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Oggi a Parigi è iniziato il processo per omicidio colposo contro Air France e Airbus per la caduta di un aereo avvenuta nel 2009 nell’oceano Atlantico, in cui morirono 228 persone. Il capo dell’Ufficio di inchieste e analisi per la sicurezza dell’aviazione civile (BEA), Paul-Louis Arslanian, lo ha descritto come il peggior incidente nella storia dell’aviazione francese.

Il primo giugno del 2009 l’aereo Airbus della compagnia Air France – che stava operando il volo AF477 da Rio de Janeiro, in Brasile, a Parigi, in Francia – scomparve dai radar nell’oceano Atlantico al largo delle coste brasiliane durante un temporale. L’aereo trasportava 12 membri dell’equipaggio e 216 passeggeri di 33 diverse nazionalità. I primi detriti vennero ritrovati giorni dopo, ma servirono altri due anni per localizzare la fusoliera e recuperare la scatola nera dell’aereo. Le ricerche vennero condotte in un’area di 17 mila chilometri quadrati e fino a 4 mila metri di profondità.

La scatola nera dell’aereo permise di ricostruire almeno in parte quello che avvenne. Mentre l’aereo si avvicinava all’equatore entrò in una zona di convergenza intertropicale che spesso produce tempeste con forti precipitazioni. Quando la tempesta colpì l’aereo, i cristalli di ghiaccio causarono un guasto tecnico ai sensori di velocità, che si congelarono, smettendo di fornire informazioni ai piloti e causando la disattivazione del pilota automatico. Il jet, che pesava 205 tonnellate, andò in stallo e precipitò.

La relazione finale dell’indagine condotta dal BEA sull’incidente fu resa pubblica nel 2012 e indicò i guasti tecnici e gli errori dei piloti come le due cause principali dell’incidente. I piloti non erano stati addestrati a pilotare l’aereo «in modalità manuale» e non erano in grado «di riconoscere tempestivamente e rispondere a un malfunzionamento del sensore di velocità ad alta quota»: questo tipo di addestramento non faceva parte, al tempo, della formazione standard dei piloti che, dovendosi basare su una serie di dati incoerenti, non riuscirono a mettere in pratica gli interventi appropriati per recuperare lo stallo. Dopo quell’incidente, l’addestramento dei piloti per la gestione di situazioni di questo genere venne migliorato.

I potenziali guasti dei sensori di velocità non erano comunque, già al tempo, qualcosa di sconosciuto. Secondo le perizie citate nelle carte del tribunale e riprese da Le Monde, nei quindici mesi precedenti all’incidente dai piloti di altri voli Air France erano state segnalate sedici situazioni pericolose legate al ghiaccio e al malfunzionamento dei sensori.

Gli avvocati delle famiglie delle vittime hanno combattuto per anni perché il caso venisse portato in tribunale. Nel 2019 un tribunale di Parigi aveva attribuito la responsabilità dell’incidente a un errore dei piloti e non aveva formalizzato alcuna accusa contro le due società. I legali dei familiari delle vittime avevano però presentato ricorso, accolto da una corte d’Appello nel 2021. Il ricorso di Air France e Airbus contro quest’ultima decisione era stato respinto. Il processo è dunque iniziato lunedì pomeriggio e secondo quanto scrivono i giornali francesi dovrebbe durare tre settimane.

Air France e Airbus rischiano, se ritenute penalmente responsabili di quanto accaduto, multe fino a 225 mila euro, mentre il risarcimento per i familiari delle vittime è già stato in gran parte definito. Entrambe le società hanno finora negato qualsiasi negligenza o responsabilità. Daniele Lamy, presidente dell’associazione delle vittime Entraide et Solidarités, ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP che si aspetta un processo «imparziale e esemplare affinché ciò non accada mai più e di conseguenza i due imputati facciano della sicurezza la loro priorità, anziché solo il guadagno».

Air France, in un comunicato reso pubblico prima dell’inizio del processo, ha fatto sapere che «continuerà a provare di non aver commesso reati […] e chiederà l’assoluzione in tribunale».