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Cadaveri con le mani legate abbandonati in strada, bambini usati come scudi umani, civili disarmati uccisi brutalmente. Le immagini che arrivano da Bucha, a 30 chilometri da Kiev, dopo che l’esercito russo ha lasciato la città sono solo l’utimo schiaffo all’umanità che è arrivato dall’Ucraina (anche se Mosca respinge le accuse parlando di una “messinscena”). E non è un caso isolato. Chi è sfuggito all’orrore racconta di ostaggi torturati, case saccheggiate, donne violentate anche in altri centri finiti in mano ai russi. Prima ancora erano arrivate le immagini delle fosse comuni, delle bombe sugli edifici della Croce Rossa, sugli asili, sugli ospedali. Uno straziante elenco di atrocità che ha portato il presidente ucraino Zelensky ma anche l’Occidente ad accusare il presidente russo Putin e i suoi uomini di crimini di guerra. Non un’accusa vaga. E’ un concetto giuridico, identifica una condotta per la quale si può essere processati e puniti. Putin alla sbarra quindi? E’ quello che viene chiesto a gran voce. Capiamo meglio cosa significa e se è davvero possibile.

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Cosa sono i crimini di guerra?

Di crimini di guerra come concetto giuridico si parla dal 1949, quando viene approvata la Convenzione di Ginevra, composta dal testo originale e dai successivi protocolli aggiuntivi. Si intendono gravi violazioni del diritto internazionale compiute durante un conflitto militare. Comprendono una vasta gamma di azioni:

  • contro persone protette (civili, personale umanitario e volontari);
  • contro beni protetti (musei, monumenti, edifici civili e ospedali);
  • crimini compiuti con l’uso di mezzi vietati (come armi chimiche e batteriologiche);
  • metodi di combattimento vietati (utilizzare civili come scudi umani, interrompere riforniture alimentari dell’avversario).

Per ulteriore chiarezza citiamo l’articolo tre della convenzione. “Le persone che non partecipano direttamente alle ostilità, compresi i membri delle forze armate che abbiano deposto le armi e le persone messe fuori combattimento da malattia, ferita, detenzione o qualsiasi altra causa – si legge – saranno trattate, in ogni circostanza, con umanità, senza alcuna distinzione di carat­tere sfavorevole che si riferisca alla razza, al colore, alla religione o alla cre­denza, al sesso, alla nascita o al censo, o fondata su qualsiasi altro criterio analogo”. E ancora: “Sono e rimangono vietate le violenze contro la vita e l’integrità corporale, specialmente l’assas­sinio in tutte le sue forme, le mutilazioni, i trattamenti crudeli, le torture e i supplizi; la cattura di ostaggi; gli oltraggi alla dignità personale, specialmente i trattamenti umilianti e degradanti; le condanne pronunciate e le esecuzioni compiute senza previo giudizio di un tribunale regolarmente costituito, che offra le garanzie giudiziarie riconosciute indispensabili dai popoli civili”. 

Si può parlare di genocidio?

Il termine “genocidio” indica invece la “sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa”. Viene utilizzato per la prima volta dal giurista Raphael Lemkin per lo sterminio degli Armeni consumato dall’Impero Ottomano nel 1915-16. In realtà però diventa sinonimo di un crimine specifico dopo quanto accaduto durante la seconda guerra mondiale con i nazisti e gli ebrei.

L’accordo siglato a Londra nel 1945 tra Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e l’allora Urss colloca il genocidio tra i crimini contro l’umanità, a loro volta indicati nella più ampia categoria dei crimini internazionali. Nel 1948 è l’Assemblea generale dell’Onu a specificare meglio le condotte che identificano un genocidio: “l’uccisione di membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; le lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; la sottomissione del gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la distruzione fisica, totale o parziale; le misure tese a impedire nuove nascite in seno al gruppo, quali l’aborto obbligatorio, la sterilizzazione, gli impedimenti al matrimonio; il trasferimento forzato di minori da un gruppo all’altro”. 

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In Ucraina crimini di guerra o genocidio?

Secondo il sindaco di Kiev, Vitalij Klychko, la Russia si sta macchiando di genocidio. “Ho anche sottolineato la necessità del sostegno e dell’aiuto all’Ucraina e anche una posizione unita dei Paesi Ue. Un aiuto ai nostri profughi e anche un aiuto militare all’Ucraina”, ha detto.

La procuratrice generale ucraina, Irina Venediktova, ha fatto sapere, dopo una visita serale a Bucha, che si stanno già indagando non meno di 5.000 casi di presunti crimini di guerra commessi dai militari di Mosca. I crimini di guerra, ha aggiunto il magistrato, sono i primi che si indagano, “seguiti dai crimini contro l’umanità e dal genocidio”.

Gli Usa, secondo quanto dichiarato dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan e prima di lui dal presidente Joe Biden, “non hanno visto finora evidenza che supportino le accuse ucraine di genocidio da parte della Russia”. L’accusa è quella di crimini di guerra. Linea seguita anche alla Corte Penale Internazionale dell’Aia, che sta raccogliendo prove per incriminare Putin, i suoi ministri, i generali, i comandanti e i soldati russi sul campo. “C’è una base ragionevole per ritenere che crimini di guerra o contro l’umanità siano stati commessi durante l’invasione russa dell’Ucraina e per aprire un’indagine – ha annunciato Karim Khan, uno dei giudici istruttori della Corte – Continuerò a seguire da vicino gli sviluppi sul terreno in Ucraina e faccio appello al rispetto delle norme delle leggi umanitarie internazionali”.

Il 30 marzo l’ipotesi è stata rilanciata dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, la cilena Michelle Bachelet, la quale ha affermato di aver raccolto “credibili asserzioni” riguardo ad attacchi non convenzionali nei confronti di scuole, ospedali e abitazioni civili.

Chi decide per i crimini di guerra?

Per i crimini di guerra, la giurisdizione spetta proprio alla Corte penale internazionale con sede all’Aia. Il tribunale internazionale è nato in seguito alla Conferenza diplomatica di Roma del 1998, ed è operativo dal 2002. Nel testo istitutivo si legge che “la competenza della Corte è limitata ai crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale”.

In base al principio di complementarità, la giurisdizione della Corte può esercitarsi solo per i Paesi che hanno siglato lo statuto della corte stessa. Stati Uniti, Cina, India e Russia per esempio non lo hanno fatto.  Allo stesso modo non si può giudicare quanto accaduto in uno Stato firmatario senza consenso. La Corte può agire su Stati “terzi” senza consenso solo passando dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che può affidarle mandato per indagare ed eventualmente processare individui ed enti.

Quali punizioni per i colpevoli?

Chi viene giudicato colpevole dai giudici dell’Aia può essere condannato alla reclusione o, se il crimine è di “estrema gravità”, all’ergastolo. A queste pene la Corte può aggiungere provvedimenti di natura economica come l’ammenda o la confisca “di profitti, beni ed averi ricavati direttamente o indirettamente dal crimine, fatti salvi i diritti di terzi in buona fede”.

La Russia può essere processata?

Nel caso specifico della guerra in Ucraina, la Russia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu (Kiev ha chiesto che sia estromessa) e ha diritto di veto sulle decisioni dell’organo. È quindi assai difficile che sotto il comando del presidente Vladimir Putin si possa arrivare a dare mandato di indagini alla Corte.

Nemmeno l’Ucraina è tra gli Stati firmatari dello Statuto di Roma. Kiev ha però accettato la giurisdizione della Corte. Stando alle regole, i giudici possono intervenire se “i crimini sono stati commessi da un cittadino di uno Stato parte, o nel territorio di uno Stato parte, o in uno Stato che ha accettato la giurisdizione della Corte”. In passato sono stati creati in ambito Onu anche tribunali speciali come quello sull’ex Jugoslavia (1993) e sul genocidio in Ruanda (1994).

Al momento l’iter per un eventuale processo muove i primissimi passi. Il procuratore in carica della Corte, Karim Khan, ha già detto che sta raccogliendo dati e testimonianze su quanto sta succedendo, forte della richiesta in tal senso depositata da oltre 40 Paesi firmatari. Per essere processati, i responsabili degli eventuali crimini di guerra devono comparire davanti alla Corte. Anche nel caso di un’ipotetica condanna, sembra molto difficile poter ottenere la loro estradizione dalla Russia.

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Putin sarà arrestato?

Qualora le prove raccolte dovessero confermare le accuse, il presidente russo Vladimir Putin potrebbe essere accusato di crimini di guerra (e forse anche di crimini contro l’umanità) e rischiare l’ergastolo. Gli esperti però ritengono questo scenario improbabile perché il leader russo potrebbe essere messo sotto processo solo se arrestato e condotto davanti al giudice, cosa assai poco realistica al momento.

In un’intervista a La Stampa Stefano Manacorda, docente di diritto penale all’università della Campania e componente della commissione per la codificazione italiana dei crimini internazionali, sottolinea che “Per i crimini sistematici ci sono tre livelli di responsabilità: meri esecutori; “middle men” con responsabilità di pianificazione o sul campo; vertici politici e militari. Sulla responsabilità di Putin, nel diritto penale internazionale si è imposto il principio per cui il maggiore disvalore riguarda le condotte di chi si situa al vertice della catena di comando e si avvale di altri soggetti. Norimberga docet. Nello statuto c’è la ‘command responsability’: si risponde per omesso controllo e omessa punizione. È presto per dirlo, ma la prospettiva che Putin venga processato non è estranea. Certamente questi crimini materialmente non sono stati realizzati dai vertici, ma ideazione, pianificazione e consapevolezza possono risalire fino alle più alte sfere politiche e militari. In tal caso anche un capo di Stato è chiamato a risponderne”.

La Corte può emettere un mandato di arresto internazionale, come anche per gli altri leader russi. Tuttavia, non può eseguirlo, se non attraverso i singoli Stati. Gli esperti ritengono che a pagare per i crimini saranno molto probabilmente i singoli soldati. Lo scenario potrebbe cambiare solo in caso di un cambio al vertice del Cremlino.

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Anche i soldati ucraini sotto accusa

Nelle ultime settimane anche la Russia ha lanciato pesanti accuse all’Ucraina. In particolare, a gettare ombre anche sulla condotta dell’esercito di Kiev è un video diffuso dalla Bild e circolato sui social nel quale si mostrano soldati che sparano contro prigionieri con le mani legate. A fare fuoco sono militari con la mimetica ucraina, alcuni dei quali indossano al braccio la fascia azzurra delle truppe di Kiev. Quelli che vengono colpiti invece hanno il nastro arancione-nero della Guardia Nazionale di Mosca e vestono divise russe. Secondo i media ucraini, si tratterebbe di un falso. Per i russi invece testimonia la ferocia di Kiev. A oggi non ci sono riscontri in grado di confermare l’autenticità del video e il governo ucraino promette “un’indagine immediata”.  

Quali sono i precedenti?

Dopo la seconda guerra mondiale, tribunali sia nazionali sia internazionali hanno processato diverse persone accusate di crimini di guerra. Il processo di Norimberga a ufficiali e funzionari di alto grado della Germania nazista ha fatto la storia. Seguirono poi altri procedimenti a imputati di rango inferiore.

La Corte penale internazionale dell’Aja ha supervisionato sino ad oggi 30 casi. Il signore della guerra congolese Thomas Lubanga Dyilo è stato condannato per crimini di guerra compiuti nella seconda guerra del Congo. Il verdetto è stato emesso nel 2012 dopo sei anni di istruttoria. Come pure Charles Taylor, presidente della Liberia dal 1997 al 2003, venne accusato di favoreggiamento in crimini di guerra e contro l’umanità nella Guerra Civile della Sierra Leone.