Il Festival di Cannes celebra il 75° anniversario nel momento storico – purtroppo – meno indicato alla grandeur… Ma sulla Croisette non si demorde: è in preparazione una memorabile montée des marches (come si chiama solo qui il red carpet, il tapis rouge) prima della proiezione di L’innocente di Louis Garrel. La scelta non è casuale, e non solo perché il regista-protagonista è francese: si tratta di un film “inclusivo” coerente con il “Dna politico” della manifestazione, che è stato sottolineato sin dalla serata d’apertura.
La risposta a Venezia
L’idea di organizzare una rassegna cinematografica internazionale a Cannes fu di Jean Zay, ministro francese della Pubblica Istruzione e delle Belle Arti, come risposta alle ingerenze della dittatura fascista e di quella nazista nella selezione delle pellicole per la Mostra di Venezia. Era il 1939, ma tutto partì solo dopo la guerra, nel 1946. «Il Festival è una no man’s land apolitica, un microcosmo di come sarebbe il mondo se gli uomini potessero stabilire un contatto diretto e parlare la stessa lingua» spiegava Jean Cocteau, sempre presente dalla prima edizione.
L’innocente è quindi perfetto nel suo mix di racconto e di “messaggio”: Garrel (presente a Cannes anche con Les Amandiers e L’Envol) è Abel e, quando scopre che sua madre (Anouk Grinberg) sta per sposare un uomo che è in prigione, va nel panico e fa di tutto per impedirlo, spalleggiato dalla migliore amica (Noémie Merlant) . Ma… ogni pregiudizio vacilla quando incontra il suo patrigno (bella forza, è il sublime Roschdy Zem).
Favino ci riprova
In gara c’è Nostalgia, diretto da Mario Martone e da lui sceneggiato con la moglie, Ippolita di Majo. Con molte frecce al suo arco, a partire dai protagonisti: Pierfrancesco Favino (nel 2019, con il ruolo di Buscetta in Il traditore, si vide sfilare per poco il premio per la miglior interpretazione maschile da Antonio Banderas), Francesco Di Leva e Tommaso Ragno. La trama? Nessuno spoiler, è nota (il film è tratto dall’omonimo romanzo pubblicato da Ermanno Rea nel 2016): Felice Lasco torna a Napoli, nel rione Sanità, dopo quarantacinque anni trascorsi fra Medio Oriente e Africa perché la madre sta morendo. Poi però, invece di tornare al Cairo dalla compagna, obbedisce a un richiamo ineluttabile e rimane, in attesa di un incontro… Vabbe’, fermiamoci, l’attesa è breve: esce nei cinema italiani il 25 maggio.
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I due habitué
In un anno particolarmente impegnato non potevano mancare due habitué come i fratelli Jean-Pierre and Luc Dardenne che, portando sempre film di grande sensibilità sociale (due per tutti: Rosetta e Due giorni, una notte) frequentano il Festival dal 1987. Stavolta, con Tori et Lokita sotto la loro lente una vicenda ambientata nel loro Belgio che coinvolge un bambino, Tori (Pablo Schils) e una adolescente, Lokita (Joely Mbundu), che – entrambi soli – hanno affrontato assieme il viaggio dall’Africa (Camerun e Benin, per l’esattezza) all’Europa. «Non si limitano ad aiutarsi per regolarizzare a loro situazione, trovare lavoro nel mercato nero, mandare denaro alle famiglie: non sono proprio capaci di vivere l’uno senza l’altro come fratello e sorella per non restare in solitudine nel buio dei loro incubi» spiegano i due registi.
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