I Paesi occidentali stanno prendendo di mira le ricchezze del cerchio magico di Putin, ma gli oligarchi russi si sono già mossi per mettere su una vera e propria industria per eludere le sanzioni. Tutti i dettagli
Le sanzioni occidentali vorrebbero colpire duramente il cerchio magico del presidente Vladimir Putin, ma gli oligarchi russi si starebbero ingegnando per aggirarle e mettere al sicuro la propria fortuna. La Turchia, per alcuni di loro, sembra essere il luogo ideale.
IL DENARO NERO RUSSO
Per decenni, si legge su Quartz, le élite russe hanno nascosto il loro denaro all’estero, spesso a beneficio del Cremlino e secondo l’Atlantic Council, Putin e le persone vicine a lui controllano più o meno un quarto dei circa 1.000 miliardi di dollari di denaro nero russo nascosto fuori dal Paese.
Talvolta, però, può essere difficile risalire al vero proprietario che nasconde il suo nome dietro investimenti all’estero che si materializzano in proprietà immobiliari, società di comodo e complesse strutture aziendali simili a matrioske.
PARADISI FISCALI E RICCHEZZA OFFSHORE
Come riferito, infatti, da Scott Greytak, direttore di Transparency International, si stima che solo nel Regno Unito siano circa 87.000 le proprietà russe sotto anonimato. E stando a un documento del 2017 del National Bureau of Economic Research sui paradisi fiscali si stima che fino al 60% della ricchezza della Russia sia offshore.
Come sottolineato dal postdoc Rasmus Corlin Christensen della Copenhagen Business School, citato da Quartz, ovviamente le élite russe non sono le sole a nascondere la propria ricchezza offshore, ma lo fanno con “caratteristiche particolari, in scala e natura”.
Per esempio, secondo il ricercatore, nascondono quantità significativamente maggiori rispetto ai grandi Stati occidentali, approfittando soprattutto di Cipro e delle Isole Vergini britanniche – il che ora rappresenta un problema per Londra.
Before we begin, it must be said that Russian elites are not alone in hiding wealth offshore. Offshore wealth is a prevalent, global phenomenon, estimated in the magnitude of 10% of global GDP – per @annette_als @gabriel_zucman and N. Johannesen:https://t.co/s2I6FMBcV0
— Rasmus Corlin Christensen (@phdskat) February 27, 2022
INDAGINI ED EFFETTI COLLATERALI
Ma questa, scrive Corlin Christensen, è solo la punta dell’iceberg. La marea di documenti diffusi da whistleblower e hacker nell’ultimo decennio mostrano, infatti, le caratteristiche e le proporzioni finora sconosciute della ricchezza offshore russa (e non solo).
Per citarne uno, nel 2013, Offshore Leaks ha rivelato l’uso diffuso di società di comodo delle Isole Vergini britanniche per nascondere gli investimenti delle élite russe, compresi i direttori di Gazprom e Oboronprom, la società di difesa russa.
Queste fughe di notizie, ricorda lo studioso, hanno mostrato che una società con sede nelle Isole Vergini britanniche ha creato società di comodo legate al presunto omicidio di Sergei Magnitsky, un whistleblower che aveva parlato della corruzione dei funzionari del governo russo.
E ancora, nel 2015, il Swiss Leaks ha portato alla luce uno schema di evasione fiscale sostenuto da HSBC in Svizzera, tra i cui clienti c’erano anche 740 russi che detenevano più di 1,8 miliardi di euro nella banca.
COSA STANNO FACENDO GLI OLIGARCHI
Adesso, gli oligarchi russi, finiti nel mirino delle sanzioni occidentali per i loro legami con Putin, secondo quanto riferito da Quartz “stanno spostando i loro beni altrove, sia attraccando i loro yacht in Paesi esenti da sanzioni che mantenendo le proprietà nascoste in trust difficili da raggiungere”.
Hanno arruolato avvocati e contabili per mettere su una vera e propria industria di evasione delle sanzioni.
Alexi Fehlman, un analista della società di data intelligence Sayari Labs, ha detto a Forbes che gli avvocati istituiscono trust e agiscono come azionisti designati così è più facile spostare il denaro e nascondere i beni.
E i risultati per ora sono stati in gran parte un successo.
I CASI USMANOV E ABRAMOVICH
Il miliardario russo Alisher Usmanov, socio di maggioranza del gigante Metalloinvest e MegaFon, colpito dalle sanzioni il 2 marzo, ha fatto sapere al Guardian tramite un portavoce che la maggior parte delle sue proprietà nel Regno Unito e il suo yacht sono stati “trasferiti da tempo in trust irrevocabili”. Questo significa che, a trasferimento avvenuto, Usmanov non possiede i beni perché ha girato i diritti dei beneficiari alla famiglia.
Secondo Joshua Ray dello studio legale britannico Rahman Ravelli, citato da Quartz, i trust irrevocabili, che non possono essere modificati senza il permesso del beneficiario, sono un’opzione molto “allettante” per gli oligarchi che cercano di aggirare le sanzioni. E se Usmanov ha trasferito i beni in un trust prima dell’invasione in Ucraina, ha aggiunto, ora potrebbe facilmente spostarli in una struttura di proprietà complessa che è ancora più opaca. Motivo per cui, secondo gli esperti, stanare l’enorme flusso di beni, sarà molto difficile.
Il 10 marzo, anche Roman Abramovich è stato sanzionato dal Regno Unito per “chiare connessioni” al regime di Putin, sia per il rapporto con il presidente che per la sua partecipazione nella società siderurgica Evraz, in grado di fornire materiali all’esercito russo. Solo quattro giorni dopo, un jet legato ad Abramovich è arrivato a Istanbul da Tel Aviv.
Da ieri, secondo Reuters, due yacht presumibilmente appartenenti all’oligarca del valore di oltre 1 miliardo di dollari sono ormeggiati in città turistiche nel sud della Turchia.
A CHE GIOCO GIOCA LA TURCHIA?
Una fonte di Ankara ha riferito all’agenzia di stampa che Abramovich e altri ricchi russi stanno considerando di investire nel Paese. La Turchia, infatti, nonostante sia membro della Nato, si è guardata bene dall’imporre sanzioni alla Russia per paura che potessero danneggiare la sua stessa economia.
Il Paese, riferisce Quartz, importa un terzo delle sue forniture di gas naturale dalla Russia e, nel 2020, ha esportato più di 4 miliardi di dollari di merci.
I CRIPTOASSET CHE PREOCCUPANO LAGARDE
Riguardo ai tentativi degli oligarchi russi che tentano di eludere le sanzioni, la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha detto che le cripto attività sono la categoria che la preoccupa di più.
“Qui in Europa – ha precisato – abbiamo intrapreso passi per segnalare chiaramente a tutti coloro che offrono servizi o transazioni legate ai criptoasset che saranno ritenuti complici nel cercare di aggirare le sanzioni che sarebbero altrimenti applicabili alle persone coinvolte”.
COSA PENSA PUTIN
Putin, che per l’Occidente resta il vero obiettivo da colpire, tuttavia, secondo un ex consulente del Cremlino citato da Forbes, sarebbe “sostanzialmente indifferente” riguardo alle sanzioni imposte agli oligarchi del suo Paese. Per un altro esperto il presidente sarebbe addirittura a favore delle sanzioni internazionali perché così i miliardari russi potrebbero essere costretti a far rientrare i capitali in patria, diventando ancora più dipendenti da lui.
Secondo un ex consulente del Cremlino riportato da Quartz, una mossa più efficace potrebbe essere quella di prendere di mira la classe politica russa, in quanto sono loro che effettivamente “redigono, approvano, promuovono ed eseguono le decisioni di Putin”.
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