contro il dott. Carlo Nordio forse prossimo inquilino di Via Arenula.

Dalla separazione delle carriere, all’Alta Corte disciplinare, alla riforma del CSM, la bocciatura è totale.

Ma questa impostazione deve essere rispedita al mittente poiché la politica non può cedere ad alcuna forma di pressione anticipatoria e aprioristica, motivata da furor ideologico.

Dialogo con tutti ma senza diktat

Certamente la magistratura – come si spera anche l’Avvocatura – sarà parte in causa di ogni ipotesi di riforma dell’ordinamento in quanto soggetto interessato. Ma questo non significa cedere a diktat o rinunciare allo spirito innovativo (e non certo vendicativo) che sembra animare, con una certa trasversalità, la classe dirigente di questo paese da qualche tempo a questa parte.

Le riforme sono necessarie e non è più il momento o il tempo di difendere privilegi di casta e corporazione né di fare inutile vittimismo.

Non ce lo possiamo permettere perché la disfunzione del pianeta Giustizia costa 2 punti di PIL e si traduce in uno svantaggio non solo per il cittadino ma per il paese nel suo complesso.

Ma vi è un motivo ancora più importante a parere di chi scrive.

La magistratura tra persecuzione dei reati e tendenza alla moralizzazione pubblica

Da 30 anni oramai viviamo in una sorta di sovranità condizionata da una parte di magistratura che ha assegnato a se stessa il ruolo di palingenesi morale della Nazione. Una parte di magistratura, cioè che ha rinunciato a perseguire il reato, ma ha iniziato a perseguire fenomeno socio-criminologici abdicando alla propria funzione costituzionale e vestendo i panni del moralizzatore pubblico.

Ebbene, è l’ora di invertire questa tendenza.

La magistratura esercita un potere fondamentale per lo Stato, lo deve fare con imparzialità e spirito di servizio senza tuttavia occupare campi che non le sono propri.

Senza – per esser più chiari – intromettersi nella gestione del potere legislativo ed esecutivo. Se persisteranno queste invasioni di campo, è necessario che la politica si riappropri dello spazio che le è proprio.

Qui non si tratta di “vendicarsi” contro i giudici, ma di esercitare la sovranità popolare che si esprime mediante le elezioni.

La politica recuperi il terreno perso sulla strada delle riforme

Pertanto la politica respinga ogni forma di condizionamento. Senza se e senza ma. Rimane – come ovvio che sia – il diritto di contestare le riforme da parte degli interessati, ma senza che ciò si traduca autonomamente in una forma di pressione nei confronti del corpo politico, magari da esercitare a suon di inchieste come purtroppo è stato fatto in passato.

Quindi, l’auspicio è che il Governo venturo ascolti le ragioni di tutti e tragga i dovuti suggerimenti dai magistrati, dagli avvocati e da chi lavora nel “mondo giustizia”, ma prosegua sulla strada delle riforme per le quali è stato votato dagli italiani. E l’opposizione si guardi bene dalla tentazione di strumentalizzare la posizione dell’ANM per trarne benefici elettorali rinsaldando vecchie e mai sopite alleanze.

Perché, alla fine, fra cinque anni, sia maggioranza che opposizione, solo agli italiani dovranno rendere conto.

Leggi anche: Questo governo s’ha da fare

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