Giusy Nicosia 14 gennaio 2023 11:45
Quando si parte e si lasciano i luoghi del cuore, il nostro passato entra in valigia insieme a tutto quello che ci portiamo dietro. Non sappiamo quello che il futuro ci riserverà “altrove” e, anche se spesso esso ci fa paura, abbiamo bisogno di guardare solo davanti a noi mentre ci allontaniamo, senza voltarci mai indietro. Quello che vediamo ci sembra migliore di quello che abbiamo lasciato, almeno per alcune cose, ma era davvero la scelta giusta? Le certezze che desideriamo sono davvero in quel domani che siamo pronti a disegnare altrove, oppure sono tutte ripiegate con cura dentro quella valigia che ci stiamo portando dietro, e custodite come se fossero il nostro più grande tesoro?
Partire non è mai facile, perché mentre affrontiamo questa grande sfida il dubbio di non aver fatto la scelta corretta non ci abbandona mai, ma nonostante tutto affidiamo il nostro domani a un destino in cui desideriamo confidare. Ed è proprio questo il sentimento di cui sono intrise le pagine di Per sempre, altrove di Barbara Cagni, pubblicato lo scorso aprile da Fazi: «La mamma mi aveva spiegato che chi emigrava perdeva lentamente il senso della realtà qui in Italia, era come se non aggiornasse i propri ricordi. – racconta la protagonista del romanzo – E gli italiani che emigravano in Australia, o in Belgio o in Germania, non si sentivano pienamente australiani o belgi o tedeschi, ma nemmeno totalmente italiani. Restavano in una terra di mezzo, immaginaria, che solo loro sapevano abitare. Avevano nostalgia del loro paese, della loro Italia, dei loro parenti, ma non avrebbero avuto il coraggio di tornare, perché dove si trovavano stavano bene, avevano messo radici, o almeno ci avevano provato. Perché l’uomo, diceva mia madre, appena si ferma in un posto è come se gli spuntassero delle radici dalle piante dei piedi, e nel giro di qualche anno queste lo tengono ben saldo alla terra, e lui comincia a far parte di quel luogo. E poi c’è la nostalgia, cioè le radici che spuntano dalla testa, dal cuore e dalla pancia. Non sono nella terra, ma si aggrappano ai ricordi e cercano di raggiungere le persone lontane. E con tutte queste radici dentro e fuori, un emigrato non sa più a quale posto appartiene, e questa è la vera tristezza, l’unica inconsolabile».
Il romanzo, ispirato a fatti realmente accaduti, ci parla di solitudine, discriminazione e nostalgia, facendoci percepire il profondo dolore che si vive quando si emigra: un senso di sradicamento e di estraneità anche verso se stessi, a volte, con cui si è obbligati a convivere per sempre. Nel luogo in cui vive la protagonista, un piccolo paese in provincia di Belluno, nell’alto Cadore (nel Comelico), in Veneto, sono tanti i giovani costretti a emigrare per tentare la fortuna e provare a costruirsi un futuro dignitoso. Le donne che continuano a vivere qui sono anime coraggiose e resilienti, che si stringono intorno alla famiglia, a quella che resta, pronte a difenderla come se fossero il più forte dei bastioni.
Come in tutti i luoghi e in tutte le storie, ci sono anche qui le anime fragili, quelle che non ce la fanno a resistere e si spezzano quando il vento della vita soffia troppo forte contro di loro. Una di queste è Berta, la dolce sorella della protagonista del romanzo: «Berta era sempre lì, ferma, che guardava fuori dalla finestra. Berta rimaneva assente. Per lei era stato come staccarsi. Era rimasta in balia di quegli enormi sentimenti che l’avevano travolta come il vento fa con le piccole margherite, su nei prati per andare alla malga. Le loro sottili radici sono avvinghiate al luogo in cui nascono, ai sassi, ai prati verdi come lo smeraldo, ma una folata di vento le trascina via, in alto, fino all’azzurro dei cieli tersi. Capii che non poteva più controllare la sua testa, come ci fosse un’altra persona in lei».
La forte delusione d’amore, la sua malattia e i due ricoveri in manicomio, dove viene sottoposta a diversi cicli di elettroshock e a un intervento chirurgico al cervello, cambiano profondamente Berta. La sorella fragile di “deinotto” (nome affettuoso con cui Berta chiama sua sorella minore, la protagonista del romanzo) diventa un’estranea anche a se stessa, emigra da un’altra parte dentro di sé, oppure parla sin dal principio, attraverso i suoi gesti e le sue reazioni, una lingua che a tutti gli altri risulta sempre più incomprensibile? Lo stesso manicomio in cui era stata «sembrava una grande emigrazione, un luogo a cui nessuno poteva appartenere. – racconta la protagonista – Era una grossa cesoia che tranciava radici. Nulla era cambiato, nonostante l’intervento. Anzi, mia sorella era peggiorata. Qualcosa le era stato tolto insieme al pezzo di cervello: le risate, la rabbia, i capricci. Era più spesso assente e silenziosa, come se la sua vita, in parte, le fosse scappata via. Neanche il pane, che le facevamo trovare abbondante a tutte le ore, aveva effetto sulla malattia. Ognuno di noi si dava da fare come poteva per Berta, e io sospettai che avremmo dovuto tenercela così: non sarebbe più tornata».
Berta rimane la stessa negli anni che seguono alle cure: la malattia le altera il senso della realtà, facendola smarrire sempre di più in quel suo mondo segreto, un luogo sconosciuto a tutti, ma non a lei, un posto in cui i suoi grandi occhi azzurri sono in grado di guardare lontano, mentre “ferma, zitta, con le gambe strette e le mani in grembo, fissa i vetri”: «Le guerre erano più lontane, e anche le nostre disgrazie personali. Solo Berta era sempre la stessa. A volte mi domandavo in che anno si trovasse lei e se si rendesse conto del passare del tempo; non quello delle stagioni, che per forza comprendeva per il fatto di doversi vestire pesante o indossare un abitino leggero, ma quello della testa, quello che ammucchia le esperienze e ti fa nascere le idee. Il tempo che scorre portandosi via una parte di te e rendendotene un’altra, come le onde del mare, che mischiano la sabbia e cambiano la forma della battigia. Berta era scivolata in un mondo a parte, preda della malattia mentale. Berta aveva trovato il suo mondo altrove. È un po’ come se fosse partita, emigrata lontano».
Per sempre, altrove
Barbara Cagni
Fazi Editore
ISBN: 9791259671288
Pag. 200 – 17,00 €