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In molte città del mondo la prima nevicata più abbondante porta con sé grossi disagi: i trasporti si bloccano, le strade diventano pericolose e i marciapiedi restano inagibili anche per giorni. Non succede però a Montreal, che è la seconda città più popolosa del Canada e una di quelle più grandi al mondo a dover gestire puntualmente grosse nevicate: d’inverno adotta un efficacissimo sistema per gestire la neve che permette di liberare le strade e renderle praticabili anche in caso di tormente.

Montreal è la città più grande della provincia del Quebec e si trova su un’isola in mezzo al fiume San Lorenzo, che collega l’oceano Atlantico settentrionale al lago Ontario. Non è la città canadese in cui nevica di più, ma ha un clima più freddo e umido rispetto per esempio a Toronto, che si trova circa 550 chilometri più a ovest: il mese più freddo a Montreal è gennaio, quando le temperature massime sono in media attorno ai -5,8 °C e quelle minime attorno ai -13,1 °C. In media cadono 210 centimetri di neve all’anno: la città è pronta a intervenire già dalle nevicate di pochi centimetri, con un piano di sgombero della neve (“déneigement”) in cui si investono l’equivalente di 125 milioni di euro all’anno, impiegando più di 3mila persone e coinvolgendo anche i cittadini.

Quando a Montreal comincia a nevicare gli operatori si mettono subito al lavoro per gettare il sale e spalare le strade, mentre i residenti sono tenuti a badare alle aree di pertinenza delle proprie abitazioni. Le operazioni più impegnative cominciano invece quando si arriva a precipitazioni di 10-15 centimetri e la neve non è più semplicemente spalata e accumulata ai bordi delle strade, ma viene rimossa del tutto.

In questi casi, gli operatori dell’amministrazione locale informano la cittadinanza che le strade dovranno essere sgomberate attraverso il sito e l’app InfoNeige (infoneve) e affiggono appositi cartelli per segnalare il divieto di parcheggio soprattutto nelle aree più centrali della città, dove molti residenti parcheggiano in strada. Le persone che non hanno un parcheggio privato devono spostare le proprie auto in altre aree o nei parcheggi che vengono messi a disposizione gratuitamente dall’amministrazione locale. Una sirena avvisa dell’imminente passaggio dei mezzi spazzaneve, segnalando l’ultima possibilità per rimuovere i mezzi privati.

Prima di tutto, la neve viene ammassata ai bordi delle strade. In un secondo momento, viene raccolta da appositi mezzi spazzaneve che la aspirano e la riversano con un potente getto su appositi camion, che quindi la trasportano in uno dei 29 siti cittadini di raccolta neve oppure la riversano nella rete fognaria. Montreal è dotata di circa 2.200 mezzi spazzaneve, e gli autocarri che li accompagnano si muovono uno dietro l’altro: quando uno è pieno, ne arriva un secondo e così via.

Come chiarisce il sito della città, le operazioni riguardano dapprima le strade principali e quelle che portano a scuole e strutture sanitarie, poi quelle delle aree commerciali e quelle molto frequentate dai mezzi pubblici e infine quelle delle aree periferiche o industriali. Nel frattempo, vengono sgomberati anche i marciapiedi e le piste ciclabili, sempre con l’aiuto di piccoli trattori. In caso di grandi tempeste di neve, cioè quelle in cui ne cadono più di 60 centimetri, entrano in vigore misure eccezionali che prevedono di sgomberare prima le strade davanti alle stazioni di polizia e dei vigili del fuoco, le aree degli ospedali e gli impianti di gestione dell’acqua potabile. Le operazioni, dice il sito, vanno avanti «finché le strade e i marciapiedi non sono sgombri e sicuri».

In un tipico inverno a Montreal vengono raccolti e depositati circa 12 milioni di metri cubi di neve, vale a dire circa 300mila carichi dei camion dedicati alla sua raccolta. Tra strade, marciapiedi, aree pedonali e piste ciclabili (la città ha una rete di 889 chilometri di percorsi dedicati alle biciclette) ogni anno gli operatori cittadini ripuliscono quasi 10mila chilometri di vie: più o meno quanto la distanza tra Montreal e Pechino, ha osservato il sito The Prepared, che si occupa di raccogliere informazioni sulla gestione delle emergenze in situazioni di vario tipo.

Ci sono due modi per gestire la neve spalata e raccolta dai camion. Col primo metodo, la neve viene scaricata sopra a grosse grate attraverso cui viene immessa nel sistema fognario della città, dove si scioglie al contatto con le acque di scarico, che sono più calde. Con questo sistema si gestisce circa un quarto della neve raccolta a Montreal, che poi confluisce in un impianto di trattamento delle acque reflue a est della città.

Gli altri tre quarti vengono invece scaricati in uno dei depositi sparsi sull’isola, dove la neve viene ammassata in enormi cumuli. Uno di questi è il deposito di Angrignon, che si trova in un’area industriale nella parte meridionale della città e dove la neve accumulata occupa la superficie di circa 18 campi da calcio, raggiungendo un’altezza di circa 30 metri.

Queste operazioni si ripetono anche in un’altra decina di luoghi, mentre in altri la neve viene semplicemente scaricata e lasciata lì, in attesa che si sciolga.

– Leggi anche: La neve artificiale ha i suoi problemi

Il più grande fra i depositi di Montreal è quello di Saint Michel, che i residenti chiamano ancora “Francon quarry”, visto che si tratta di un’enorme cava dalla quale fino al 1981 si ricavava materiale da costruzione. Questo deposito è lungo un paio di chilometri, è largo quasi 600 metri e profondo circa 80, e riceve 4,8 milioni di metri cubi di neve all’anno, il 40 per cento di tutta quella spalata e raccolta in città. Le operazioni di scarico, che sono attentamente controllate per verificare che venga depositata solo neve raccolta dagli operatori autorizzati, si svolgono soprattutto di notte; ogni ora possono arrivare a depositare neve nei punti di scarico dedicati anche più di 200 camion.

Con l’arrivo della primavera e dell’estate la neve depositata in queste “discariche” a poco a poco si scioglie e confluisce a sua volta nel sistema fognario. In alcune occasioni è capitato anche che la neve depositata nella ex cava di Saint Michel non si sciogliesse del tutto e che alcuni blocchi di ghiaccio durassero fino all’autunno successivo.