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L’esito a sorpresa delle primarie del PD porta Elly Schlein a vincere a sorpresa la posta in palio e a divenire Segretario – rectius Segretaria – del partito.

Un risultato che rovescia i pronostici e l’esito del voto degli iscritti che invece, aveva premiato Stefano Bonaccini con una percentuale peraltro importante.

Una vittoria che certifica un problema

Il default è evidente. Iscritti sconfessati e classe dirigente in massima parte sbilanciata a favore del Governatore dell’Emilia Romagna internamente delegittimata (Nardella un caso per tutti).

Quindi, adesso, c’è da raccogliere i cocci di un partito allo sbando preda di pulsioni movimentiste e massimaliste che, buone per agitare gli entusiasmi plebiscitari, consegnano il PD al populismo più spinto.

C’è anche da raccogliere i cocci di una proposta politica connaturata all’esistenza stessa del PD che, sin dalla nascita, aspirava a una vocazione maggioritaria, moderata, riformista che si ponesse in linea di continuità con il fu l’Ulivo.

Con l’elezione di Elly Schlein al vertice del partito, invece, si premia l’antitesi di tutto questo. Il partito vira nettamente verso orizzonti massimalisti e radicali, privi, tuttavia, di un contenuto politico concreto e tutto direzionato alla nuova agenda progressista fatta di ambientalismo ideologico, propaganda gender fluid, il sempreverde antifascismo militante e l’immancabile anticapitalismo.

Che ne sarà dei riformisti?

In questa rivoluzione di immagine dai contenuti incerti, anche il PD – ultimo baluardo della politica vecchio stampo – diventa un brand.

C’è da chiedersi che accadrà adesso. Che fine farà quel 70% circa di iscritti che invece avevano preferito la continuità riformista di Bonaccini? Rinnoveranno la tessera del partito, vista la nuova leader e la linea politica di cui ella è espressione? Che fine faranno quei moderati che avevano visto nel PD la possibilità di emanciparsi dal Novecento e abbracciare da (centro)sinistra la modernità declinandone ogni complessità? Ai posteri l’ardua sentenza, ma la vittoria della Schlein, quando il fumo dell’entusiasmo movimentista si sarà dissipato, potrebbe rappresentare una vittoria di Pirro.

Se andiamo a vedere i contenuti, non vediamo molto di più di quanto in USA ha tentato di fare la Occasio-Cortez, improntando dunque l’azione politica alla vulgata Woke che proviene da oltreoceano.

La storia e la biografia medesima di Schlein oltre che la sua campagna elettorale fa comprendere bene quale sarà la cifra distintiva di questo nuovo PD e apre ad alcune incognite a sinistra.

Amore e Odio a sinistra

Il campo attualmente è occupato dal multiforme Giuseppe Conte oltre a una serie di cespugli più o meno irrilevanti ma molto identitari. Le bandiere tradizionali della sinistra storica sono state fatte proprie dal Movimento Cinque Stelle (dalla difesa di misure a deficit, al pacifismo all’ambientalismo green).

E, sicuramente il primo afflato non potrà che essere la ricerca di una convergenza ideologica in funzione antigovernativa su questi temi. Coerentemente a tale impostazione, infatti, le prime dichiarazioni della vincitrice sono state di guerra aperta al Governo Meloni.

Anche sul tema giustizia, la consonanza delle posizioni di Schlein con quelle del Movimento 5 Stelle, getta luci inquietanti sul futuro di questa Nazione.

Ma non si può nascondere che una iniziale convergenza di questa strana edizione del “campo largo” medio tempore, non potrà che divenire competitiva contendendosi la stessa fetta di elettorato e lasciando aperta la porta a faide dagli esiti difficilmente prevedibili.

Che farà l’apparato?

Senza contare che, comunque Bonaccini rappresenta una fetta di elettorato del PD non indifferente e che avrà, a dispetto delle dichiarazioni di fair play, senza dubbio delle ricadute sulle nomine di segreteria e più in generale sulla classe dirigente del PD dove lo stesso Bonaccini farà valere tutto il proprio peso politico.

Insomma, se ha vinto la donna del popolo contro l’uomo di apparato, sarebbe cauto fare attenzione alla “vendetta” dell’apparato che, da quelle parti, ha contato sempre abbastanza.

A dispetto, dunque, dell’entusiasmo un po’ ingenuo di chi vede nella Schlein la salvatrice della nuova patria di sinistra, in realtà si prefigura un Vietnam politico che renderà molto più difficile il cammino alla neosegretaria che non al governo in carica.

Il primo banco di prova sarà la prossima votazione sugli aiuti all’Ucraina. Che farà Elly? Asseconderà i deliri contiani? O si porrà in linea di continuità con i precedenti orientamenti?

Significativo che nel suo discorso post- investitura non vi sia alcun riferimento all’Ucraina. Da un lato si magnifica la Resistenza antifascista (che certo non fu condotta a suon di fiori nei cannoni), ma dall’altro nulla si dice sulla Resistenza antiputinista (che a sinistra non piace proprio per nulla. Vedremo.

Ma, non si può dimenticare che quando il PD era più draghiano di Draghi, ci si sperticava in dichiarazioni roboanti pro-Zelensky, e adesso è lecito chiedersi quale sarà la linea del maggior partito di opposizione e quali equilibri si genereranno internamente.

Vittoria della Schlein può essere un’occasione per il centrodestra

Ebbene un PD così spostato a sinistra, apre praterie infinite per quei partiti che si pongono l’obiettivo di rappresentarne le istanze. A partire dal centrodestra che, proprio alla luce dell’esito delle elezioni primarie del PD, deve trovare nuova forza per porsi come un’alternativa moderna, credibile e affidabile a quel modello ideologico di cui la nuova leadership è portatrice, evitando ogni fuga in avanti, ogni strumentalizzazione inutile e ogni iniziativa che possa tracimare sul piano ideologico.

Serve concretezza e pragmatismo. In fondo, le primarie PD costituiscono un esame di maturità anche per il centro destra. Se lo saprà superare, avrà ragione chi dice che con la vittoria di Schlein, il centrodestra governerà per almeno 10 anni.

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