Messina Denaro, la rabbia di Meloni: «Ma quale trattativa! Grazie a giudici»
PALERMO – «L’Italia è fiera di voi», dice subito Giorgia Meloni al procuratore capo Maurizio De Lucia e all’aggiunto Paolo Guido quando entra nella stanza del secondo piano del Palazzo di giustizia, a Palermo. Nell’ufficio del procuratore ci sono anche gli uomini del Raggruppamento operativo speciale (Ros) che hanno arrestato qualche ora prima davanti alla clinica “La Maddalena” il superlatitante di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro. Prima di raggiungere la sede del Tribunale, il capo del governo italiano, accompagnata dal sottosegretario alla Presidenza Alfredo Mantovano e dal prefetto Maria Teresa Cucinotta, fa sosta nella stele lungo l’autostrada di Capaci per rendere omaggio a Giovanni Falcone e agli agenti della scorta assassinati dalla mafia nel ’92.
L’attacco per frenare i veleni – Ma in serata, dopo aver letto di voci e sospetti sulla possibilità che l’arresto del super-boss sia avvenuto attraverso modalità torbide e concordate con lo Stato, la premier attacca per frenare sul nascere questi veleni: ma quale trattativa? esplode Giorgia Meloni intervistata dall’emittente televisiva italiana Rete 4.
«Non c’è bisogno di mettersi d’accordo con la mafia per batterla», aggiunge. Basta «autoflagellarsi», basta cultura del sospetto e dietrologie: «ci sono quelli che stanno facendo complottismo, magari per attaccare il governo, perché l’obiettivo è sempre il tema della politica. Ma ci sono delle materie in cui la politica dovrebbe passare in secondo piano. Oggi una cosa è andata bene e qualcuno lo deve dire». Anche perché, è l’osservazione finale, Matteo Messina Denaro si trova ora al carcere duro grazie al nostro governo perché abbiamo salvato il carcere ostativo.
«Una giornata storica, un giorno di festa» – Resta comunque «una giornata storica, un giorno di festa per le persone per bene, per le famiglie delle vittime della mafia, perché il sacrificio di tanti eroi non era vano. Noi siamo abituati a ricordare – spiega la premier – chi si sacrifica per la lotta alla mafia ma poi ci sono persone che vivono tutta la loro esistenza per raggiungere questi obiettivi: mi piacerebbe immaginare che questa giornata possa essere celebrata per il lavoro di questi uomini e queste donne. È una proposta che farò, è un giorno di festa per noi che possiamo dire ai nostri figli che la mafia si può battere».
«Non abbiamo vinto la guerra, né sconfitto la mafia» – Con la cattura di Messina Denaro, sottolinea la premier italiana, «non abbiamo vinto la guerra, non abbiamo sconfitto la mafia ma abbiamo vinto una battaglia fondamentale: è stato dato un colpo duro alla criminalità organizzata». Ricorda che la sua avventura che l’ha portata alla presidenza del Consiglio dei ministri «è cominciata dalle macerie di via D’Amelio» e «sono fiera del fatto che il primo provvedimento del mio governo sia stato sul carcere duro».
«Se oggi non corriamo rischi, dopo l’arresto di Messina Denaro, di regimi carcerari meno rigidi è perché quell’istituto fortemente voluto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è stato difeso dai provvedimenti del governo», aggiunge Meloni, che annuncia provvedimenti sulla gestione dei beni confiscati alla mafia. «Ne stiamo parlando da settimane con il sottosegretario Mantovano – dice – Il riuso dei beni confiscati è un segnale fondamentale nella lotta alla mafia. Su questo si può e si deve fare molto di più». Quindi richiama tutti all’unità nella lotta alla mafia, perché «non può essere un tema divisivo» e chi tenta di farlo «fa un favore per paradosso alla criminalità organizzata».
«È una battaglia che dobbiamo condurre tutti insieme», è il monito della premier italiana, «su questo posso dire che il governo, la politica, lo Stato, devono sostenere chi si occupa ogni giorno concretamente di questo, spero che su queste materie piuttosto di usarle per fare polemica si voglia lavorare tutti insieme, io ci credo davvero e sono disposta a lavorare con tutte le persone di buona volontà».