Ingrediente ideale per la preparazione di tante ricette, in particolare zuppe e minestre come la toscana minestra di farro, il farro ha origini antiche e, negli ultimi anni, ha conquistato una posizione di riguardo nelle diete, grazie alle sue molte proprietà benefiche. Vediamo quali sono le caratteristiche e le origini del farro della Garfagnana Igp.
Caratteristiche del farro della Garfagnana
In commercio puoi trovare tre specie di farro, con delle specifiche caratteristiche:
- il farro piccolo (Triticum Monococcum)
- il farro comune (Triticum Dicoccum)
- il farro grande (Spelta Triticum)
In Garfagnana il più diffuso è il secondo, il faro comune; sua volta, questo è disponibile in tre varietà, che differiscono per la forma della spiga, le cui “reste” possono mancare (nella varietà detta mutica), essere corte (nella semi-aristata) o lunghe (nella aristata).
Ricco di vitamine, sali minerali e di amido, il farro è stato riscoperto per le sue eccellenti proprietà dietetiche. Dal punto di vista nutrizionale ha una bassa percentuale di grassi e un alto contenuto di sali minerali, oltre potassio, calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, nonché di vitamine A, B, C, E, e fibre insolubili che favoriscono il regolare lavoro dell’intestino.
Pur essendo un alimento leggero, conferisce una buona quantità di carboidrati. Ma a prescindere dalle caratteristiche organolettiche, c’è da dire che il farro della Garfagnana è buono e ha un gusto caratteristico, così come la farina che viene utilizzata per produrre il tipico pane garfagnino, inconfondibile per consistenza e sapore e che, fin dall’antichità, era utilizzato come segno di abbondanza.
La storia del farro, il cereale ricco offerto agli dei
Coltivato già 7.000 anni fa in Mesopotamia, il farro è stato per secoli la base alimentare di intere popolazioni asiatiche e mediterranee. Sono stati gli antichi greci, che lo chiamavano “olyria” o “chondros” per via della farina bianchissima che se ne otteneva, a portarlo poi nel sud dell’Italia e da lì si è diffuso rapidamente in tutta la penisola. Esistono dei documenti in cui Plinio descrive il farro come “il primo cibo dell’antico Lazio”, che era considerato talmente prezioso da venire donato come ricompensa, in simbolo di onore e gloria, ai combattenti Romani. Era, insieme al sale, anche la paga che gli stessi legionari ricevevano per i loro servigi.
Nei riti religiosi era usato per preparare il “Libum”, una sorta di torta di farro donata a tutti agli dei, prima tra tutti Demetra, la Dea della terra del grano e dell’agricoltura, alla quale si offrivano sale e chicchi di farro per propiziare un buon raccolto durante le “idi di marzo”.
Considerato simbolo di abbondanza e fertilità, veniva regalato agli sposi in segno di augurio, un po’ come si fa oggi quando, al termine di un matrimonio, si lancia il riso.
Come viene coltivato il farro
La nascita del Consorzio Tutela Farro Igp è piuttosto recente: è stato, infatti, istituto il 10 giugno 2010 per riunire gli oltre 100 agricoltori della provincia di Lucca e dell’area dei comuni che compongono l’Unione dei Comuni della Garfagnana che seguono scrupolosamente il disciplinare di produzione. Il codice presente sulla confezione che acquisti, infatti, permette di conoscere direttamente il produttore e il luogo in cui è stato coltivato il prodotto.
Per quanto riguarda la coltivazione, sembrerà assurdo ma le migliori condizioni della pianura che offrono terreni particolarmente fertili, creano alla coltivazione del farro maggiori problemi. Questo perché la pianta, che già di suo tende a crescere molto rapidamente (può raggiungere anche un’altezza di 1,60 Mt) in terreni pianeggianti si sviluppa con eccessiva velocità, rendendo più fragile la spiga. Ciò condiziona tutte le operazioni di raccolta e brillatura, che devono avvenire in tempi più rapidi. La Garfagnana, con un’altitudine tra i 300 e 1000 metri, consente alla pianta, dopo un’iniziale crescita rapida, di far maturare la spiga molto più lentamente.
Per ottenere degli ottimi risultati il farro è sottoposto a una rotazione agricola, cioè un’alternanza, sullo stesso appezzamento di terreno, di diverse specie agrarie come frumento, girasole, mais, soia con l’obiettivo di riequilibrare le proprietà biologiche, chimiche e fisiche del suolo coltivato. Anche il farro rientra in questa alternanza e solitamente viene coltivato successivamente alle leguminose, anche se, in base alle condizioni del terreno, può seguire anche la coltivazione di un altro cereale.
La semina
Avviene in autunno inoltrato, a volte fino a dicembre. Come dicevamo la caratteristica del farro è la sua iniziale crescita piuttosto rapida: questo consente di coprire velocemente la superficie e, per questo, risulta avere una elevata capacità competitiva nei confronti delle infestanti. Questa sua peculiarità va a vantaggio della salubrità, in quanto non necessita di trattamenti chimici anti-infestanti.
La raccolta
Rispetto al grano il farro è più tardivo e infatti si raccoglie sino alla metà di luglio. La trebbiatrice deve essere regolata per ridurre al minimo le perdite per rottura e sgranatura delle spighe, molto fragili. Il chicco è “vestito” ossia ricoperto dalla glume, dalle glumelle e dal pericarpo che, dopo la trebbiatura, devono essere eliminati attraverso varie fasi che costituiscono la cosiddetta brillatura, operazione che deve essere effettuate nelle zone di produzione con apposite macchine. La resa in brillato non deve superare il 60% del prodotto iniziale. In quest’ultima fase, il farro garfagnino viene anche leggermente sbiancato.
Differenza tra farro decorticato e farro perlato
Le differenze fra farro decorticato e perlato sta nella In base alla lavorazione che segue la raccolta si ottiene il farro decorticato che conserva la pellicola esterna del chicco, la glumetta, e che necessita di un ammollo di almeno 8 ore, oltre a una bollitura di almeno un’ora. Il farro perlato, invece, è più raffinato perché, oltre ad aver perso la glumetta subisce una lavorazione simile a quella eseguita anche nel riso o nell’orzo, in cui viene leggermente sbiancato. Questa operazione – in alcune zone d’Italia – viene chiamata perlatura, da cui la definizione “farro perlato”. Non va messo in ammollo, e il tempo di cottura varia tra i 20-40 minuti.
Cosa sapere quando lo acquisti
Quando acquisti il farro della Garfagnana assicurati prima di tutto che la confezione, che deve essere adeguatamente sigillata, riporti le indicazioni sull’annata di produzione e la scadenza per il consumo, ma soprattutto che riporti sull’etichetta le indicazioni Farro della Garfagnana Igp.
Come usare il farro della Garfagnana in cucina
Il farro della Garfagnana IGP differisce dalle altre qualità per il chicco più grosso e per la tenuta in cottura. Facile da cucinare e versatile nelle preparazioni, non necessita di ammollo, ma solo di essere sciacquato sotto l’acqua per eliminare eventuali scorie. Si utilizza nella preparazione di minestre come la zuppa di farro e fagioli o di farro e patate, ma anche freddo all’insalata con fagiolini e uova o con tonno. Vuoi stupire i tuoi ospiti con un’idea originale? Prova a usare il farro per i pomodori ripieni.